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Tra ponteggi e speranze così gli aquilani raccontano l’Aquila

A dieci anni dal terremoto gli abitanti parlano di una ricostruzione «a macchia di leopardo» ma tra cantieri e movida c’è anche fiducia. Ecco alcune voci

Tra ponteggi e speranze così gli aquilani raccontano l’Aquila
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30 Marzo 2019 - 10.37


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L’Aquila si appresta a vivere quanto chiamano «il decennale»: sabato 6 aprile ricorrono i dieci anni dallo spaventoso terremoto del 2009 che uccise oltre trecento persone perciò, per la ricorrenza e i giorni a seguire, a ragione gli aquilani non vogliono sentir parlare di «celebrazioni» perché non c’è nulla da celebrare. Occorre tutto commemorare i morti e il carico di dolore che portò quella scossa delle 3.32 di notte, apice di un lungo sciame già in corso e proseguito a lungo con violenza. Dieci anni dopo buona parte della città antica è stata ricostruita o è in via di recupero, mentre un’altra fetta è in restauro o in ristrutturazione. Qui parlano alcuni abitanti. Sul processo di ricostruzione ricorre un’espressione chiara ed efficace: «a macchia di leopardo». Del patrimonio artistico diremo in una seconda puntata.

Era una città bombardata
Nel 2009 L’Aquila appariva davvero come bombardata. I lavori hanno avuto una svolta nel 2013, lo scenario può incoraggiare. Operai, tecnici, cantieri, ponteggi, camion, pullulano tra le strade ancora chiuse e molte vie riaperte, tra i bar nuovi e i negozi tornati. In sottofondo, camminando per queste vie, sentirete spesso i rumori dei cantieri. Alla luminosità delle strade principali si alternano vie più strette sotto un reticolo di tubi innocenti. A ogni modo se ancora non è tutta luce, non è però nemmeno il buio: la città storica, d’arte, è uno dei più vasti cantieri del mondo e deve misurarsi con la storia.

Dalla fiaccolata a Nicola Piovani
L’annuale fiaccolata notturna quest’anno verrà vissuta con un’intensità speciale. Domenica 7 aprile alle 18 Nicola Piovani dirigerà nella Basilica di Collemaggio una sua nuova composizione commissionata dalla Società Aquilana dei Concerti “Barattelli”, la Sinfonia delle stagioni per soli, coro e orchestra con tra l’altro la voce narrante di Roberto Herlitzka, l’Orchestra della Toscana, il Coro di Voci Bianche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e diretta tv su Rai5. Al di là del calendario di appuntamenti, convegni, manifestazioni che Comune e Ministero dei Beni e attività culturali stanno approntando (almeno la fase iniziale avrebbe dovuto essere già pronta e pubblicizzata) e che costruiranno lungo l’anno, a che stadio è la ricostruzione del centro storico? Come la vivono gli abitanti? Rinviando a una seconda puntata il discorso sui monumenti e beni culturali in quella che si sta confermando una città d’arte di gran fascino, lo scenario tra le medioevali mura urbiche è il seguente: intorno alla direttiva del «Corso» che fende il nucleo antico dalla «Fontana luminosa» (del 1934) a nord fino all’«Emiciclo» del palazzo del Consiglio regionale molto è stato recuperato; nel complesso negli ultimi anni i lavori hanno progredito in misura palpabile, ben visibile, non esiste la desolazione che letteralmente imperava ancora nella primavera del 2013; invece molte strade ed edifici laterali, per lo più sul lato occidentale rispetto al «Corso», sono invece ancora cantieri di lunga durata.

La vita comunitaria fatica, la città è più vivibile
«A mio avviso non va affatto male – osserva l’archeologo docente all’università aquilana Alfonso ForgioneConsiderando i problemi di burocrazia, del rimuovere i detriti, la città sta rinascendo». Lo scarto in avanti non è avvenuto nel 2013, grazie all’allora ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca nel governo Monti? «Sì, confermo, dopo l’immobilismo dovuto alla politica e alla burocrazia da allora la ricostruzione ha proceduto speditamente, anche per monumenti come le chiese di San Bernardino o per l’antico Palazzo Camponeschi restituito al rettorato dell’ateneo. Essendo nato nel 1978 in Irpinia ho vissuto il post – terremoto del 1980 lì ho visto centri storici abbandonati anche dopo 30 anni». La vita quotidiana? «Si sta spostando nei centri commerciali, il centro fino alle cinque del pomeriggio è vissuto da operai e restauratori e impiegati, dalle sette dai giovani della movida notturna, ma non sono pessimista, credo che in pochi anni l’Aquila sarà vivibile».
«La vita comunitaria non è ancora ripresa e non è tornata normale, ancora si fatica, gli uffici stanno lontani, io avrei ricostruito in modo molto moderno gli edifici davvero malmessi – interviene con convinzione Giovanna Millevolte, archivista, ricercatrice all’università ora in pensione e responsabile del Polo museale dell’ateneo – tuttavia la città con i monumenti sta tornando a splendere come una volta». Di Pescara, con l’ex marito aveva casa in una zona «bellissima» e che quella notte del 6 aprile ha dovuto abbandonare. Nell’ufficio dell’ateneo prende la parola il suo collega archivista Marco di Francesco: «Il centro storico in alcune zone è stato ricostruito, in altre no. Si sono perse occasioni nel non recuperare modernamente certe parti e i giovani sono cresciuti in una città senza storia, ciononostante la vivibilità è migliorata. Invece restano criticità enormi con le New Town intorno all’Aquila che coprono un raggio fino a 30-40 chilometri di distanza dal centro storico».

