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Beni culturali, "silenzio assenso" più veloce per aggirare le soprintendenze

La bozza del decreto sulla crescita riduce i tempi per il via libera su edifici privati di interesse storico. Il ministro Bonisoli contrario. Italia nostra: "Furbesco colpo di spugna"

Beni culturali, "silenzio assenso" più veloce per aggirare le soprintendenze
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4 Aprile 2019 - 11.44


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Avete presente quanti danni può fare il “silenzio-assenso” per il patrimonio artistico? Il concetto è semplice: se chiedi un’autorizzazione per intervenire su un edificio vincolato dallo Stato perché di pregio devi chiedere il permesso alla soprintendenza competente. Se l’ufficio pubblico non risponde, e da cittadino ha diritto a una risposta, allora il “silenzio” corrisponde a un via libera. Ordunque: nel decreto sulla crescita negli uffici del ministro dell’Economia Giovanni Tria se si chiede di intervenire in un edificio di valore storico artistico, privato, e la soprintendenza non risponde entro 90 giorni scatta automaticamente il via libera. Il ministro dei Beni e attività Culturali Alberto Bonisoli ha bocciato la bozza. Ma da un’altra bozza quei 90 giorni risulterebbero ridotti a 60.

Giuliano Volpe, archeologo, già presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, nel suo blog sull’Huffington Post riprende testualmente la norma: «negli anni 2019 e 2020, l’autorizzazione prevista dall’articolo 21, comma 4, del decreto legislativo 22 gennaio 2003, n. 42, relativa agli interventi in materia di edilizia privata, è rilasciata, in deroga a quanto previsto dall’articolo 22, comma 1, del medesimo decreto legislativo 42 del 2004, entro il termine di 90 giorni dalla ricezione della richiesta da parte della soprintendenza. Decorso tale termine, in caso di mancato riscontro della Soprintendenza l’autorizzazione si intende acquisita».

Attualmente il Codice dei Beni culturali stabilisce un tempo massimo di 120 giorni, ma prorogabili dalla soprintendenza stessa che ha a ogni modo delle scadenze da rispettare. Nonostante le immissioni da un recente concorso per mille tecnici che bandì l’ex ministro dei Beni culturali Dario Franceschini le soprintendenze hanno avuto rinforzi ma certo insufficienti. Con il tempo di 90 giorni, l’archeologo paventa che sarà sufficiente avere un funzionario compiacente o corrotto che seppellisca la pratica sotto molte altre per far passare il tempo. Il “silenzio – assenso” è peraltro concetto caro a più politici: lo introdusse per gli edifici pubblici nel 2015 l’allora ministro per la semplificazione e pubblica amministrazione Marianna Madia (Pd) nel governo Renzi.

Secondo Sergio Rizzo, di Repubblica, il “silenzio-assenso” nella bozza del testo si estende anche alle autorizzazioni «“in materia ambientale”, i cui termini, c’è scritto, “ sono dimezzati”. Una follia. Come si possa anche soltanto pensare di utilizzare una tagliola studiata allo scopo di aggirare gli ostacoli burocratici più insulsi, per materie sensibili e preziose come i beni culturali e il paesaggio (basterebbe ricordare che sono tutelate dalla Costituzione) è semplicemente da irresponsabili. Soprattutto nei casi più complicati nessuna Soprintendenza sarà mai in grado di compiere un esame necessariamente approfondito e dare una risposta in due mesi, con il risultato che potranno passare i progetti più devastanti».

«L’introduzione del silenzio-assenso a 60 giorni produrrà l’esautoramento delle Soprintendenze», commenta in una nota Maurizio Sebastiani, presidente di Italia Nostra Marche. «In apparenza potrebbe sembrare un modo per abbattere le lungaggini della cosiddetta “burocrazia” ma non è così: le strutture periferiche del Ministero dei Beni Culturali soffrono ormai di croniche carenze di organico, che aumenteranno con l’andata in pensione dei dipendenti per “quota cento”. Il provvedimento quindi non è altro che un furbesco colpo di spugna al sistema di tutele e un modo per escludere ogni forma di partecipazione al processo decisionale in tema di infrastrutture e grandi opere».

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