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William Gay ci svela il “Crepuscolo” gotico degli Usa

Il romanzo, avvincente, ritrae la società retrograda e violenta degli Appalachi nel Tennessee e riceve gli elogi di Stephen King

William Gay ci svela il “Crepuscolo” gotico degli Usa
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20 Novembre 2018 - 22.42


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Rock Reynolds
Una baracca cascante, un altopiano desolato che le fa da contorno e, sullo sfondo, alcune cime innevate. Un’immagine certamente suggestiva quella della copertina di Crepuscolo di William Gay (Bompiani, traduzione di Alessandro Mari, pagg 251, euro 13), uno splendido romanzo fosco e nero come ce ne sono pochi. Peccato che sia ambientato non nelle riarse praterie del Colorado bensì tra i boschi del Tennessee. Un po’ come succede con molti romanzi di Joe Lansdale negli Stati Uniti: due volte su tre, l’autore è costretto a ricordare alla sua casa editrice newyorchese che il suo Texas Orientale non è fatto di deserti, mandrie di bovini e cactus, bensì di boschi, acquitrini e, semmai, alligatori.
Ma questo è un bellissimo romanzo e, dunque, non me ne vorrà chi ha deciso di pubblicarlo se ho tirato leggermente le orecchie all’editore. Perché la scelta di pubblicarlo è un grande merito e quella di creare una copertina non del tutto precisa è un peccato veniale. Peraltro, una bella copertina.
Violenza e immagini bibliche
Crepuscolo, infatti con al sua vicenda intrisa di violenza e immagini bibliche, ci dà un interessante spaccato delle montagne del Sud degli Stati Uniti, dove povertà, disoccupazione, tossicodipendenza, disperazione e isolamento creano uno strano incrocio con una religiosità evangelica quasi ossessiva, un senso di amor patrio persino esagerato e un attaccamento ferreo ai valori della tradizione. William Gay ha dato alle stampe i suoi pochi libri solo nell’ultima parte della sua vita e ha svolto lavoretti umili che, indubbiamente, lo hanno portato a contatto stretto con il tessuto umano del suo Tennessee. L’associazione che si può stabilire tra la violenza strisciante che regna in certe zone isolate della provincia americana e la storia di questo paese è fin troppo banale ma non priva di fondamento logico.
L’ostinazione orgogliosa con cui gli americani, soprattutto quelli bianchi e di tendenza repubblicana – ma non solo, si badi bene – si mettono idealmente la mano sul cuore quando parlano del loro paese, idealizzandolo come “la terra degli uomini liberi”, fa sorridere noi europei che, da decenni, se non secoli o millenni, abbiamo smesso di contare ciecamente sul concetto di patria e, soprattutto, sulla sua nobiltà. Ma l’amor patrio negli Stati Uniti e la necessità, quasi l’obbligo, di fare una sorta di alzabandiera personale se non di cantare l’inno in trance emotiva ogni mattina, trasformandolo in un rito collettivo a scuola o sul luogo di lavoro, viene insegnato fin dalla più tenera età.
L’americano medio unico depositario della volontà divina
L’americano medio introietta quella lezione e la rende pratica nella vita di tutti i giorni. L’americano medio si ritiene unico depositario della volontà divina sul territorio che Dio gli ha dato in comodato d’uso, concedendo a lui o ai suoi antenati, la forza d’animo, il coraggio, la resilienza e le risorse per avere la meglio su ogni avversità. Pazienza se, per farlo, la popolazione indigena è stata cacciata dalle sue terre e decimata e se schiere di braccianti a costo zero, gli schiavi africani, sono stati importati con la forza per rendere meno dura la vita di quei santi timorati di Dio. E dire che proprio quegli americani bianchi, armati di Bibbia, fucile e speranze, in quella terra ci erano andati per sfuggire a persecuzioni religiose, ritorsioni personali, fame e povertà nella natia Europa.
Pensieri retrogradi, possesso e fatiche
C’è, forse, in tutto ciò una piccola lezione da applicare a questi tempi di scarsa attenzione e di profonda indifferenza? Quello che si può senz’altro dire è che il pensiero retrogrado spesso si lega al possesso e alle fatiche della vita. Gli Appalachi, probabilmente per le difficoltà degli spostamenti che ancor oggi rallentano i ritmi della vita rispetto ad altre zone degli USA, hanno congelato un microcosmo di valori e stili di vita, assuefacendo la gente all’idea che, siccome il mondo da quelle parti è sempre girato in quel modo, – stabilendo come anno zero l’arrivo dei primi coloni – è giusto che continui a giare così. Questo è autentico conservatorismo. Con la benedizione del Dio calvinista, naturalmente.
E le piaghe della modernità, ovvero soprattutto le droghe? Be’, il male esiste. E Satana è costantemente alla ricerca di complici e vittime. Crepuscolo di William Gay ha tanto a che fare con il male e con la Geenna sulla terra. È un romanzo da leggere tutto d’un fiato. Per chi ama il noir, questa è una storia nerissima, con una suspense degna figlia del thriller americano di razza. Ma Crepuscolo soddisferà anche i palati più esigenti, gli appassionati di letteratura americana a tutto tondo. Fanno rumore gli strilli di copertina di Stephen King e John Williams, che lo avvicinano a certe cose di Cormac McCarthy e James Dickey. In effetti, l’atmosfera è quella e la prosa non fa rimpiangere autori di quel calibro.
Nel Tennessee, scempi di cadaveri e killer
Siamo nel Tennessee. Kenneth Tyler e sua sorella Corrie scoprono che la tomba del padre non è stata realizzata come sarebbe dovuta essere e che la locale impresa di pompe funebre, di proprietà di un essere spregevole, un certo Fenton Breece, fa scempio dei cadaveri e utilizza materiali scadenti per inumarli. La stessa sorte è toccata a diversi altri morti e i due ragazzi, che vorrebbero giustizia, non possono però recarsi alla polizia, anche perché loro stessi hanno profanato diverse tombe per dare corpo ai loro sospetti. Ma l’occasione per ottenere soddisfazione si presenta sotto forma di fotografie che ritraggono Breece in pose compromettenti. Quando i due fratelli ricattano l’impresario di pompe funebri, quest’ultimo si rivolge a uno spietato killer locale, un uomo temuto da tutti, una serpe in grado quasi sempre di farla franca, malgrado la pessima reputazione che lo accompagna.
Crepuscolo è un romanzo cattivissimo, in perfetto stile gotico sudista, uno spietato ritratto della società retrograda e violenta degli Appalachi.

 

 

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