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Stephen King, quando l’orrore si materializza piano piano

Nel nuovo romanzo “Outsider” lo scrittore fa un passo più in là nelle sue storie sulla brutalità negli Usa: un omicidio terribile e perverso nasconde profondità infernali

Stephen King, quando l’orrore si materializza piano piano
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11 Novembre 2018 - 09.42


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Enzo Verrengia
Si dice spesso che molti o tutti gli scrittori non facciano che riproporre sempre lo stesso libro, con titoli, trame e personaggi in apparenza differenti ma repliche di un unico intento narrativo. È certamente il caso di Stephen King, che fin dagli esordi attira i suoi lettori nel labirinto oscuro del male, conferendo a quest’ultimo, di volta in volta, le forme elusive della creatura inspiegabile (It), del doppio (La metà oscura) o semplicemente del terrore allo stato primordiale (Shining, Misery non deve morire, Mucchio d’ossa, ecc.).
Ma nel suo nuovo romanzo, The Outsider, King avanza di molti passi rispetto al suo canone. Inizia infatti con il ritmo, gli accorgimenti e la precisione del mystery tradizionale. Un delitto, le indagini e la scoperta di un colpevole. Il piccolo Frank Petersono viene trovato ucciso in un parco di Flint City, immaginaria città dell’Oklahoma, piuttosto lontano dal Maine, dove sono ambientate molte storie di King. Questo, però, è ininfluente. Ciò che sconvolge è la brutalità dell’omicidio del piccolo Peterson. L’assassino l’ha violentato, sodomizzato con un ramo d’albero e infine sgozzato. Troppo, per lasciare indifferente un detective veterano come Ralph Anderson, sul quale ricade l’onere delle indagini. Ancora di più dopo che le testimonianze – riportate alla lettera, con la tecnica del giallo procedurale, alla Ed McBain – e le immagini riprese dalle telecamere inchiodano Terry Maitland, allenatore di una squadra di baseball giovani e amicissimo del poliziotto. Quest’ultimo decide di arrestare il colpevole nel bel mezzo di una partita, infangandolo agli occhi dell’intera comunità locale.
Eppure Maitland ha un alibi di ferro: al momento del crimine si trovava in un’altra città, per assistere alla conferenza di Harlan Coben, il noto giallista.
Bill Samuels, giovane procuratore capo della contea, vede nel caso una spinta alla sua carriera. Maitland, comunque, può contare sull’avvocato difensore Howie Gold, che trova immediatamente tutti i buchi nella tesi accusatoria, senza per questo riuscire a impedire l’incarcerazione dell’assistito.
Anderson è ossessionato dal caso, e ogni anticipazione degli eventi deve giocoforza terminare qui, per non fare spoiler.
Uno spartiacque nell’esplorazione dell’orrore
Quello che invece va ribadito è che The Outsider segna uno spartiacque nell’esplorazione dell’orrore che da decenni King conduce con la dedizione di un artigiano della scrittura che ha finito per farne un rappresentante autorevole della letteratura mainstream. Certo, tutti si aspettano che dietro la profanazione del povero Frank Peterson non possa celarsi la “semplice” personalità di un depravato. Solo che stavolta il passaggio dalla brutalità ordinaria degli Stati Uniti alle profondità infernali del perpetratore di tanto scempio è segnato da una rassegna delle più ancestrali tradizioni popolari americane, legate alla popolazione nativa, sterminata dai colonizzatori bianchi. L’Outsider del titolo non irrompe da una pagina all’altra. Si materializza lentamente e inesorabilmente nelle scoperte investigative di Anderson, cancellando, come su un palinsesto, l’illusione iniziale del mystery. Specialmente perché, secondo la tradizionale impostazione di King, il soprannaturale può annidarsi dietro la facciata comune della civiltà consumista d’oltreoceano, fra cibo-spazzatura, centri commerciali e insegne al neon.
Stephen King, The Outsider (Sperling & Kupfer, tr. di L. Briasco, pp. 530,Euro 21,90)

 

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