Buffalo Bill, leggenda della "Frontiera" | Culture
Top

Buffalo Bill, leggenda della "Frontiera"

Soldato e poi cacciatore di bisonti, William Frederick Cody, trasferì la sua vita avventurosa delle terre selvagge del West in uno spettacolo itinerante. Venne anche in Italia e fu costretto a misurarsi con i butteri dell'agro-pontino.

Buffalo Bill, leggenda della "Frontiera"
Buffalo Bill a Roma nel 1890 (da Wikipedia)
Preroll

Marcello Cecconi Modifica articolo

5 Maggio 2022 - 10.02


ATF

Buffalo Bill. Al solo pronunciarne il nome si apre il mondo del leggendario. Sì, proprio leggendario e non solo immaginario come quello dei Pecos Bill, Tex Willer e Kit Karson eroi dei fumetti a contenuto western e miti che hanno attraversato il vecchio secolo, quello in cui la “carta” non era stata ancora sfilacciata dalla rete. Buffalo Bill, dicevo, era il nome d’arte di un uomo in carne e ossa nato nello Iowa nel 1846 e che si chiamava William Frederick Cody e anche per chi non ha la “fregola” del West sa chi è e lo ricorda come una delle emblematiche figure dell’epopea della ”Frontiera”. E, se ce ne fosse bisogno, la memoria è stata rinforzata dalla canzone di De Gregori a lui dedicata nel 1976.

Buffalo Bill in una particolare interpretazione con F. De Gregori, F. Mannoia, R. Cellamare, P. Daniele

W. F. Cody si fece onore con gli stati dell’Unione nella guerra di Secessione e assurse alle cronache per aver vendicato il generale Cluster fatto fuori dai Cheyenne nella battaglia di Little Bighorn. In quell’occasione uccise e prese lo scalpo di uno dei guerrieri di quella tribù. Successivamente si trasformò in un avventuroso cacciatore di bisonti e pare che tra il 1868 e il 1872 ne avesse uccisi più di quattromila, ma divenne famoso e ricco per aver saputo coraggiosamente e astutamente trasferire le avventure della sua vita in spettacolo.

Tutto ebbe inizio quando ancora cacciava bisonti e lo scrittore Ned Buntline scrisse un romanzo sulle sue avventure intitolandolo Buffalo Bill, il re degli uomini di confine. Dopo l’incontro che i due ebbero nel 1872, il romanzo fu adattato a una rappresentazione teatrale “The Scouts of the Prairie” che debuttò a Chicago. Lo spettacolo vide la partecipazione dello scrittore, di Cody stesso oltre a quella della ballerina Giuseppina Morlacchi di chiara origine italiana. Si ebbero rappresentazioni in molti teatri americani per un paio di anni.

Il colonnello Cody continuava a suddividersi fra teatro e caccia ai bisonti finché, nel 1883, si mise in proprio con uno spettacolo tutto suo. Fondò il “Buffalo Bill’s Wild West” iniziando con delle rappresentazioni all’aperto, una specie di circo-rivista avanspettacolo, dove puntava su classici stereotipi romantici di cowboy, scout dell’esercito, indiani, fuorilegge e animali selvatici classici del West americano. Si mischiavano narrazioni elaborate di eventi realmente accaduti ad altre inventate e facevano sensazione soprattutto le rappresentazioni semplicistiche dei nativi americani. Gli spettacoli presentavano molti artisti e personalità anche occidentali e, per questo, oltre che in America viaggiavano spesso anche in Europa. Nel 1887 fu invitato al giubileo della Regina Vittoria a Londra e due anni dopo in Francia per l’Esposizione Universale che vide anche l’inaugurazione della Torre Eiffel.

Nel 1890, l’eroe americano, fu per la prima volta in Italia e le città dove passò il Wild West Show di Bill Cody furono Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Milano, Verona e Venezia. Il tutto avvenne da gennaio ad aprile con alcune curiosità da segnalare. Roma fu tappa importante, e il 3 marzo Pecos Bill e la sua compagnia furono inviatati alla Cappella Sistina in occasione del decimo anniversario dell’incoronazione di Leone XIII.  Roma fu per lui anche una delusione. L’americano avrebbe voluto organizzare uno spettacolo al Colosseo ma gli fu concesso solo un’area chiamata Prati di Castello.

Come si racconta, fu qui che l’8 marzo nacque un’accesa discussione tra l’eroe del selvaggio West ed il duca Caetani di Sermoneta, latifondista dell’agro-pontino, il quale lo provocava sostenendo la miglior abilità dei suoi butteri rispetto ai cowboys americani. Sfida accettata, in gioco una grossa cifra per allora, 500 lire se uno dei butteri fosse stato capace di domare un mustang americano. Il capo dei butteri, Augusto Imperiali, detto “Agustarello”, con grande sorpresa per l’americano, ci riuscì in pochissimi minuti compiendo l’ultimo giro di campo con le redini in una sola mano e facendo svolazzare con l’altra mano il cappello in segno di vittoria. Chissà se sarà andata proprio così, pare comunque che Buffalo Bill non abbia mai pagato la scommessa

A maggio del 1893 rinnovò lo spettacolo con il nome “Wild West di Buffalo Bill e Congress of Rough Riders of the World e con questa nuova edizione fu ospite alla Fiera mondiale di Chicago. Il successo sarebbe continuato anche nei primi anni del Novecento ma il mito della “frontiera americana” stava cadendo. L’americanizzazione, come diceva allora Frederick Jackson Turner, si era ormai compiuta. La formazione della spigolosa identità americana frutto della fusione della civiltà dei coloni con l’asprezza delle terre selvagge mano a mano conquistate aveva terminato il primo grande percorso. Nasceva il mito del Far West.

Native

Articoli correlati