La frusta musicale - 15 dicembre 2021 - di Lucia Mora | Culture
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La frusta musicale - 15 dicembre 2021 - di Lucia Mora

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La frusta musicale - 15 dicembre 2021 - di Lucia Mora
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15 Dicembre 2021 - 14.20


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di Lucia Mora

Non so esattamente che cosa sia successo a chi faceva musica negli anni Settanta. So solo che erano tutte e tutti dei maledetti geni ispirati. I seventies stanno alla musica come Pantani sta al ciclismo: ne sono la massima espressione.

Cinquant’anni fa, nel 1971, sono usciti tanti di quei capolavori da renderne impensabile un elenco. È l’anno di Pearl di Janis Joplin, testamento postumo della regina del blues; di Imagine di John Lennon, il momento di massima introspezione (talvolta nevrotica) dell’ex-Beatle; di The Sticky Fingers dei Rolling Stones, il lato più lascivo e sfacciato del rock urbano; di Concerto grosso dei New Trolls e di Non al denaro non all’amore né al cielo di Fabrizio De André in Italia. Eccetera, eccetera, eccetera. Un anno pazzesco.

Scegliere solo tre dischi fa male a livello molecolare e, se penso a quante e a quali meraviglie sto per rinunciare, sono sinceramente preoccupata per il mio karma. Ma una scelta va fatta. Quindi non ci sbatto ulteriormente la testa e vado d’istinto.

Blue – Joni Mitchell (giugno 1971)
Nella scorsa puntata della Frusta, lamentavo l’eccessiva presenza di canzoni d’amore nel recente disco di Ultimo. Ecco, se Ultimo sapesse scrivere d’amore come ne scriveva Joni Mitchell, di sicuro non mi sarei lamentata. Va detto che quando i lamenti d’amore sono rivolti a geni assoluti come Graham Nash e James Taylor (che peraltro presta la sua chitarra in tre pezzi di questo disco) forse produrre poesie è un po’ più facile. La voce però non è una cosa che dipende da altri: o ce l’hai o non ce l’hai, e quella di Mitchell mi arriva sempre dritta al cuore. C’è poco da fare.

Meddle – Pink Floyd (ottobre 1971)
Non mi dilungherò, perché le cose da dire sarebbero tantissime (potrei discutere dei Pink Floyd per ore) e lo spazio è poco. Meddle però doveva esserci per forza nel mio trittico, perché se avessi parlato del ’71 senza menzionare Echoes (ovvero la suite di 23 minuti e mezzo che occupa tutta la seconda facciata dell’LP) mi sarei squalificata da sola. Meddle non è un disco perfetto, soprattutto se paragonato a The Dark Side of the Moon – che di lì a poco, nel ’73, avrebbe scaraventato la band nell’Olimpo -, ma l’imperfezione e la sperimentazione onirica sono proprio i suoi punti di forza.

Led Zeppelin IV – Led Zeppelin (novembre 1971)
I ricordi che ho della mia infanzia sono per la maggior parte sfocati. Sarà che ho una pessima memoria. Ciononostante, certi momenti li ricordo molto nitidamente e quasi sempre c’è la musica di mezzo. Per esempio, ricordo bene di aver pianto quando a dieci anni ho visto per la prima volta dal vivo Bruce Springsteen, così come ricordo di aver pianto la prima volta che ho ascoltato Stairway to Heaven. Il quarto album degli Zeppelin è monumentale dall’inizio alla fine, ma mentirei se dicessi che Stairway to Heaven non ne rappresenta il fulcro nevralgico. Non saprei neanche dire quanto l’ho ascoltata, eppure ogni volta ho la pelle d’oca. Una canzone che i cinquant’anni se li porta divinamente.

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