Così dalle ceneri del Pci nacque il Pds. Che non elesse segretario il suo fondatore Occhetto | Culture
Top

Così dalle ceneri del Pci nacque il Pds. Che non elesse segretario il suo fondatore Occhetto

Il 4 febbraio 1991, in una scenografia firmata alla Fiera di Rimini, si formava il Partito Democratico della Sinistra. Con un colpo di scena finale: “Cercatevi un altro segretario”, tuonò il leader

Così  dalle ceneri del Pci nacque il Pds. Che non elesse segretario il suo fondatore Occhetto
Preroll

redazione Modifica articolo

2 Febbraio 2021 - 16.44


ATF

di Marcello Cecconi

Due mari, il Tirreno e l’Adriatico. Due sponde diverse, un destino diverso. Il Pci nasce nel 1921 sul Mar Tirreno, a Livorno, proiettato sull’Occidente come una testa di ponte della Russia di Lenin. Per la sua eutanasia, invece, sceglie il Mar Adriatico, Rimini, con lo sguardo mesto verso quell’Est che rimasto immobile per decenni in pochi anni aveva stravolto ideali e geopolitica. Esattamente trent’anni fa. Il 4 febbraio 1991 si chiudeva con il suo XX Congresso la storia del Pci. Qui, a Rimini, è Achille Occhetto a sancirne la morte, listando a lutto le bandiere rosse, tentando di gestirne l’eredità, fondando il Partito Democratico della Sinistra. Strane giornate: si celebrano, nelle stesse ore, un funerale e un battesimo. Erano trascorsi settant’anni da quando Amedeo Bordiga e gli altri scissionisti avevano abbandonato il Congresso Socialista per entrare, al canto dell’Internazionale, nell’improvvisato e malandato Teatro San Marco. Settant’anni di delusioni e di vittorie.

A Rimini, per celebrare questo rito, i dirigenti scelsero con cura sia il luogo sia la scenografia: un capannone della Fiera fu trasformato in una grande arena. Mica come a Livorno dove quel Teatro fu scelto a caso e che oggi non esiste neanche più.  C’era da far digerire un boccone amaro a tanti militanti e per questo serviva una scenografia degna dell’evento. Una scenografia firmata e, per questo, fu chiamato a realizzarla l’architetto Silvio De Ponte, scenografo teatrale di Giorgio Strehler. Un palco a tolda di nave e una platea che era un’arena. Scelte dal forte richiamo simbolico. Anche all’uso dei colori fu prestata molta attenzione: predominava il verde-grigio con il limitato rosso che sfumava nell’arancio.  
Così Silvio De Ponte spiegava il suo concetto di questo storico passaggio, in un’intervista a Daniela Vergara del Tg3: “Con questo muro rosso che viene attraversato da un percorso usato dai membri della presidenza per accedere al palco molto basso, c’è l’intento di annullare l’immagine di un palco alla politburo”. Un ottimo sforzo creativo per evidenziare il cambiamento di clima e per cercare di rendere esplicito, attraverso le immagini, un concetto politico complesso da spiegare alla base, la “Cosa” di Achille Occhetto. Lo aveva in parte già spiegato alla Bolognina: il nuovo soggetto politico doveva intraprendere “nuove strade per unificare le forze di progresso”. Niente canto dell’Internazionale, ma come l’anno precedente a Bologna, il congresso si aprì con videoclip accompagnati dalle note di La storia siamo noi di Francesco De Gregori. Parole appassionate ma ormai un po’ abusate.

La canzone di John Lennon “Give Peace a chance”, con Plastic Ono Band

E mentre sullo schermo sfumavano le ultime parole della canzone … la storia siamo noi, nessuno si senta escluso … compariva Yoko Ono e si diffondeva la musica di Give peace a chance, una delle più belle canzoni di John Lennon contro la guerra del Vietnam. Non era un caso il richiamo alla pace. Sul già difficile clima dell’arena riminese incombeva l’operazione Desert Storm contro Saddam con le immagini dei traccianti verdastri dei missili su Baghdad diffusi dalla Cnn e l’occhio pesto del capitano Cocciolone catturato da Saddam. I pacifisti stavano già protestando e la “Cosa” non poteva ancora esprimersi con voce univoca.

L’intervento di Achille Occhetto 

Oltre alla scenografia c’era da risolvere una questione ancor più delicata sul fronte politico, quella del simbolo: come accantonare il rosso e la gloriosa falce e martello? Nel primo pomeriggio di lunedì 4 febbraio Occhetto svelò la soluzione: una quercia come stemma e in basso, in un tondino, la falce e martello, il tutto incorniciato nella scritta Partito Democratico della Sinistra. Se a Livorno erano stati i comunisti di Bordiga e Gramsci a lasciare il teatro, a Rimini la scena dell’addio fu interpretata dai rifondatori: si riversarono nella sala attigua al canto di Bandiera rossa e al grido di “Viva il comunismo”.
Al tragico si doveva aggiungere, poi, l’inverosimile. Nella sala principale il neo Consiglio nazionale del Pds non aveva la maggioranza per eleggere come segretario il suo fondatore. Mancavano dieci voti e toccò alla Presidente del congresso, Giglia Tedesco, riferire la incresciosa situazione al fautore della svolta. Sconcertato e arrabbiato Occhetto tuonò: “Cercatevi un altro segretario” e mentre i giornalisti lo accerchiavano, con i primissimi enormi telefoni cellulari all’orecchio, salì in auto e se ne tornò a Capalbio. Piccoli imprevisti di una grande storia.

 

Native

Articoli correlati