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Le donne e la libertà di riprendersi la strada

Ma quale genere debole: a Roma la manifestazione di "Non una di meno" è un grande spunto per riflettere sull'accoglienza, sulla vita contro razzismi e sessismi. Agitando mattarelli e cantando forte

Le donne e la libertà di riprendersi la strada
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29 Settembre 2017 - 07.04


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di Delia Vaccarello

La piazza dell’Esquilino si anima intorno alle 19. La danza a suon di tamburi del gruppo Murga Sincontrullo riempie di vita i corpi e la manifestazione. Le donne di “non una di meno” sono scese in piazza a Roma contro la violenza, raccordandosi alle tante altre nel pianeta. Alzano i mattarelli al cielo, e dicono ve la siete cercata, alcune di loro sono vestite con gli shorts e le calze a rete, la sicurezza delle strade non è data dai militari e dai lampioni, non si conquista dicendo alle donne di “farsi proteggere”, o di smetterla di provocare. La sicurezza è tutta racchiusa nella parola civiltà. E dunque nel rispetto dei diritti umani, che ha come must antirazzismo e antisessismo. Davanti l’abside della basilica di Santa Maria Maggiore studenti, donne della Casa internazionale, intellettuali, casalinghe. Il cielo si fa scuro, tinto dall’imbrunire, e il fiume di partecipanti si ingrossa. “Peccato che la Cgil abbia indetto per il 30 una manifestazione antiviolenza”, fanno notare alcune osservatrici della Casa. Un doppio appuntamento che ha disorientato. Ma itamburi continuano la danza nell’aria. Danzatori e suonatori vestiti di tutti i colori cominciano a muoversi in corteo. Genere debole? Follia! Di questo si è ripreso ad argomentare. Anziché parlare degli abusi in famiglia. Come se non si sapesse che molti degli stupri sono messi in atto da uomini frequentati, conosciuti, una volta anche amati, e diventati compagni e mariti.
“Entriamo nel cuore meticcio di Roma, piazza Vittorio. Lo stupro non ha colore della pelle. Le donne ci tengono a dirlo” . I temi ci sono tutti: mentre l’Italia degli sbarchi fronteggia la grande migrazione l’Italia dagli occhi chiusi boccia lo ius soli. Ma i tamburi che sanno di Africa, di origine , di desiderio suonano, non conoscono pause. E Le danzatrici non hanno smesso di disegnare con i corpi la libertà: di incontrarsi, di fare sesso, di migrare, di vivere dove si vuole. Cioè la libertà di riprendersi “la strada” .

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