Pino Pecorelli della BabelNova Orchestra: “Pericoloso dire che l’italianità dipende dal colore della pelle” | Culture
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Pino Pecorelli della BabelNova Orchestra: “Pericoloso dire che l’italianità dipende dal colore della pelle”

Dalle ceneri della pregiatissima Orchestra di Piazza Vittorio è rinata un’altra formazione romana. La sua cifra: il suono di più culture, le tante lingue parlate dai suoi componenti

Pino Pecorelli della BabelNova Orchestra: “Pericoloso dire che l’italianità dipende dal colore della pelle”
La BabelNova orchestra
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Stefano Miliani Modifica articolo

18 Agosto 2024 - 10.09 Giornale dello Spettacolo


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Dalle ceneri della pregiatissima Orchestra di Piazza Vittorio è rinata un’altra formazione romana che fa del suono di più culture, delle tante lingue parlate dai suoi componenti, la cifra di una musica rutilante, fantasiosa, più votata al rock del gruppo precedente: è la BabelNova Orchestra. L’avrete forse vista a Sanremo nella serata dei duetti insieme a Dargen D’Amico nell’omaggio a Morricone ed è formata da 12 eccellenti musicisti di origini varie.

Il 30 maggio la band ha pubblicato l’album “Magma” dove affianca con sapienza e brio sonorità diverse, rock, italiane, latinoamericane, arabe, africane: invece che una babele caotica queste sonorità compongono un caleidoscopio felice di accenti e armonie diverse. Coprodotto da Emanuele Bultrini e Duilio Galioto per Maladisco e Ipe Ipe, il disco contiene dieci brani. Senza alcun dubbio la band dal vivo sarà ancora più trascinante.
Il bassista e produttore Pino Pecorelli ripercorre con globalist la nascita della BabelNova Orchestra. Cui aggiunge una riflessione sull’Italia dove il razzismo si manifesta quando qualcuno si arroga il diritto di stabilire che una Paola Egonu non ha i caratteri somatici della italianità benché nata nel padovano: “È pericoloso, si parla addirittura di italiani di serie A e di serie B. Non siamo agli autobus con i neri in fondo perché per fortuna il sistema legislativo non permette di arrivare fin lì”, constata Pecorelli.

La BabelNova Orchestra in concerto. Foto di Giorgio Bianchi

Pecorelli, come nasce la BabelNova Orchestra dopo la ricca e bella esperienza dell’Orchestra di Piazza Vittorio?
Negli ultimi anni il direttore dell’Orchestra di piazza Vittorio Mario Tronco ha scelto di percorrere altre strade artistiche e l’anno scorso abbiamo affrontato un grave lutto, la perdita di Leandro Piccioni che era l’arrangiatore ma detto così è estremamente riduttivo, era un’anima centrale del pensiero musicale soprattutto per il percorso teatrale e operistico.

Il vostro “Flauto magico” fu davvero notevole.
Sì, facemmo anche “Carmen” e “Don Giovanni”. Quel grande contenitore si è svuotato e io e gli altri musicisti – e siamo gli stessi – abbiamo raccolto il testimone con una nuova avventura.

La copertina dell’album “Magma” della BbelNOva orchestra disegnata da  © Lorena Spurio

Nella BabelNova Orchestra si sentono molto rock, funky, latinoamericana, sonorità nordafricane e funziona. Come fate?
Parliamo di musicisti che nella maggior parte dei casi vivono in questo Paese da più di vent’anni e hanno condiviso un percorso di crescita e di cambiamento, hanno sempre mischiato culture e linguaggi: nella scrittura è venuto naturale questo amalgama di suoni, se vogliamo più urbano, più occidentale, mantenendo sempre la matrice di partenza. Anche il nome non va nella direzione di creare un unico linguaggio ma è il tentativo di valorizzare alla pari i linguaggi di ognuno.

