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La cattiveria raccontata da Martin Scorsese

"Killers of the flower Moon"racconta la storia di un massacro con una narrazione lenta per narrare nei minimi dettagli ciò che accade. Molti pro, come il cast e la regia ricercata e pochi contro, la lentezza.

La cattiveria raccontata da Martin Scorsese
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7 Novembre 2023 - 11.11


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di Raffaella Gallucci

Martin Scorsese nella sua nuova pellicola, “Killers of the Flower Moon”, racconta la storia della denuncia di un massacro purtroppo vero e lo fa col suo piglio, offrendo una versione personale di una complessa vicenda storica. La trama è ambientata nella contea di Osage, in Oklahoma, nel cui territorio vivono i membri di una tribù di nativi americani, gli Osage, che, a causa delle loro risorse petrolifere diventano le vittime di questo genocidio.

Il regista si prende tutto il tempo necessario per raccontare, nei minimi dettagli, cosa accade. Ogni minima scena ha la sua importanza, anche nei discorsi meno rilevanti riesce a prendere lo spettatore per mano per portarlo in quella cruda realtà.

È un film di denuncia, raccontato con una regia distaccata e oggettiva che, così facendo, lascia  allo spettatore il compito di giudicare  gli avvenimenti e le conseguenze generate dall’invidia e dall’egoismo dell’uomo bianco invasore.

La regia è tanto ricercata da rendere in ogni inquadratura ogni minima sequenza. La sceneggiatura risulta chiara, precisa, senza cadere nella retorica,  perché vuole, per l’appunto, portare il lettore alla chiara comprensione della storia. C’è stato anche un ripescaggio di vari generi  con citazioni tratte anche da quello gangster, che porta alla memoria ‘Quei bravi ragazzi’.

Molte sono le note positive, ma tra queste quella che più colpisce è il modo che il regista ha di fare cinema, un modo che ormai sta scomparendo dalle nostre sale. E’ un film imponente e mastodontico, una pellicola che può giocarsela con i capolavori che hanno fatto la storia del cinema, un’opera d’arte da vedere.

Unica pecca riscontrata è la durata. È chiaro che il regista non vuole correre ne tagliare niente, tuttavia questi picchi d’ estrema lentezza si percepiscono fin troppo duramente nel corso della visione.

C’è da dire anche che bisogna togliersi dalla testa la correlazione tra durata e qualità, perché l’ una non implica l’ altra e perchè una pellicola per essere definita un ‘capolavoro’ non ha il bisogno di  grandi e lunghe durate. Viceversa, sul finale, la narrazione diventa galoppante e veloce quando, in realtà, è proprio li che l’attenzione doveva porsi maggiormente.  Potremmo parafrasare una citazione tratta dalla serie televisiva Boris: “non lo famo, ma lo dimo”.

Una nota positiva anche per il cast. Avere Leonardo Di Caprio e Robert De Niro nello stesso film, è un desiderio che diventa realtà. Le loro interpretazioni, magnetiche, reggono il film dall’inizio fino alla fine. Un applauso va anche a Lily Gladstone, nei panni di Mollie Burkhart che, al fianco di due attori che stanno facendo la storia del cinema, se l’è cavata egregiamente, riuscendo a coinvolgere nel suo dolore.

“Killers of the Flower Moon”è una pellicola da vedere, un film  che deve essere goduto e assaporato in sala quasi come fosse un dovere.  

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