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Amatrice: “Per noi terremotati il tempo è fermo”

Dall’architetto nel container alla famiglia di allevatori che pensa di andar via, tra gli abitanti emerge sconforto: ecco cosa dicono. Parla anche chi lotta per la ripresa culturale

Amatrice: “Per noi terremotati il tempo è fermo”
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24 Agosto 2018 - 08.25


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A due anni da quel maledetto 24 agosto 2016 gli effetti del terremoto si sentono ancora tutti. Amatrice, il paese più colpito con i suoi 249 morti, è il luogo simbolo pur se non l’unico: Arquata e Pescara del Tronto nelle Marche, Accumoli nel reatino, la stessa provincia di Amatrice, hanno sofferto e ancora soffrono di una lenta, faticosa, complicata ricostruzione la cui meta finale resta distante.

L’architetto con famiglia nel container
Brunella Fratoddi, architetto, vive ad Amatrice. Con la famiglia ha dovuto comprare un container dove alloggiare e lo ha montato in giardino perché casa sua non è agibile. “La quotidianità è difficile. La casa è in piedi ma è classificata ‘BF’, che vuol dire danni lievi ma F indica pericolo esterno”. Laureata con una tesi sul suo paese, si occupava del Museo civico per il Comune. “Le cose sembrano molto ferme, la burocrazia dell’ufficio ricostruzione è lenta”. Diverse persone, afferma Brunella Fratoddi, hanno riparato le case a loro spese e non sanno se o come verranno rimborsati. “Se si segue la procedura ci vuole parecchio tempo. Inoltre – aggiunge – vivevamo con il turismo, se chi aveva seconde case non torna si impoverisce il paese. Chi ha radici tornava tutti gli anni, alcuni si sono adattati, altri non sono tornati e forse non li vedremo più, i residenti sono diminuiti, chi ha trovato il lavoro altrove o ha figli fuori rimane con i figli. C’è tanto fumo negli occhi”, commenta amara ma non rassegnata.
Svizzeretto e la battaglia per il museo civico
La direttrice del Museo civico “Cola Filotesio” era Floriana Svizzeretto. Romana, aveva scelto di vivere ad Amatrice. Il terremoto l’ha sepolta nella sua piccola casa. La sorella Stefania Svizzeretto oltre a tenerne acceso il ricordo con incontri e iniziative, con un entusiasmo contagioso non demorde affinché la raccolta d’arte torni a vivere. Le opere d’arte si trovano nel deposito laziale del Ministero per i beni culturali a Cittaducale, tuttavia è impossibile prevedere se e quando potranno tornare nella sede nella ex chiesa di Sant’Emidio, sbriciolata dalle scosse, in un centro storico ancora “zona rossa”.
Stefania Svizzeretto si batte in azioni di convincimento parallelamente ad Antonio Insalaco, archeologo della sovrintendenza capitolina ai beni culturali che seguiva il museo quando lavorava alla Regione Lazio, che ha proseguito a titolo volontario per favorire l’apertura di una dimora amatriciana del museo “Cola Filotesio”. Che ci sarà, anche se non si sa ancora quando: la Diocesi di Rieti e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si sono accordati per collocare le opere in un complesso degli anni ’30, il Don Minozzi, da ristrutturare e rendere antisismico. Hanno un contributo di 28mila euro raccolti da Inner Wheel, braccio femminile del Rotary Club per Amatrice. Intanto in un padiglione dell’edificio degli anni ‘30, fino al 28 ottobre, una mostra virtuale consente di vedere su smarphone o tablet alcuni dipinti, oggetti e sculture del museo. “Ma a livello culturale è una tragedia – commenta Stefania Svizzeretto, costumista e scenografa – Hanno riaperto i ristoranti, hanno costruito bar e casette e un villaggetto finto che sembra di stare in Tirolo, le attività commerciali sono ripartite, ma i negozi sembrano tutti uguali. E la cultura? Senza cultura non si restituisce identità. L’arte è nostra identità come il cibo, la terra, la natura. Le chiese restano tutte impraticabili”.

Edifici storici, messa in sicurezza quasi completata
Dal Ministero per i beni e le attività culturali registriamo che quasi tutti gli edifici monumentali del centro storico sono stati messi in sicurezza e che, censite e rimosse le macerie, è da poco terminato il puntellamento della volta absidale del Duomo di San Francesco. Detto che i procedimenti burocratici hanno rallentato il recupero di tutte le zone terremotate, il coordinatore dell’unità di crisi del coordinamento nazionale del Ministero Fabio Carapezza Guttuso ricorda come sia stato essenziale rilevare accuratamente i danni subiti da chiese, palazzi e opere mobili, operazione indispensabile “sia per una stima economica di massima, sia per la messa in sicurezza, sia per un definitivo recupero con un previsto miglioramento sismico delle strutture”. E ricorda come solo per il Lazio le opere d’arte mobili messe al riparo a oggi siano 3.274 sulle oltre 20mila recuperate in totale comprendendo Marche, Umbria e Abruzzo.

