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Basta con gli slogan alla Youth4Climate

Ciò che rimane di concreto è veramente poco. Eppure siamo noi i protagonisti, e la generazione di domani che dovrà prendere sulle spalle il futuro del pianeta

Basta con gli slogan alla Youth4Climate
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24 Ottobre 2021 - 10.44


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di Giuseppe Castellino

Quelle pronunciate a Milano poche settimane fa alla Youth4Climate, sono belle parole, nessuno lo mette in dubbio. Ma, appunto, sono solo parole.  Con il passare del tempo sono rimasto perplesso e con una sensazione di amaro in bocca. I motivi sono molteplici e da ricercarsi anche fuori da queste conferenze. Partiamo da Youth4Climate. L’idea che mi sono fatto, e che si è fatta anche tanta altra gente è molto deprimente.  Questa conferenza con 400 giovani venuti da ogni parte del globo non è stata altro che una semplice vetrina. 

Guarda come sono belli questi giovani che hanno a cuore il futuro del pianeta, lodevole la loro lotta contro il disastro climatico; infatti, credo che a questo punto usare il termine cambiamento sia riduttivo. È come se i potenti della terra dicessero: vi diamo questo spazio, parlate al pubblico, fate sentire la vostra voce magari accusando noi stessi di immobilismo e di “Bla bla bla”.  Avete Finito?  adesso scendete dal palco che noi potenti dobbiamo discutere di cose serie.
La dimostrazione più lampante di questo pensiero e di questa sceneggiata mi viene confermata da un video.  Il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani ha avuto modo di scambiare due battute con l’attivista Greta Thunberg, non nascondendo un certo timore di fronte a qualche risposta magari negativa dell’attivista. 
 
Finito questo incontro, vedo in rete un breve video di 40 secondi nel quale i il ministro, parlando  con un suo collaboratore si autopromuove a pieni voti. Sento dire: “Non c’è Greta che tenga” e altre parole di soddisfazione per quanto si sia sentito convincente.  Questo filmato è l’emblema palese di come si è svolta la conferenza sul clima, e purtroppo anche su quali frutti darà.
L’amara verità è che la strada imboccata sia la più sbagliata. Come si può pensare di rivoluzionare il mondo, se non sono coinvolti in maniera attiva i loro futuri abitanti? Questi atteggiamenti di oggi mi ricordano quelli avuti durante la Guerra fredda, dove le sorti del paese venivano decise senza il consulto dei cittadini dell’uno o dell’ altro  paese. Risultati? Disastri continui nel modo di intrattenere i rapporti tra gli stati, tanto che continuiamo per molti versi a pagarne le conseguenze, vedi l’Afghanistan.

Come possiamo dunque anche solo immaginare di risolvere la questione se a decidere non ci sono i rappresentanti dei Paesi che inquinano di più o danneggiano di più il pianeta? Parlo per esempio della Cina. Per capire quanto sia fondamentale che questo paese partecipi alla conferenza basta un dato: la nazione del dragone produce circa il 28% di C02 rispetto agli altri. E gli stessi paesi in via di sviluppo corrono il rischio di non poter partecipare, proprio loro che avrebbero il potenziale per dare un impronta green allo sviluppo del proprio Paese. Solo queste poche considerazioni mi fanno pensare la futura Cop26 partirà mezza zoppa, e questo è un grande pericolo se consideriamo che in questa corsa contro il tempo ci vorrebbe  uno scatto  deciso da parte di tutti i paesi.

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