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“Bei Jeans o Bei Geni?”: con la pubblicità di American Eagle si riaccende il dibattito sul suprematismo e lo stereotipo femminile

Il caso del brand statunitense che ha spaccato l’opinione pubblica è il segno che qualcosa sta cambiando nel mondo della comunicazione pubblicitaria, e non per forza in positivo.

“Bei Jeans o Bei Geni?”: con la pubblicità di American Eagle si riaccende il dibattito sul suprematismo e lo stereotipo femminile
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7 Agosto 2025 - 11.45


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di Vittoria Calabrese

Chi non ha mai indossato un paio di jeans? È senza dubbio il capo d’abbigliamento più diffuso al mondo e, da qualche giorno, è diventato anche indumento assai controverso e tutto a causa di una pubblicità del brand di statunitense American Eagle, storico produttore di articoli denim low cost. 

Lo scorso 23 luglio il marchio ha lanciato una campagna pubblicitaria con l’attrice Sydney Sweeney (protagonista di alcune serie di fama mondiale come The Handmaid’s TaleThe white Lotus ed Euphoria) per promuovere la nuova collezione di jeans. La Sweeney, bellissima e dai tratti chiaramente caucasici – bionda, occhi azzurri e di carnagione chiara – afferma ammiccante davanti alla videocamera: “I geni si trasmettono dai genitori alla loro prole e spesso determinano alcune caratteristiche, come il colore dei capelli, la personalità e perfino il colore degli occhi…i miei jeans sono blu”. La questione nasce da un’assonanza, visto che in inglese la parola jeans suona quasi esattamente come la parola geni, creando così, nel contesto dello spot, un gioco di parole e di significati ambiguo.

Il video incriminato è sparito in fretta dalle pagine social del brand, ma non abbastanza velocemente da evitare la bufera scatenata soprattutto dagli utenti di TikTok, dove la campagna non solo è stata contestata per la sua mancata inclusività – avendo come protagonista una sex symbol dalla fisicità perfetta – ma è stata accusata di aver promosso suprematismo bianco, purezza razziale e propaganda nazista, tirando fuori anche le teorie eugenetiche.

Sui social di America Eagle, sui cartelloni per strada e perfino a Times Square, infatti, sono stati pubblicati contenuti promozionali che mantenevano lo slogan iniziale “Sydney Sweeney has great Jeans” (Sidney Sweeney ha dei bei jeans, n.d.r.), compreso un video in cui la protagonista cancella da un manifesto pubblicitario la parola geni dalla stessa frase e la sostituisce con Jeans.

Il caso ha subito fatto il giro del mondo e ha inevitabilmente scatenato un acceso dibattito nell’opinione pubblica. Rachel Tashjian, critica di moda per il Washington Post ha affermato che questo spot “fa parte di un’ondata di immagini di influencer, star e musicisti che sembrano legati ai valori di un’altra epoca. Negli ultimi anni, la moda e la cultura pop sembravano interessate, persino dedite, alla positività del corpo. Ora ci vengono propinate immagini di magrezza, bianchezza e ricchezza sfacciata”. Un cambio di rotta, dunque, che potrebbe essere ricondotto all’ondata di conservatorismo che si sta diffondendo non solo negli Stati Uniti, con un ritorno alle ideologie suprematiste e alla celebrazione della donna dalle forme perfette, oggetto del desiderio sia femminile che maschile, visto che alcune donne vorrebbero somigliarle e molti uomini ne sono sedotti.

Non si è fatta attendere la reazione degli esponenti repubblicani. lI senatore Ted Cruz ha scritto su X: “Wow. Ora la sinistra pazza si è scagliata contro le belle donne. Sono sicuro che questo avrà un buon riscontro nei sondaggi”.

Steven Cheung, responsabile della comunicazione della Casa Bianca ha definito il caso come un episodio di “Cancel Culture impazzita”. Anche il Vicepresidente Vance si è espresso in maniera dura: “Il mio consiglio politico ai Democratici è di continuare a dire che chiunque pensi che Sydney Sweeney sia attraente è un nazista. Questa sembra essere la loro vera strategia. Voglio dire, in realtà rivela qualcosa di piuttosto interessante sui Democratici, ovvero che c’è, tipo, una normale, bellissima ragazza americana che fa una normale pubblicità di jeans, giusto?” aggiungendo “non avete imparato niente dalle elezioni del novembre 2024? In realtà pensavo che una delle lezioni potessero imparare è che saremmo stati meno pazzi. E la lezione che a quanto pare hanno imparato è che attaccheremo le persone come nazisti perché pensano che Sydney Sweeney sia bella.”
Le parole di Vance, che in realtà racchiudono un po’ il pensiero generale della destra americana, legittimano l’ambiguità dello spot e, di conseguenza, il messaggio sottinteso che trasmette per focalizzarsi sul nuovo capitolo della politica dove tutto è concesso, tranne l’uguaglianza e l’inclusività.

Pochi giorni fa anche presidente Trump è intervenuto in difesa dell’attrice e, durante una breve intervista, quando una giornalista gli ha ricordato che la Sweeney è una repubblicana registrata, il tycoon ha affermato: “Ora adoro la sua pubblicità”. La risposta di American Eagle al caso, invece, è arrivata in maniera tardiva e con un post sui social dove scrive: “Sydney Sweeney Has Great Jeans è e sarà sempre incentrata sui jeans” e poi “Continueremo a celebrare il modo in cui tutti indossano i loro jeans con sicurezza, a modo loro. I jeans fantastici stanno bene a tutti.”

Sta di fatto che una pubblicità del genere di certo non sarebbe stata possibile in un clima politico diverso e un mercato meno incline ad una comunicazione che diventa sempre più elusiva e criptica, che non prende posizioni e allude a tutto e al contrario di tutto.

Seguendo questo filo, allora American Eagle esce da questa storia come il più onesto tra i marchi, che sacrificano – tardivamente – gli stereotipi sull’altare dell’inclusività per una scelta di sopravvivenza che, però, non ha nulla a che fare con la reale identità di marca o con l’interesse economico dei brand.

Perché se nessuna donna avesse più bisogno di sentirsi come Sydney Sweeney nei suoi jeans, o nessun uomo bianco volesse vedere la propria compagna con dei bei geni, cosa rimarrebbe effettivamente al mercato? Come scrive Laurie Penny in Meat Market. Carne femminile sul banco del capitalismo: “Se domani tutte le donne si svegliassero sentendosi a proprio agio e potenti nei loro corpi, le economie del globo collasserebbero nel giro di ventiquattro ore”.

Ecco che allora la rappresentazione stereotipata del genere e della razza mostra ancora, purtroppo, una necessità comunicativa e pubblicitaria che rischia di fomentare il ritorno di pericolose ideologie tanto idolatrate dal conservatorismo che caratterizza il nostro presente. 

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