Ferlinghetti, cent’anni di immaginazione con un memoir-romanzo e un documentario | Culture
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Ferlinghetti, cent’anni di immaginazione con un memoir-romanzo e un documentario

A “Umbrialibri” presentato il suo nuovo libro “Little Boy” e il film “Lawrence. A Lifetime In Poetry” di Giada Diano e Elisa Polimeni (guarda il trailer)

Ferlinghetti, cent’anni di immaginazione con un memoir-romanzo e un documentario
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7 Ottobre 2019 - 10.56


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Poeta, libraio ed editore della storica City Lights a San Francisco, tra gli artefici del movimento Beat, Lawrence Ferlinghetti a cent’anni è autore di un nuovo libro presentato sabato 5 ottobre a UmbriaLibri a Perugia, Little Boy (edizioni Clichy, traduzione di Giada Diano, pp 240, euro 17). Oltre al volume, tra l’autobiografia, la narrazione, la poesia, il pensiero testo filosofico, il memoir, i ricordi della Beat Generation, la manifestazione umbra ha presentato in anteprima nazionale anche il film documentario Lawrence. A Lifetime In Poetry, diretto dalla stessa Giada Diano e da Elisa Polimeni. “Questo meraviglioso film di Giada Diano e Elisa Polimeni è davvero prezioso come documento letterario perché nessuno ha mai raccontato così la mia figura di poeta. Sono felice e spero che lo vedano tutti”, ha dichiarato il poeta a Umbrialibri dedicata quest’anno alla cultura “On the road”.

Ferlinghetti ha lavorato per anni a Little Boy, uscito negli Usa il 24 marzo scorso per i suoi cento anni. Secondo Lorenzo Mazzoni sul Fatto Quotidiano è “uno dei migliori testi usciti in questi ultimi anni, di qua e di là dell’oceano”. “Non classificabile: non è un’autobiografia e non è un romanzo. O meglio, non lo è nella modalità in cui siamo abituati a definire questi due generi. È qualcosa d’altro: uno scritto visionario, filosofico, poetico, a cui Ferlinghetti ha lavorato per quasi tutta la vita”. E ancora: “Con un linguaggio torrenziale, in cui emergono tracce delle sperimentazioni beat, il ragazzino del titolo (lo stesso autore) conduce il lettore tra incomprensioni familiari, l’affido alla zia che lo portò in Francia, il ritorno in America, l’adozione in una famiglia che gli consentì di studiare giornalismo, lo scoppio della Seconda guerra mondiale, l’arruolamento tra le file dello Zio Sam. E poi vagabondaggi, coraggiose prese di posizione contro la censura, la solidarietà con “l’urlo dei diversi” “.

In Little Boy Ferlinghetti ricorda naturalmente compagni di viaggio come Allen Ginsberg, figure come lo scrittore William Burroughs, ma cita anche Fidel Castro, il poeta Ezra Pound, molta Italia, i viaggi nelle strade americane, il Marocco, Parigi. E all’Ansa ha dichiarato: “La cosa più importante di una vita è imparare a respirare. Parole e respiro sono a volte due cose diverse. Little Boy è un lungo respiro. Come una vita intera”. Ha chiarito che non è un libro di memorie né un’autobiografia quanto un disegnare un “io immaginario” in forma di “romanzo sperimentale”.

Ferlinghetti si è detto felice della traduzione in italiano, in una terra che lo ha quasi “adottato”. Sempre all’Ansa: “Credo che Little Boy sia universale. Ci sono Little Boy ovunque nel mondo e Little Boy può essere di qualunque nazionalità”.

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