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La politica è assente? Ora ci pensano i movimenti a contrastare violenza in Iran, disuguaglianze e disastri ambientali

Un clima di violenza e soprusi sta dilagando ormai da qualche tempo. All’assenza della classe politica fa riscontro la voglia di riscatto da parte dei cittadini che si auto-organizzano.

La politica è assente? Ora ci pensano i movimenti a contrastare violenza in Iran,  disuguaglianze e disastri ambientali
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23 Gennaio 2023 - 15.48


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di Manuela Ballo

A poche settimane dall’ingresso nel nuovo anno il clima è lo stesso dell’anno appena passato. Di quale clima parlo? Non di quello ambientale che sta lentamente distruggendo il pianeta e contro il quale manifestano migliaia di giovani in tutto il mondo. Né di quello atmosferico che ci fa passare, in un attimo, dal caldo sole estivo, pur essendo in inverno, al freddo polare degli ultimi giorni.
Parlo del “clima” inteso come quel complesso di situazioni politiche e culturali che caratterizzano un Paese, il nostro. Cantava Lucio Dalla “l’anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va”.

Non va, cioè, per il clima di violenza che ha caratterizzato e continua a caratterizzare i nostri giorni: violenze, guerre e soprusi sulle minoranze oltre alle disuguaglianze che si ingigantiscono sempre più trasformando il nostro mondo in più mondi che coesistono: per dirlo con le parole amare di Levi – forzando un concetto da lui usato in altre drammatiche vicende della storia – quello dei “sommersi”, costretti alla fame e alla malattie e i “salvati”, quelli che vedono crescere sempre più, come moderni Paperoni, le proprie ricchezze e il proprio benessere.

Quel che più colpisce è come tutto ciò resti lontano dall’arena politica. I partiti ad altro pensano e di altro parlano. Prendiamo ciò che avviene nell’antica Persia, cioè in Iran. I dittatori in nome di un Dio violentano donne e arrestano giovani; sparano sulla folla che protesta; impiccano, in pubblica piazza, dei cittadini senza processo: un atto di violenza che suona anche come ammonimento.Solo sottovoce si fanno sentire rappresentanti dell’evoluto Occidente. Anche i partiti non si mobilitano: ne parlano come uno dei tanti problemi in agenda. Sarebbe stato così anche un tempo? chiedo. Sarebbe stato così anche quando esistevano dei partiti e sindacati democratici di massa? Oggi a dispiegare a pieno la loro voce, con appelli e manifestazioni, sono artisti, uomini e donne di cultura. Sono molti gli osservatori che fanno notare questo mutare del clima politico e culturale. Hanno ragione.

Un processo analogo è quello che riguarda la salvaguardia dell’ambiente. Ci sono giovani in Europa che buttano, magari sbagliando, il loro cuore oltre il conformismo di una società che unanime dice di volere un “mondo green” ma che in realtà non accetta alcun reale cambiamento. Nuovi movimenti, spuntati da poco anche in Italia, ormai lontani dai metodi e dalle pratiche che hanno caratterizzato i movimenti ambientalisti tradizionali.
Fanno male, questi movimenti, a sporcare un mondo già troppo sporco. Un mondo che andrebbe, invece, tenuto pulito. Ma è il loro modo per dire “ci siamo”: siamo qui, salviamo il pianeta. Lo fanno forse male, ma lo fanno per dire ai media e alla politica che quella ambientale è una vera urgenza. Ma la politica sembra più interessata a giocare un ruolo giudicante su questi giovani. D’altra parte ci sono elezioni importanti alle porte.

C’è da chiedersi, proprio all’inizio di questo 2023, che fine abbiano fatto gli uomini e le donne impegnati in politica. C’è da chiedersi dove siano finiti i grandi partiti di massa che fino a non molti anni fa si ergevano in prima linea nelle battaglie sociali. Le mobilitazioni per le grandi cause sono diventate sempre più parte di un interesse giovanile o di gruppi di società civile che, sfuggendo alle pratiche omologanti che ci propina un modello sempre più verticale di società di massa, si auto-organizzano, lontano da quei centri e quei luoghi in cui si organizzava, appunto, la protesta. Siamo diventati sempre più globali ma meno internazionalisti. Siamo diventati più tecnologici ma sempre meno umani.

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