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Lucia Mora: Mario Draghi un martire? Anche no

Di fronte ad un evento dalle conseguenze imponderabili, il nostro giornale sceglie di far esprimere chi di solito riporta il pensiero degli altri. I nostri studenti-redattori

Lucia Mora: Mario Draghi un martire? Anche no
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22 Luglio 2022 - 12.11


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di Lucia Mora

Da quando sono nata, non ho mai avuto simpatie per un leader politico. Enrico Berlinguer è morto nell’84, mentre io sono nata nel ’98: questo dovrebbe bastare a spiegarne il motivo. Aggiungo però che per avere fiducia in un leader bisogna avere fiducia nel potere e, anche in questo caso, i requisiti mi mancano.

Non rientro quindi tra quelle persone che si stanno contorcendo dal dolore per le dimissioni di Mario Draghi. Anzi, mi sono sembrate quasi la naturale conseguenza di un percorso destinato a fallire fin dall’inizio. Del resto, quali erano le premesse? Un Presidente del Consiglio che non voleva fare il Presidente del Consiglio – e che non è nemmeno un politico, ammesso che questa parola abbia ancora un significato per qualcuno – alla guida di un governo ben lontano dall’essere “dei migliori”. Con buona pace di quella larga parte della stampa italiana che negli ultimi mesi non ha mai perso l’occasione di ritrarlo come il nuovo Messia, è un dato di fatto: Draghi non è in grado di mediare o di scendere a compromessi, una competenza che invece dovrebbe essere indispensabile per un primo ministro, quantomeno in un Paese democratico.

E il nostro è un Paese democraticissimo. Altrimenti come avremmo fatto a raggiungere quota 67 (sì, sessantasette) crisi di governo? Solo dagli anni ‘80 in poi, si sono susseguiti più di trenta governi. Una cifra assurda e desolante. Che non ci si chieda poi perché alle giovani generazioni la politica piaccia e interessi sempre meno. Perché mai ci si dovrebbe fidare di una classe dirigente inconsistente, quasi sempre irricevibile e stabile quanto una foglia al vento? La cittadinanza (soprattutto, per ovvie ragioni, la fascia più giovane) ha bisogno di lungimiranza, di prospettive che guardino al lungo termine e non alle elezioni successive. Quelli della politica sembrano ormai capricci di persone del tutto avulse dalla realtà, con interessi lontani anni luce da quelli del popolo.

Capisco che in un Paese calciocentrico come il nostro sia persino normale trasformare le Camere in stadi di tifosi urlanti pronti a far crollare gli spalti pur di veder vincere le proprie ragioni, ma sarebbe auspicabile e financo gradevole che una legislatura durasse più di novanta minuti.

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