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“Global Africa”: perché l’occidente chiude gli occhi sulle migrazioni

Mario Giro, esponente di Demos e della Comunità di Sant’Egidio, in un libro descrive “la forza colossale” nelle nuove generazioni africane e quali opportunità ci sono

“Global Africa”: perché l’occidente chiude gli occhi sulle migrazioni
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26 Settembre 2019 - 17.04


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Antonio Salvati

Ci sono libri belli ma non necessari, libri non troppo belli ma utili, e ci sono poi bei libri che davvero coprono uno spazio della conoscenza. È il caso di Global Africa. La nuova realtà delle migrazioni: il volto di un continente in movimento (Guerini e Associati, pagine 192, euro 17,50). Scritto da Mario Giro – grande conoscitore delle questioni africane con innumerevoli esperienze sul campo, viceministro degli Esteri nella passata legislatura, oggi esponente di punta di Democrazia solidale – il libro racconta l’oggi del continente africano e soprattutto dei suoi giovani, definiti “avventurieri” in relazione alla scelta di emigrare e al coraggio di fare il “grande viaggio”.
Fin dalle prime pagine l’autore, che è anche uno dei responsabili della Comunità di Sant’Egidio, ci avverte che gli europei e il mondo continuano ad avere paura dell’Africa, considerata una minaccia alla nostra serenità. In realtà, dovrebbero cambiare approccio e avere lo sguardo lungo, accantonando gli interessi immediati: “Il nostro sguardo occidentale – qualunque sia la posizione sugli immigrati – è miope: non vede la forza colossale insita in questa nuova generazione africana che non si fermerà davanti a nulla, perché intraprende il viaggio allo stesso modo in cui un eroe solitario sale in vetta o attraversa un oceano”.
I giovani hanno gli stessi gusti
Lo spazio dedicato ai giovani africani è senz’altro preponderante. Oggi secondo Giro i giovani africani “non sono interessati all’identità africana, al meticciato culturale e filosofico e al recupero di una storia mitizzata. Si confrontano con gli altri giovani del mondo globalizzato e scoprono di avere gli stessi gusti”. Per questo “continueranno a venire, silenziosi e caparbi, e rappresenteranno l’’altro’ in mezzo a noi” e, soprattutto, nessun muro li fermerà: “andranno dove vogliono”. Con questa dinamica dovremo confrontarci nei prossimi decenni.
Il crollo della cultura del “noi”
Come suggerito dal sottotitolo, l’Africa è una terra di movimenti e in movimento. I suoi abitanti si spostano da sempre, in particolar modo oggi che l’ambito urbano rappresenta una grande calamita per le opportunità che offre. I giovani africani stanno vivendo la globalizzazione con la consapevolezza di chi sta cercando nuove opportunità, vicine e lontane. Al contrario, in Europa si continua a nutrire un approccio pessimistico circa la globalizzazione, soprattutto a partire dalla crisi del 2007 – 2008. In Africa, l’incitamento al “riuscire” è pressante, in concomitanza con un forte mutamento antropologico. Tra i giovani si impone una forte cultura competitiva e materialistica. In altri termini, anche nelle nuove generazioni africane si impone quello che Vincenzo Paglia il crollo del noi. Questo spiega il forte impulso ad emigrare. Questi giovani credono che spostarsi sia un suo diritto inalienabile nell’era della globalizzazione, per trovare un posto nel mondo che permetta loro di vivere senza fame, povertà, malattie. Pretendono di vivere meglio: “Je veux ma part!” ripetono spesso.
Oggi migrano i figli, quasi sempre maschi minorenni
Ha osservato il sociologo Stefano Allievi che nella storia delle migrazioni sono sempre partiti i padri e le madri. Da qualche anno assistiamo a un aumento esponenziale dei minori, ormai quasi tutti maschi tra i 16 e i 18 anni: segno che è una filiera migratoria in sé, prodotta precisamente dal blocco dell’arrivo regolare degli adulti. Il 65 per cento della popolazione africana ha meno di vent’anni: nel continente delle grandi migrazioni interne (non solo verso il ricco Occidente, come erroneamente si pensa in Europa), il movimento continuo di popolazioni deriva da una lunga serie di problemi, i quali a loro volta ne sviluppano altri in un processo che spinge le giovani generazioni a tentare il viaggio estremo, talvolta drammatico. Un viaggio che solitamente inizia dall’abbandono del villaggio verso la città più vicina, per poi continuare verso le megalopoli. Da qui inizia il pericoloso percorso verso il nord, attraversando il Sahara e cadendo preda di trafficanti senza umanità e scrupoli.
In conclusione, dopo l’espansione del cristianesimo e dell’afromarxismo, oggi secondo Giro i giovani africani “non sono interessati all’identità africana, al meticciato culturale e filosofico e al recupero di una storia mitizzata. Si confrontano con gli altri giovani del mondo globalizzato e scoprono di avere gli stessi gusti”.
L’Europa brilla per la sua assenza, la Cina avanza
Di grande interesse le considerazioni del libro sulle relazioni con il nostro continente. Nella stagione postcoloniale l’Europa continua a brillare per la sua assenza: l’Africa per secoli spartita tra Gran Bretagna e Francia – insieme a Belgio, Portogallo e all’avventura italiana nell’Africa Orientale – oggi è oggetto di forte interesse di due super colossi economici come Russia e soprattutto Cina, fortemente impegnate ad accaparrarsi le immense ricchezze minerarie, terre e giacimenti. Il modello asiatico rappresenta una proposta forte per i giovani africani che ben sanno che per recarsi in Cina non occorre un visto, a differenza dell’area Schengen.
La presenza cinese in Africa non è caratterizzata solo da denaro ed investimenti (si stima che supereranno i 100-150 miliardi di dollari nel 2020) ma dalla presenza fisica – circa un milione i cinesi stabili – e soprattutto dal modello etico-politico: autoritarismo connesso al libero mercato. I leader cinesi valorizzano il rapporto con l’Africa, insistendo sul fatto di averla aiutata anche quando era un paese povero. Del resto, a Pechino hanno ben compreso che si tratta di un terreno vergine in molti comparti produttivi, in particolar modo quello agroindustriale, con ampia disponibilità di terra coltivabile. La manodopera, anche laddove non è specializzata, è a buon prezzo e gran parte degli africani parlano le lingue europee. Inoltre, i cambiamenti antropologici e culturali assieme alla possibilità di accedere all’informazione globale, di cui abbiamo fatto cenno, hanno reso gli africani più consapevoli delle loro aspettative. Quello che un tempo appariva remoto appare molto più vicino. Il miraggio del benessere è a portata di mano.
L’Africa sarà decisiva
Al di là delle opinioni di ciascuno, l’Africa avrà un peso indiscutibile per il futuro dell’Italia e dell’Europa, fosse solo per il fenomeno migratorio. I numerosi (e talvolta sorprendenti) spunti che Mario Giro offre su presente e futuro di questo continente, lo rendono un testo di grande interesse. Anche per i non specialisti. Al termine della lettura si viene incoraggiati in una prospettiva che oggi tanti sembrano aver smarrito: il futuro non va solo subito, può essere costruito. Dipende anche da noi.

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