Il via vai dei tecnici e degli operai
Storica dell’arte, guida turistica, responsabile dell’associazione che organizza tour abruzzesi e aquilani Viaggiatori nel Parco, Roberta Ianni ricorda che il ritorno in centro nel 2013 «all’inizio è stato davvero duro e mio figlio, che nel 2009 aveva 14 anni, non ricordava com’era la sua città prima del terremoto». Adesso? «L’Aquila ora è più viva di sera e di notte con la movida, il giorno è quasi tutta un via vai di tecnici, operai, ingegneri nei cantieri». Camminando transita un furgone carico di attrezzi da muratori. Si sente l’odore della calce. «Accanto a case abitate restano dimore inagibili, prima la vita era tutta in centro, dai figli alla scuola – continua la storica dell’arte aquilana -. La ricostruzione va avanti, molti palazzi sono stati ricostruiti ma è ancora lunga. Coraggiosamente tanti cercano di tornare alla normalità, molti commercianti hanno riaperto. Ma serve molta cultura che andrebbe divulgata anche fuori per attirare gente. E molti abitanti sono andati via dal centro».

Servono uffici e negozi, la movida non basta
Cosa dirà un ingegnere? Dino Pignatelli ha riaperto il suo studio in pieno centro: valuta sia con lo sguardo del tecnico che con l’occhio di chi vive in mezzo alle cose. «Nel complesso la ricostruzione va andando avanti. Si va un po’ a rilento nelle opere pubbliche che dovrebbero essere le prime. Per esempio il complesso della provincia con la biblioteca provinciale, il liceo classico e il convitto nazionale è ancora puntellato, però bisogna dire che architettonicamente L’Aquila sta veramente riacquistando la vecchia immagine di una bella città, va a buon passo il recupero del patrimonio artistico e anche se ci vorrà ancora qualche anno, forse dieci, il risultato sarà eccezionale. Il problema è diverso: perché la vita in centro riparta servono uffici e negozi, la movida non è sufficiente ed è difficilmente sostenibile a lungo andare. Va detto che adesso le case hanno prezzi accessibili e condizioni vantaggiose a cui anche i giovani qui possono aspirare». Il che accade in un’Italia dove i centri storici italiani stanno diventando irraggiungibili per giovani e famiglie. «Sì, devo dire che le condizioni vantaggiose potrebbero far rivivere il centro».

L’odore della calce e le librerie
L’ingegnere, tutto sommato, ha fiducia. Ma la descrizione di una città «a macchia di leopardo» calza a pennello: dalle parti delle chiese di San Domenico e San Pietro di Sassa una signora con la sporta della spesa cammina solitaria in una via sotto un nugolo di tubi innocenti mentre davanti a una casa in ristrutturazione un paio di operai campani lavora la calce con il suo odore tutt’altro che sgradevole mentre lungo il «Corso» si fermano per un caffè anche impiegati.

In piazza Duomo è aperta una libreria Mondadori, invece il tapis roulant che in un tunnel dalla piazza porta dabbasso al terminal dei pullman è fermo da troppi anni. Sul lato opposto del centro a nord lungo via di Castello adiacente al Parco della Fortezza Spagnola la libreria e vendita di dischi Polarville resiste grazie a un’impostazione molto indipendente con la capacità di resistenza di tante librerie autonome in tutto il Paese. I segnali sono contraddittori, vivere qui è più difficile che altrove, tanto resta da fare, ciononostante nel nucleo antico L’Aquila ha recuperato molto, nell’ultimo quinquennio.

All’Aquila l’arte piano piano rinasce, il difficile è viverci

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