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Perchè le strade medievali erano più lente e tortuose di quelle romane

Le strade che collegavano città e paesi nel medioevo, quando non riutilizzavano le antiche e i loro materiali, non erano riuscite mai a competere con quelle romane: si trattava di modesti sentieri, serpeggianti e tortuosi

Perchè le strade medievali erano più lente e tortuose di quelle romane
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Gabriella Piccinni Modifica articolo

19 Luglio 2021 - 11.46


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di Gabriella Piccinni

 

Con la disgregazione della rete stradale romana, percorrere gli itinerari di terra era diventato disagevole, lento, pericoloso e anche costoso. Lungo le antiche consolari, la cui lastricatura difettava da tempo di adeguata manutenzione e sulle quali era di nuovo cresciuta la vegetazione, i signori esigevano pedaggi, i boschi nascondevano ladri e banditi, lupi ed orsi. Si sapeva quando si partiva ma non sempre quando, e se, si sarebbe fatto ritorno. Tuttavia, a poco a poco, dal disastro qualcosa era risorto. I re, i signori, le città avevano cominciato a porsi il problema dei collegamenti e una nuova rete di strade in terra battuta aveva unito tra loro i centri più importanti.

 

Le differenze con il mondo romano, tuttavia, rimanevano grandi. Le città si erano venute collegando l’una all’altra non più con una singola strada maestra ma con un gran numero di stradicciole locali, alle quali mancava un disegno generale. Il risultato fu che nessuna strada medievale – nemmeno dell’importanza della Francigena che univa Roma al Mar del Nord, secondo la via più breve – era vincolata ad un tracciato unico, come sono le ferrovie o le autostrade moderne: si trattava piuttosto di fasci paralleli di percorsi che consentivano al viaggiatore di regolarsi secondo le contingenze del momento (politiche o climatiche che fossero), di scegliere il tracciato meno avventuroso, o di cercare di evitare i territori controllati dai grandi e piccoli potentati locali con i quali doveva fare i conti continuamente nel suo andare, o i luoghi che sapeva infestati dai briganti, talvolta riuniti in bande.

 

Senza dubbio, una rete così fatta era più flessibile e complessa, ma anche tanto meno solida e più lenta da percorre di quella delle grandi vie consolari romane. Così, le strade che collegavano città e paesi nel medioevo, quando non riutilizzavano le antiche e i loro materiali, non erano riuscite mai a competere con quelle romane: si trattava di modesti sentieri, spesso serpeggianti, tortuosi e in pendenza, di larghezza solitamente non superiore ai tre metri, selciati in maniera rudimentale, che potevano essere nuovamente ricoperti di vegetazione se non venivano utilizzati anche per breve tempo. Anche l’uso dei ponti non era generalizzato e si trattava comunque di ponti stretti, con spallette molto basse, fragili ed esposti ai danni delle piene: quelli di pietra erano rari, costoso com’era sia costruirli che garantirne la manutenzione.

 

Per tutto questo complesso di motivi, rispetto all’antichità, la velocità dei viaggi per terra era diminuita, rimanendo per secoli molto lenta: “Napoleone si muove con la stessa lentezza di Cesare”, avrebbe osservato Paul Valery.

Il viaggiatore si spostava soprattutto a piedi, come del resto, non potendo fare altrimenti, la maggior parte della gente ha fatto fino al XX secolo.  Per i pellegrini, in particolare, che in buon numero attraversarono le vie d’Europa, camminare era considerato il modo più virtuoso per avvicinarsi alla meta. Sebbene sia probabile che qualcuno di loro usasse una vera cavalcatura, in genere chiamavano “il nostro mulo” il lungo e saldo bastone dalla punta ferrata al quale si appoggiavano, unico e rudimentale mezzo per spostarsi (bordone, da burdo, mulo).

 

La cavalcatura – cavallo e mulo da soma o cammello, secondo la latitudine – era prerogativa soprattutto dei mercanti per il trasporto delle merci o di qualche personaggio di riguardo, e i veicoli a ruote erano da tempo divenuti rari: anche i mercanti viaggiavano lentamente, con il ritmo degli animali da soma carichi di merci.

 

Di seguito gli articoli precedenti della rubrica “Viaggiando con la storia”

1) Clicca qui per leggere il primo articolo “Tappeti volanti e stivali magici” 

2) Clicca qui per il secondo articolo:”Sul filo della corrente, col favore del               vento, anche le strade muoiono

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