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Luca Pellegrini: "la sceneggiatura è un mondo a sé, difficile da comprendere per chi ne sta fuori"

Nell’ intervista allo sceneggiatore viene sollevato parzialmente il velo del mestiere e vengono svelati alcuni retroscena del lavoro dei creatori di opere quali: serie, film, documentari e molto altro ancora.

Luca Pellegrini: "la sceneggiatura è un mondo a sé, difficile da comprendere per chi ne sta fuori"
In foto Luca Pellegrini
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8 Gennaio 2024 - 12.39


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Questa è una delle esercitazioni svolte dalle studentesse e dagli studenti che stanno frequentando il laboratorio di giornalismo, tenuto dal Professore Maurizio Boldrini. In questo caso il personaggio intervistato è reale e quindi può considerarsi una vera e propria intervista.

di Lorenzo Lazzeri

Qual è stato il tuo percorso di studi e come ha influenzato la tua carriera di sceneggiatore?

Mi sono laureato in Storia e critica del cinema nel ’94 a Roma. All’inizio ho affiancato i miei studi cinematografici a materie classiche, come latino e letteratura, poiché ero interessato all’insegnamento. La svolta nella mia carriera è avvenuta grazie a un corso di sceneggiatura tenuto da Gino Ventriglia, sceneggiatore ed editor molto bravo, che in quegli anni stava portando in Italia teorie allora sconosciute provenienti dagli Stati Uniti, come la regola dei tre atti, il viaggio dell’eroe, oltre al formato all’americana, tutte cose viste a quei tempi con un certo scetticismo. Dopo il corso, sono entrato al Centro Sperimentale di Cinematografia. In commissione d’esami c’erano Vincenzo Cerami e Silvia D’Amico.

In seguito, ho lavorato come lettore di sceneggiature per Pupi e Antonio Avati e per la RAI. Queste esperienze mi hanno permesso di approfondire lo studio della sceneggiatura, che di fatto è un mondo a sé, difficile da comprendere per i non addetti ai lavori, perché, come affermava Pasolini: La sceneggiatura è “Struttura che vuol essere altra struttura”. La mia carriera nelle soap-operas è invece iniziata con la produzione australiana de “Un Posto al Sole” – fui chiamato proprio da Gino Ventriglia che era nel team di scrittura – cui ha fatto seguito “vivere” seguita da progetti come “Vivere”, “Centovetrine” ed infine “Il Paradiso delle Signore”. Ho anche scritto un romanzo, una serie teatrale, creato una serie a tematica LGBTQ e condotto una rubrica radiofonica. Inoltre, ho insegnato sceneggiatura nei licei e attualmente insegno alla Roma Film Academy.

Qual è il tuo metodo/formato di scrittura delle sceneggiature?

Oggi il formato italiano o francese è ritenuto obsoleto; tutti gli sceneggiatori usano Final Draft con la formattazione all’americana. Questo software è uno di quelli universalmente riconosciuti e facilita la standardizzazione delle sceneggiature. Nelle scuole si usa altresì anche Celtix o Trelby (Open Source), software gratuito simile a Final Draft, per ragioni economiche. Final Draft è diventato lo standard dell’industria, con formati e caratteri riconoscibili e una durata di pagina standard di un minuto.

Come vedi la sceneggiatura nel mondo dei documentari?

Anche i documentaristi di solito utilizzano, per questioni produttive e di organizzazione del materiale, un soggetto e una sceneggiatura, ma è ovvio che nel documentario il materiale girato e il montaggio sono cruciali nell’assecondare degli eventuali sviluppi spontanei sul set, che si possano discostare dalla sceneggiatura originaria, pur restando nel solco del soggetto. Esistono altresì casi quali quello di “Sanpa”, noto docufilm su San Patrignano, in più puntate che, ad esempio, è molto sceneggiato, ed è più simile a una serie TV nel suo approccio di scrittura.

E per quanto riguarda la sceneggiatura teatrale?

In Italia, nell’ambito del teatro, parliamo sempre di testo teatrale, non di sceneggiatura. Per chi volesse, comunque, approcciarsi al mondo della scrittura, o migliorare le proprie competenze, raccomando il testo di Robert McKee “Dialoghi”, dove appunto una sezione è dedicata ai dialoghi teatrali. Ci sono poi manuali classici di sceneggiatura – ma utili anche per chi si approccia al teatro – come “Save the Cat” di Blake Snyder e “Il viaggio dell’eroe” di Vogler. Un manuale tutto italiano è “L’eroe tematico” di Miranda Pisione, che usa l’enneagramma come base metodologica per classificare i caratteri e costruire storie. Questi materiali offrono una visione pratica della scrittura, molto utile sia per principianti sia per gli sceneggiatori esperti. Consiglio inoltre di leggere molto, romanzi e anche sceneggiature, guardare film e documentarsi bene prima di iniziare a scrivere un’idea, per non correre il rischio di usare situazioni banali e personaggi stereotipati. Consiglio poi di confrontarsi sempre con le persone reali da cui trarre ispirazione e di acquisire il linguaggio degli ambienti e dei mestieri che si intendono raccontare.

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