Poggi: “Come famiglia di allevatori non vediamo la luce”
Resta profondamente amareggiato, infuriato e deluso Costantino Poggi. Nativo di Amatrice, chef, ha il fratello titolare di una piccola azienda agricola di famiglia da cinque generazioni: “La situazione è semplice. Hanno fatto dividi et impera. Un popolo diviso viene tirato per la giacca dove si vuole. C’è chi lavora sull’economia del territorio e resiste e chi lavora per dividere in maniera disfattistica”. Alla domanda su quale scenario vede risponde: “Va molto male. C’è chi è stato favorito e chi è rimasto spettatore perché non è amico dell’amico. Siamo scontenti perché la ricostruzione non esiste. Ci siamo riuniti come comitati locali ma sono contentini, come sono contentini le casette”. Nessuna prospettiva? “Non c’è una data sulla rimozione delle macerie, non vediamo la luce perché moltissimi abitanti non torneranno e molti paesini erano già colpiti da crisi demografiche. Non posso essere spettatore in un territorio di cui conosco storia e cultura e guardare chi ha l’amichetto di turno. È la lotta tra poveri”. Descrive un dramma per l’azienda di famiglia: “Abbiamo fatto tutte le domande possibili. Siamo ancora senza strada, con il fango, senza tensostrutture, con piccoli gazebo per gli animali, abitiamo in una casina, con il sisma ho perso l’abitazione e dei familiari. Siamo impossibilitati a ricominciare con la produzione. Come altri allevatori se non avremo la possibilità di riprendere pensiamo di abbandonare. I pochi fondi donati se li sono spartiti signorotti e chi dice di fare la carità”. Non ha fiducia? “Ci sentiamo enormemente presi in giro, siamo esasperati, stanchi, stufi. Nel cratere nove persone si sono suicidate: è la dimostrazione sconvolgente che non sta migliorando nulla”.

Il progettista: manca un’analisi del territorio e del sottosuolo
Ad Amatrice ha avuto la seconda casa distrutta Carlo Maria Sadich, architetto. Romano, progettista e fondatore della società di architettura e ingegneria Compagnia del progetto, ritiene che l’estensione del terremoto a Marche, Umbria e Abruzzo abbia sommato problemi su problemi. “Inoltre in Italia, pur avendo esperienza di terremoti, non abbiamo un’analisi adeguata dei territori e del sottosuolo. Ho visto la zonazione sismica della Turchia: è tutta in 3D, sono molto avanti rispetto a noi. Ci troviamo in un quadro di arretratezza tecnologica e culturale”. Un’arretratezza causata anche dalla mancanza di leggi adeguate “perché noi facciamo solo nell’emergenza”. Oltre tutto, ricorda, il territorio intorno ad Amatrice viveva “già una condizione generale di sottosviluppo precedente a cui si è sommato l’errore di non affrontare prima il problema sismico”.
Un plastico di Amatrice com’era può servire
Dopo l’architetto scatta la solita inevitabile domanda: quali fili seguire per la ricostruzione? Un quartetto di architetti della Sapienza di Roma coordinati dal professor Alessandro Viscogliosi (curatore di un volume proprio su Amatrice uscito nel 2017 per Silvana Editoriale) ha creato un plastico in scala 1:100 di quattro metri per sei basato su ricerche storiche sul paese tra fine ’800 e primi del ‘900 e su una planimetria del 1908. Spiega l’architetto Simone Lucchetti (gli altri autori sono Giulia Catalani, Antonio Mirandola e Massimiliano Storgato): “Il plastico può restituire un’idea della bellezza del borgo di montagna e ricreare una visione d’insieme filologicamente corretta e utile ai progettisti”. Finanziato dalla Fondazione Santarelli che lo ha donato al Comune, l’oggetto ha un risvolto tecnologico: “Sarà possibile fare una camminata virtuale e realistica con visori a realtà aumentata nella Amatrice del 2016, in quella del plastico e vi si possono caricare i progetti come saranno anche per evitare snaturamenti”. Infine Lucchetti riflette: “Vedere Amatrice rasa al suolo fa effetto, però rispetto ad altri crateri le persone sono molto attive, propositivi e più avanti di altri comuni soprattutto nelle iniziative per mantenere vivo il paese”. Sebbene, almeno tra gli amatriciani ascoltati, all’amore per il paese si accompagna sfiducia e smarrimento.

“Questo medioevo dell’Umbria s’ha da salvare”

 

 

 

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