Voto fuorisede: solo 25mila universitari alle urne | Culture
Top

Voto fuorisede: solo 25mila universitari alle urne

Quelli che ne hanno diritto, in questo turno elettorale, sono circa 500mila. Un passo in avanti, per certi versi una rivoluzione, accompagnata però da grandi peccati (si spera di gioventù). Il parere di alcuni studenti e la mia chiave di lettura.

Voto fuorisede: solo 25mila universitari alle urne
Voto studenti fuorisede
Preroll

redazione Modifica articolo

6 Giugno 2024 - 16.03


ATF

di Agostino Forgione

Le votazioni europee si avvicinano, così come la possibilità di poter votare da fuorisede. I numeri parlano chiaro: su più di 500mila studenti aventi diritto a fare richiesta per poter votare lontano dal proprio seggio d’appartenenza sono stati poco meno di 24mila. Circa il 4%.

Dopo anni di proteste finalmente qualcosa sembra essersi mosso, grazie alla possibilità di poter votare nel proprio comune di domicilio temporaneo per studenti e lavoratori lontani dalla propria residenza. Una vittoria? Forse è un azzardo considerarla come tale, più sensato dire si tratti di un primo vagito che marca la direzione verso cui, sperabilmente, protendere negli anni a venire.

“Europee: il flop dei fuorisede” è uno dei roboanti titoli battuti a riguardo, che tuttavia spesso mancano di una riflessione su dei numeri che, senza essere contestualizzati, valgono ben poco.  Da studente che rientra in quel 4% proverò a dare la mia chiave di lettura facendo qualcosa che, purtroppo, nessuno sembra aver fatto: parlare con altri studenti come me.

Anzitutto va rammentato che la legge in questione prevede di poter votare presso il proprio domicilio solo a coloro che hanno la residenza nella stessa circoscrizione elettorale, per tutti gli altri toccherà recarsi presso il capoluogo di regione: un pisano che studia a Siena potrà votare lì, ma da campano dovrò recarmi a Firenze. Quest’ultima circostanza è di certo più comoda rispetto a ritornare nel proprio comune di residenza, ma comunque richiede un certo dispendio sia economico che di tempo non sostenibile da tutti. A sintetizzare ciò le parole di uno studente d’ingegneria calabrese: “Ho fatto domanda – afferma – ma forse in quei giorni dovrò lavorare. In tal caso, purtroppo, non potrò recarmi alle urne”, afferma.

C’è poi da considerare un altro aspetto: invece di affrontare una procedura piuttosto farraginosa una buona parte degli studenti, soprattutto quelli che studiano nella loro stessa circoscrizione, ha preferito ritornare a casa per esprimere il voto. Studiando qui a Siena è questa la risposta che mi sono sentito dare più spesso dagli studenti toscani. “Sono di Lucca, sapevo di poter votare qui a Siena ma non ho capito bene quale fosse la procedura per farlo. Non mi è sembrata immediata e dato che casa dista solo due ore di viaggio non ho approfondito, preferendo rincasare” ha dichiarato uno studente di lettere. Parole molto simili a quelle che mi sono sentito ripetere più e più volte. Non stupisce, infatti, che la stragrande maggioranza delle domande di voto fuorisede pervenute riguardino studenti appartenenti un’atra circoscrizione: sono 9 su 10.

Infine c’è un ulteriore punto da tenere presente: la scarsa comunicazione da parte delle università, dei media e dello Stato circa questa nuova modalità di voto. “Oh ma come si fa per votare qui?” mi ha scritto una settimana fa un’amica, ben dopo il termine ultimo per presentare domanda. “Mi avrebbe fatto piacere votare qui ma ho saputo di tale possibilità solo qualche giorno fa” dichiara un altro studente. Confrontandomi con i miei colleghi solo una metà, a essere generoso, sapeva di questa nuova legge. Colpa loro? Se sì di certo solo parzialmente.

Il nodo cruciale rimane tuttavia un altro: davvero per votare c’è ancora bisogno di recarsi fisicamente alle urne? Se di sicuro esiste una parte di elettori che preferisce tale modalità, a molti altri farebbe comodo poter votare telematicamente. Alquanto anacronistico che a oggi, con tutti i sistemi di identità digitale esistenti come lo SPID o la CIE, ciò rimanga solo un’utopia.

Cosa affermare dunque in conclusione? Da studente distante quasi sette ore di viaggio dalla mia residenza apprezzo di poter andare a votare affrontandone solo un paio tra andata e ritorno. Non tutti però sono fortunati come me da poter sacrificare almeno mezza giornata. In sunto, come scritto in principio, credo che la legge attuale sia da considerarsi solo come un’apripista a nuove modalità di voto che tengano conto dell’elevata mobilità geografica odierna. Un passo avanti, di certo, che tuttavia ancora si porta dietro gli strascichi della nostra farraginosa burocrazia. 

Native

Articoli correlati