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In questo modo Andrea Camilleri ha rivitalizzato il giallo

Una narrazione vera, densa di stile e contenuti. La sua Vigata è come i luoghi immaginati da Marquez o Faulkner

In questo modo Andrea Camilleri ha rivitalizzato il giallo
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17 Luglio 2019 - 09.39


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di Enzo Verrengia

La cecità da cui era afflitto negli ultimi anni lo accomunava a Borges, e tutti e due al più grande dei grandi, Omero. Che poi il commissario Montalbano abbia consumato la sua odissea tra Vigata, Marinella e Montereale, questo non rende meno significativo e appassionante l’itinerario umano, prima che poliziesco, del suo protagonista di culto.

La sua figura si staglia netta e autorevole
Ma Andrea Camilleri non era soltanto questo. La sua figura si staglia netta e autorevole sullo sfondo paurosamente impoverito della letteratura italiana dagli anni ’80 in poi. Ogni nuovo libro di Camilleri costituiva un ritorno a quella densità di stile e contenuti che sembrava – e sembra ancora di più adesso – destinata a perdersi definitivamente nell’idiozia diffusa di certo giovanilismo, nella frenetica ricorsa al best seller di editori incapaci fare cultura e nell’afasia della critica una volta militante.
Risultato di un processo che l’interessato così riepilogava: «Quanto più i miei libri appaiono facili, tanto più è stato complesso scriverli. Quando si gioca a un continuo rovesciamento di quelle che sembrano verità, bisogna fare molta attenzione a che la verità presentata per breve tempo come tale appaia sfericamente inattaccabile».
Sono i principi della Narrazione con la N masiuscola e non il suo equivalente espropriato dagli “opinionisti” e dai politici d’accatto nei talk show. Principi che peraltro arrivano da chi nella televisione ci aveva lavorato, contribuendo a farne un prolungamento catodico degli strumenti di conoscenza ed erudizione. Non solo gli sceneggiati di Maigret, ma anche i numerosi adattamenti di classici ineludibili, cui Camilleri collaborò da sceneggiatore e direttore di produzione.

Perché ha scelto un poliziotto
Tutto questo ne irrobustì la sua dotazione espressiva, fino al punto di farne il candidato ideale di un’altra rivitalizzazione letteraria, quella del genere, e nello specifico, del giallo.
Ricorda Camilleri: «Dovevo per forza scegliere, dato che gli investigatori privati in Italia hanno campi limitati di indagine, un investigatore istituzionale. O un poliziotto o un carabiniere. Scelsi un poliziotto perché mi sembrò potesse avere più libertà di azione rispetto ai carabinieri i quali, essendo militari, devono obbedire a troppe rigide regole. In sostanza, un poliziotto, quando vuole capire le cose, le capisce; un carabiniere non ha scelta: non può voler capire o no. O capisce o non capisce».
E Montalbano capisce quasi tutto, tranne le donne. A partire dalla sua Livia, che accetta di vivere a distanza il suo ruolo da eterna fidanzata non solo perché lo ama, ma anche perché in questo modo mantiene la sua libertà. Perfino a costo di pagare il prezzo più duro per una donna, la rinuncia alla maternità.

La galleria di personaggi si dilata dalla “sua” Vigata
La galleria di personaggi creati da Camilleri per attorniare il suo protagonista si dilata in quella dei romanzi storici e dell’epopea di Vigata, che da location per le inchieste del commissario diviene un luogo dell’anima e del tempo, come il Wessex di Thomas Hardy, il Macondo di Gabriel Garçia Marquez e la contea di Yoknapatawpha di Thomas Faulkner.
Di quel lembo autoriale della Sicilia ormai si conoscono anche il passato, le leggende, i segreti inconfessabili, in un’allegoria a volte picaresca a volte pirandelliana.

Camilleri voleva abolire il colore giallo in letteratura
Poi c’è il Camilleri svincolato da quelle coordinate di sua stessa invenzione. Di recente aveva pubblicato Km123 nella collana dedicata da Mondadori alla celebrazione del 90º anno di uscita del giallo settimana. Al crocevia tra il Georges Feydeau de L’albergo del libero scambio, la Agatha Christie di Testimone d’accusa e l’Eugène Ionesco de La cantatrice calva. Un rimando teatrale, questo, perfettamente in tema con i trascorsi anche scenici del Camilleri insegnante all’Accademia di Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, appena rinnovati con il suo Tiresia.
Lui stesso, nell’appendice di Km 123, enumerava suoi predecessori nel giallo italiano provenienti dalla drammaturgia, che obbliga alla concisione e al ritmo del romanzo poliziesco. Per il quale Camilleri proponeva, con il gusto del paradosso, «l’abolizione, in letteratura, di questo colore» per definirlo.

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