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I cent'anni di Ferlinghetti che ha implorato «Pietà per la nazione dai capi bugiardi»

Compie un secolo il poeta, editore, libraio e pittore, maestro della Beat Generation. Ed esce anche in Italia il romanzo autobiografico Little Boy

I cent'anni di Ferlinghetti che ha implorato «Pietà per la nazione dai capi bugiardi»
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22 Marzo 2019 - 18.39


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«Pietà per la nazione la cui gente è pecora / e i cui pastori la portano fuori strada / Pietà per la nazione i cui capi sono bugiardi / I cui saggi sono zittiti / e i cui fanatici infestano le onde radio». È l’incipit di una poesia di Lawrence Ferlinghetti «alla maniera di Kahlil Gibran» tradotta da Leopoldo Carra nell’antologia Greatest Poems (a cura di Nancy J. Peters, collana Lo Specchio, Mondadori, Milano, 2018) che riprendiamo perché il poeta nordamericano tra i padri della cultura Beat domenica 24 marzo compie la bellezza di cento anni. E vale perciò un festeggiamento. Radio3 si impegna e domenica trasmetterà a intervalli durante la giornata poesie e brani della letteratura beat.

Ferlinghetti è nato il 24 marzo 1919 a New York. Suo padre veniva dalla Lombardia e morì prima della sua nascita, la madre era francese-ebraico-portoghese. Combatté come soldato nella Seconda Guerra Mondiale, prese parte allo sbarco in Normandia, vide Nagasaki dopo la bomba atomica, divenne pacifista. Grazie a un’iniziativa per i reduci degli Stati Uniti studiò, andò a Parigi, poi nel 1950 a San Francisco dove nel 1953 aprì la City Lights (riprendendo il titolo del film di Charlie Chaplin), prima libreria di paperback: divenne editore e nel 1955 pubblicò la sua prima raccolta, Pictures of the Gone World. Nel 1956 pubblicò il poema Howl (“Urlo”) di Allen Ginsberg che costò all’autore e al poeta-editore (oltre che pittore) il carcere e un processo con l’accusa di oscenità dalla quale vennero totalmente assolti. Era maturata la cultura Beat di cui fecero parte autori come Allan Ginsberg, Jack Kerouac, Neil Cassady e Gregory Corso. Nel 1958 pubblicò una delle sue raccolte più apprezzate: A Coney Island of the Mind.

A cent’anni Ferlinghetti ha  problemi seri agli occhi per cui non parteciperà ai festeggiamenti, alle mostre fotografiche e alle letture delle sue poesie che San Francisco gli riserva. Il sindaco pianterà un olivo in suo nome. Ma lui non ci sarà. “Sono praticamente cieco. Non sarebbe divertente”, ha detto alla National Public Library il poeta, pittore, editore e libraio. 

Il poeta pubblica proprio in questi giorni, anzi domenica stessa, il romanzo autobiografico Little Boy (in Italia esce per le Edizioni Clichy). Per il critico letterario, traduttore e uno dei maggiori esperti di cultura anglosassone Massimo Bacigalupo Ferlinghetti «non ha mai scritto una pagina senza convinzione ed efficacia comunicativa, e nulla che non si possa sottoscrivere nonostante il passare delle mode. Si è commosso – scrive sul numero del mensile ora in edicola Poesia che ha dedicato la copertina all’autore californiano  –  ha guardato (toccato), soprattutto ha riso. C’è sempre una scintilla nell’occhio, una battuta inaspettata mentre riflette sulle lacrimae rerum».

Tra i suoi numerosi libri in italiano, Poesie. Questi sono i miei fiumi. Antologia personale 1955-/1993 (a cura di Bacigalupo, Newton Compton 1996), il già citato Greatest Poems, Un luna park del cuore (Mondadori, 2000). È del 2008 la biografia Io sono come Omero. Vita di L.F. di Giada Diano (Feltrinelli)

 

Il libro Lawrence Ferlinghetti, poeta 99enne contro le ingiustizie

 

 

 

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