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Creonte e il potere: Luciano Violante analizza l’esperienza politica alla luce del mito

Il libro riflette acutamente sulla natura e le insidie del potere attraverso il mito, perché, come scrisse il filosofo del IV secolo Saturnino Salustio, “queste cose non avvennero mai, ma sono sempre”

Creonte e il potere: Luciano Violante analizza l’esperienza politica alla luce del mito
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20 Febbraio 2021 - 10.45


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Luciano Violante, già docente universitario e magistrato, parlamentare e Presidente della Camera dei deputati, ora impegnato in un’attività di divulgazione e approfondimento sui temi della giustizia e della politica, nel suo ultimo studio, Insegna Creonte. Tre errori nell’esercizio del potere (Il Mulino, pp. 158, € 12), riflette acutamente sulla natura e le insidie del potere, e lo fa attraverso il mito, sempre attuale perché, come scrisse il filosofo del IV secolo Saturnino Salustio, “Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre”.

E così la vicenda euripidea di Antigone, condannata a morte dallo zio Creonte – sovrano di Tebe – per aver deciso di dare sepoltura, contro l’editto del re, al fratello Polinice, morto nel conflitto che l’aveva opposto al gemello Eteocle, rifiutatosi di cedergli lo scettro, diventa il punto di partenza per una serie di considerazioni sui tanti errori in cui l’uomo politico non accorto e misurato può incorrere, trascinando nella rovina non solo se stesso e la sua reputazione, ma purtroppo anche la comunità che amministra.

Che sia per imprudenza, per superbia o per incauta sopravvalutazione delle proprie capacità, il governante non in grado di gestire con criterio la cosa pubblica vedrà prima o poi crollare il suo primato in modo tanto più catastrofico quanto meno avrà cercato un dialogo con gli oppositori, un compromesso che – si badi bene – non va inteso in senso negativo, bensì come strumento per giungere a una soluzione utile al superiore interesse dei cittadini.

Al politico non basta infatti presumere di agire nel migliore dei modi, assumersi in prima persona la responsabilità delle scelte, salvaguardare la polis: egli deve – nello spirito più genuino della democrazia – esercitare la persuasione nei confronti dell’avversario senza lasciarsi sopraffare dall’ira, senza mai perdere il proprio equilibrio, e soprattutto senza credersi investito di un potere considerato come status e non come servizio.

In questa profonda disamina la figura di Creonte ricorre paradigmaticamente a mo’ di esempio negativo: il suo insegnamento, per richiamare il titolo del volume, scaturisce appunto dagli errori che commette, prigioniero della propria arroganza, nell’ostinarsi a punire la nipote contravvenendo così alle leggi ancestrali stabilite dagli dèi agli inizi dei tempi. Gli stessi errori che il leader deve evitare a ogni costo, pena la sua scomparsa dalla scena in maniera più o meno indolore.    

Nello svolgere queste argomentazioni Violante si avvale di esempi tratti dalla storia e dall’attualità politica, di aneddoti personali, di citazioni filosofiche e letterarie che innervano e vivacizzano il testo, spesso venato dal disincanto e da una certa amarezza, ma sostenuto dall’umiltà di chi riconosce a se stesso lo sforzo costante di apprendere dai propri sbagli, la constatazione serena della finitezza, dell’imperfezione.

Le qualità della resilienza, del coraggio, del rispetto nei confronti degli altri, la necessità di acquisire una preparazione culturale e professionale adeguata, diventano allora i principi che dovrebbero orientare i comportamenti personali e, a maggior ragione, quelli politici. Ecco dunque che questo libro assume una connotazione etica: quasi in un colloquio con se stesso alla maniera di Marco Aurelio, attraverso una serie di meditazioni, di ricordi, di pensieri che sul filo della memoria ripercorrono una lunga carriera al servizio dello Stato e insieme vogliono indicare un percorso intellettuale e critico prezioso per chiunque si accinga all’oneroso impegno istituzionale, con il preciso mandato di assolvere una funzione formativa dell’opinione pubblica, quella nobile missione che di rado, o quasi mai, le classi dirigenti riescono a svolgere.

Ma le notazioni qui raccolte – spesso profondamente toccanti, sempre sagaci – forniranno spunto di riflessione anche ai cittadini che vogliano rendersi consapevole dei propri doveri e che, per citare de Tocqueville, intendano essere “patriottici, informati, attivi, dotati di spirito pubblico e disposti a partecipare alle questioni politiche”. Insomma, l’essenza della democrazia.

Una lettura invero attuale in questi tempi grami di infimi politici e poteri dissennati, che per perseguire i loro squallidi interessi uccidono il bene pubblico.

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