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La frusta musicale

L'appuntamento del mercoledì di Culture Globalist - 26 gennaio 2022

La frusta musicale
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26 Gennaio 2022 - 14.31


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di Lucia Mora

Odio tante cose. L’afa, il fanatismo, i giuristi. L’uso scorretto della punteggiatura. Il cioccolato al latte. I vocalizzi di Roby Facchinetti. Eccetera, eccetera, eccetera. In pratica sono un’odiatrice seriale. Farmi inalberare è molto facile, ma se volete proprio urtare il mio sistema nervoso, vi basterà una semplice affermazione, oltretutto parecchio diffusa: “Caparezza è quello di Fuori dal tunnel”. Lì vedrete le mie orbite oculari sollevarsi inesorabilmente verso il soffitto, intente a giudicare cotanta ignoranza senza pietà.

Michele Salvemini in arte Caparezza è un intellettuale contemporaneo. Lo dico senza remore. Dietro ad arrangiamenti talvolta orecchiabili e accattivanti, c’è sempre (o quasi) un messaggio profondo. Prendiamo “Vieni a ballare in Puglia”: se penso a quante persone – esattamente come accade con “Fuori dal tunnel” – credono che quella sia una canzone da cantare al karaoke mi viene da piangere. Un testo che trasuda dolore per le morti bianche, un testo che denuncia i tanti problemi che affliggono la sua terra, trattato alla stregua di un balletto da villaggio turistico. Che mestizia.

Mi dà quindi parecchia noia che questo artista venga troppo spesso sottovalutato, perciò oggi parliamo di lui e di tre dischi: uno poco incisivo, uno geniale e uno che farei ascoltare a tutte le generazioni.

?! (2000)

Cominciamo dall’inizio. “?!” è il primo album che sancisce il passaggio da Mikimix a Caparezza. Siamo ancora distanti dai grandi lavori che verranno a seguire e, in questo senso, il disco si può ritenere acerbo. Cominciano a intravedersi però i prodromi che caratterizzeranno la sua carriera: il rap fuori dagli schemi, rime dissacranti, musiche sperimentali.

Habemus Capa (2006)

«Il mio disco più politico, quindi un suicidio», disse a suo tempo il grande Michele. Col senno di poi, sapendo quel che sarebbe venuto dopo, lo si potrebbe anche smentire, ma allora era veramente il suo disco più politico – e quindi un suicidio. Nel suo primo concept album, Caparezza immagina la propria morte e la successiva reincarnazione dello spirito; non per via di una qualche credenza religiosa, ma perché in questo modo può beneficiare del picco di vendita raggiunto dai dischi in seguito alla sua morte. Geniale. Tra i miei versi preferiti: «Chi tace soggiace alla volontà del loquace», un invito alle vittime della società a far sentire la propria voce.

Il sogno eretico (2011)

“Museica” (2014) è un disco tecnicamente riuscitissimo, forse il più riuscito, ma non di sola tecnica vive l’essere umano. Ecco perché come miglior lavoro di Capa scelgo “Il sogno eretico”. Per me una canzone come “Non siete Stato voi” merita tutto. Tutto. L’apice dell’opera e della sua intera carriera, probabilmente. A influenzare il mio giudizio c’è l’amore per le invettive politiche tradotte in musica (colpa di Giorgio Gaber), certo, ma resta un capolavoro a prescindere. Per non parlare di quell’altra invettiva, “Legalize the Premier” – che in questo periodo quirinalesco casca a fagiolo – o della critica al mercato discografico italiano (“Chi se ne frega della musica”), o del suo omaggio agli eretici (la title track). Capa è un unicum nel nostro panorama musicale e non valorizzarlo per me è peccato mortale.

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