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Un iperbolico spot di “Glovo” promette il mondo a portata di click

Una pubblicità che ha destato attenzione. Di questo conversiamo con Alessandro Prato, docente dell’ateneo senese ed esperto di pubblicità. Il crollo della rete sociale e i bisogni dei cittadini.

Un iperbolico spot di “Glovo” promette il mondo a portata di click
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6 Giugno 2024 - 19.04


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di Manuela Ballo

Ha destato attenzione l’ultima pubblicità di “Glovo”, una “app” alla quale ci rivolgiamo quando vogliamo che ci sia portato qualcosa a casa. Ma questa volta “Glovo” promette molto di più. “Siamo alla forma iperbolica, cioè, all’esagerazione. Ormai lo sappiamo, è una figura retorica alla quale fa ricorso la pubblicità”: è la prima considerazione del Professor Alessandro Prato, docente dell’ateneo senese.  Essendo rimasta colpita dai contenuti dello spot mi sono rivolta a lui per rintracciare i motivi di uno spot che promette, addirittura, di soddisfare “ogni tua insaziabile voglia, proponendo un modello valorale e seduttivo inverosimile, ma fingendo che sia reale”.

La sua stanza, al terzo piano dell’ex manicomio, è la tipica stanza di uno studioso: libri e tanti manifesti appesi alle pareti.  Ha una voce calma e si vede che riflette mentre parla. È incuriosito anche se un po’ scettico rispetto a quello che Glovo promette: “Mi sembra difficile che siano capaci di risolver tutto. C’è sicuramente un fondo di verità nel discorso che fanno, ma in questo caso specifico la promessa è portata all’eccesso, come avviene quasi sempre in questi meccanismi pubblicitari”.  Alessandro Prato spiega il fenomeno come se lo stesse facendo durante una delle sue lezioni: “La pubblicità tanto più è fittizia tanto più può risultare gradita all’utente. La persuasione del pubblico è strettamente connessa proprio a questo legame ed i pubblicitari lo sanno bene”.  

L’utente gradisce che “qualcuno lo sollevi dai compiti noiosi e ripetitivi della quotidianità”. Sia per quanto riguarda i prodotti futili, come le cuffie, ma anche per altri importanti prodotti come le medicine. “E’ da creduloni pensare -avverte- che la pubblicità sia verosimile: essa segue altre regole tra le quali quella di stabilire un’efficace relazione con il destinatario trasmettendo, in questo modo, l’idea che si può contare su di loro per qualsiasi cosa come viene mostrato in questo caso specifico”.

Questo meccanismo funziona ancora di più perché è venuta meno la rete sociale. Quando i cittadini avevano cioè bisogno di essere supportati o aiutati a trovare prontamente oggetti a loro utili potavano a quel punto rivolgersi alla famiglia, ai vicini e agli amici: ” Tutto questo sta venendo meno e quindi la pubblicità ha gioco facile nel sostituirsi a questa funzione. Con le tecniche seduttive della pubblicità dove non conta molto ciò che concretamente accade, ma ciò che viene promesso. La caratteristica della pubblicità non consiste nel ricalcare le esperienze quotidiane, ma nel condurci in sentieri affascinanti proprio per produrre effetti sul ricevente”.

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