La BabelNova Orchestra. Foto di Giovanni Canitano

Al festival di Sanremo nella serata dei duetti avete affiancato Dargen D’Amico in un omaggio a Morricone poi avete fatto una versione vostra, appassionata e travolgente, della sua “Onda alta”. Come vi siete incontrati?
Ci ha cercato lui che conosceva la nostra storia musicale. Noi abbiamo semplicemente sentito “Onda alta” durante le tante prove di Sanremo prima di provare la cover su Morricone. Anche ascoltando il testo che sentiamo particolarmente vicino cominciammo a strimpellarla per farne una versione alla nostra maniera e così è andata.

Il murale su Paola Egonu dipinto da Laika su un muro del Coni a Roma dopo l’oro alle Olimpiadi delle pallavoliste italiane e prima dello sfregio. Fonte Facebook

Dobbiamo passare alla cronaca di questi giorni perché in modo indiretto riguarda voi e noi tutti. La street artist Laika, il giorno dopo lo sfregio al suo murale al Coni di Roma su Paola Egonu esempio di italianità a “Repubblica” ha parlato di una “preoccupante onda nera”, nel senso politico di “nero”. Si parla di una parte politica che, con in testa un signore, vuole decidere l’italianità di una persona in base al colore della pelle. È una situazione pericolosa?
È una storia iperdrammatica. Gioca sulle ansie e paure della gente. Chi come noi lavora in quest’ambito ha le antenne sempre alzate. Una volta gli immigrati rubavano il lavoro ai nostri pari, ora l’immigrato è diventato mera forza lavoro, serve in fabbrica e nei campi con mansioni per le quali talvolta è difficile trovare “indigeni”. Allora si genera un clima molto pericoloso che noi guardiamo con grande sospetto. In qualche modo questo clima priva della libertà di pensiero alternativa per coloro che non provano nessun disagio che una persona italiana abbia la pelle nera o meno. È pericoloso perché chi vive il disagio nelle periferie, chi non ha modo di esprimere il proprio valore, se la va a prendere con il più debole. Paola Egonu non è debole ma rappresenta il sogno, una speranza, per tanti che magari hanno un talento sportivo enorme …

Ma il talento non può essere una discriminante per essere italiani o meno.
Assolutamente no. Però magari ci sono decine di piccole Egonu in Italia che hanno voglia di affrontare un percorso e che, di fronte a tanta rabbia, fanno un passo indietro e si trasformano nell’enorme categoria di chi esegue gli ordini.

Pallavoliste della Nazionale come Paola Egonu o Myriam Sylla sono italiane al pari suo e mio, sono nate qua, non sono nemmeno immigrate. Metterle in discussione per il colore della pelle può ricordare il meccanismo di un certo regime europeo che un secolo fa inneggiava alla “razza ariana”?
È così. Ho avuto la fortuna di fare anche un percorso con le seconde generazioni a Roma con un gruppo, la Piccola orchestra di Tor Pignattara, che ha messo insieme varie forme dell’adolescenza, dai minori rifugiati non accompagnati a italiani figli di “bianchi”, per rimanere a un linguaggio orribile. Nella BabelNova orchestra ci sono ragazzi di seconda generazione e, negli anni, ho visto come tanti figli di coppie miste affrontano difficoltà diverse rispetto, che so, ai figli di notai, senza aver nulla contro i notai, è un esempio. Queste cose rischiano di limitare il sogno di tante ragazze e ragazzi: Se oltre alle difficoltà economiche devi affrontare la mancanza di una riconoscibilità sociale e sei considerato “straniero”, il rischio è che questo martellamento quotidiano e ridicolo impoverisca una nazione.

Pino Pecorelli della BabelNova Orchestra (un particolare). Foto di Giovanni Canitano

In sostanza sta dicendo che le affermazioni di quel signore e chi la pensa come lui avvelenano il Paese per tutti?
Esattamente ed è terribile. Paradossalmente andiamo a peggiorare: si parla addirittura di italiani di serie A e di serie B. Non siamo agli autobus con i neri in fondo perché per fortuna il sistema legislativo non permette di arrivare fin lì. bisogna mantenere la guardia molto alta anche se questo ti obbliga a mantenere lo status quo invece di migliorarlo. Ma i giovani ridono di questo modo di affrontare questa tematica: per fortuna il processo è inevitabile e personaggi come quel signore a cui ci siamo riferiti hanno un potere enorme ma la storia li spazzerà via.

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