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Amitav Ghosh: sull’emergenza climatica gli scrittori sono troppo distratti

Il narratore e saggista a Torino per il romanzo “L’isola dei fucili” su una Venezia allagata, l’India e Los Angeles: «Folli politiche in molti Stati, scendiamo in piazza»

Amitav Ghosh: sull’emergenza climatica gli scrittori sono troppo distratti
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22 Novembre 2019 - 14.12


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di Natalia Samonà

“Perché la letteratura non affronta la questione ambientale? Perché non parla dei cambiamenti climatici?”: sono state le due domande d’esordio, poste da Amitav Ghosh, in occasione della presentazione a Torino del suo ultimo libro: L’isola dei fucili, Neri Pozza, 2019 (315 pagine, 18 €, traduzione di Anna Nadotti e Norman Gobetti). “Perché l’uomo è estremamente omocentrico”. La questione ambientale è invece uno dei fulcri del pensiero e della letteratura dello scrittore bengalese: si pensi al saggio del 2017, La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile (Neri Pozza), dove per “grande cecità” si intende proprio l’incapacità del nostro tempo di affrontare, mettendola in discussione, la nostra visione del mondo e di accettare le previsioni degli scienziati riguardanti le catastrofi ambientali. Ma la questione è indissolubilmente intrecciata anche alla trama del suo nuovo romanzo, oggetto dell’incontro che si è tenuto pochi giorni fa presso La Fabbrica delle “e”, la sede del Gruppo Abele di Torino.

Da una leggenda indiana a Los Angeles e Venezia allagata
Motore di avvio della vicenda è infatti un’antica leggenda indiana sul conflitto tra la dea dei serpenti e un ricco mercante, facilmente identificabili con Natura e Profitto, che sfocia in aperto scontro e in una persecuzione senza tregua da parte della dea, fino ad arrivare a una soluzione soltanto nel momento in cui il mercante acconsente a costruirle un tempio. Sulle tracce della leggenda il protagonista del romanzo, che vive ai giorni nostri, compie un viaggio tra l’India, Los Angeles e Venezia che riattualizza il significato del mito sull’eterno conflitto tra Natura e Profitto, conferendogli connotati per certi versi drammatici. Valga come esempio la tappa a Venezia allagata che, in relazione ai fatti recenti, sembra tradire una chiaroveggenza dell’autore, ma che in realtà è frutto soltanto di una sua profonda conoscenza della Serenissima e dei suoi problemi.

“Molti Stati adottano politiche folli”
“L’aspetto incredibile della situazione in cui ci troviamo oggi è che, malgrado questa crisi che ci colpisce a livello mondiale, vediamo molti Stati, a livello internazionale, adottare politiche che sono folli” ha dichiarato Ghosh in un’intervista rilasciata durante la stessa occasione. “Possiamo rivedere il nostro ruolo come consumatori, ma se il cambiamento è solo a livello individuale non basterà per la risoluzione della crisi, per la quale occorrono cambiamenti su scala più ampia”. Conclude però la riflessione con un’esortazione importante che va di pari passo con l’ammirazione esplicitata in più contesti per Greta Thunberg e il movimento del Friday for Future: “c’è una cosa che possiamo fare individualmente: impegnarci politicamente e scendere nelle piazze”.

Qui il link dell’intervista del gruppo Abele

“L’homo sapiens che sa più delle altre creature è un’invenzione”
Dunque la letteratura ha il dovere di affrontare la questione ambientale e di parlare dei cambiamenti climatici: occorre scardinare d’urgenza la visione omocentrica che caratterizza la modernità e che si manifesta nell’atteggiamento per cui “di tutto il resto chi se ne frega”, producendo effetti devastanti nel nostro pianeta. E la letteratura può e deve avere un ruolo d’avanguardia in questa direzione. “L’homo sapiens,” ha detto Ghosh durante l’incontro, “inteso come l’uomo bianco che ne sa di più delle altre creature, è un’invenzione recente” che va ripensata. È per questo nel suo ultimo romanzo, ma in generale nelle sue opere, è fortemente presente l’elemento non umano. La letteratura così intesa diventa uno strumento per permettere di avere uno spazio rappresentativo a ciò che, a causa della visione omocentrica della modernità, spesso non ce l’ha: la natura, le piante e gli animali; ma anche di dare voce e spessore simbolico a chi tradizionalmente rimane escluso dalle categorie della cultura dominante: donne (forti, ragionanti e combattive), poveri, migranti.

“Migrazioni, racconto le storie di chi migra”
Sul fenomeno migratorio, che costituisce un forte tema del romanzo, ha dichiarato lo scrittore: “si parla sempre di politiche migratorie, io invece ho voluto guardare al tutto da un punto di vista diverso: raccontare le storie dei migranti che sono spesso storie di dolore”. Ha poi sottolineato come la questione non venga mai collegata, mentre lo è, ai disastri ambientali: viviamo oggi in un mondo globale senza più confini, in cui la vita reale si è rovesciata sui confini e li ha eliminati. E la letteratura, sempre secondo Ghosh, si deve adattare a questo cambiamento, assolvendo il compito di raccontare il mondo per quello che è.

L’evento era inserito nel calendario di “Aspettando il Salone”, percorso di incontri precedenti il Salone internazionale del libro 2020 di Torino. Hanno conversato con lui, la giornalista Paola Caridi e la scrittrice Anna Nadotti, traduttrice insieme a Norman Gobetti dell’edizione italiana del romanzo e grande amica dello stesso scrittore che le dedica, infatti, il volume. Era presente anche un’interprete che si è limitata a tradurre per la platea le risposte in inglese dello scrittore, il quale comprende perfettamente l’italiano e non ha avuto bisogno della traduzione delle domande. La conferenza è stata partecipata: il pubblico numeroso ha posto interrogativi che hanno permesso di sviluppare ulteriormente, e in modo non banale, il dibattito. È seguito un lungo firmacopie cui Ghosh si è offerto, gentile e pacato, riuscendo a scambiare qualche parola con ognuna delle pur molte persone in fila.

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