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Lo Stato compra le lettere di Leopardi e Ungaretti (e due di Pasolini)

Il Ministero dei beni culturali acquisisce tre epistole del poeta di Recanati per 100mila euro, 630 carte dell’autore dell’Allegria per 125mila euro. Erano destinate all'asta

Lo Stato compra le lettere di Leopardi e Ungaretti (e due di Pasolini)
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6 Luglio 2018 - 16.42


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“Non so se ci sieno più asini o più birbanti: so bene che tutti son l’uno e l’altro”. Dove? A Recanati. Lo scrive, come avrete immaginato, Giacomo Leopardi. Lo scrive in una delle “Epistole dolenti”, le lettere scritte all’amico, compagno di riflessioni filosofiche e storico della medicina a Macerata Francesco Puccinotti ed è uno dei tre documenti leopardiani acquisiti dalla la Direzione generale Biblioteche e Istituti culturali del Ministero dei beni e attività culturali (con il neoministro Alberto Bonisoli il turismo è passato all’agricoltura, scelta che francamente rende perplessi) insieme a carteggi di Giuseppe Ungaretti. I documenti, informa il Mibac, stavano per andare all’asta da Minerva-Finarte. Come fa sapere il ministro, i tre testi dell’autore dell’Infinito andranno alla Biblioteca nazionale di Napoli (che ha l’80% del patrimonio documentario del poeta), le 630 carte dell’autore novecentesco (166 sono lettere) devono andare alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.

I documenti erano vincolati. Il ministero li ha meritoriamente comprati, perché siano di proprietà pubblica, “a trattativa privata, alla cifra di 125.000 euro per il blocco Ungaretti e 100.000 euro per le epistole di Leopardi”. Nella lettera inviata da Bologna il 14 aprile 1826 a Puccinotti il poeta-filosofo di Recanati riflette che la reputazione di un uomo “non dipende dal posto che siate per occupare ma dalla vostra scienza e dal vostro ingegno”. Nel testo del 23 aprile 1827 parla della cittadina natale da cui scappar via. La terza lettera è stata inviata da Firenze il 16 agosto 1827: qui Leopardi si dichiara “travagliato come sono da un’estrema debolezza de’ nervi degli occhi e della testa, la quale mi obbliga ad un ozio più tristo assai della morte” e scrive che l’unica logica conclusione è pensare alla morte, poiché anche la filosofia, seppur da un lato sia rimedio alla noia, alla fine annoia “essa medesima”.

Il corpus di Ungaretti comprende manoscritti e carteggi per lo più dagli anni ’40 e ’50 ordinati in 13 cartelline dal genero del poeta, Mario Lafragola, di cui fa parte una copiosa e varia corrispondenza. Le lettere sono indirizzate a Corrado Alvaro, Riccardo Bacchelli, Attilio Bertolucci, Carlo Betocchi, Giorgio Caproni, Alfonso Gatto, Mario Luzi, Lalla Romano, Edoardo Sanguineti, Leonardo Sciascia, Vittorio Sereni, Ignazio Silone, Elio Vittorini, Andrea Zanzotto, Cesare Zavattini. Ci sono anche due lettere di Pierpaolo Pasolini. Una è del 16 settembre 1954; nella seconda, del 25 giugno 1956, “l’autore di Ragazzi di vita chiede ad Ungaretti di fargli da testimone al processo contro il romanzo apparso nel 1955”.
Ci sono anche stesure di poesie, prose, testi critici, lezioni universitarie, bozze e appunti. Vanno nella Biblioteca Spazi900, museo permanente della letteratura italiana novecentesca creato nel 2015, il primo in una biblioteca pubblica statale.

Va da sé che tutto questo patrimonio dovrà essere messo a disposizione di studenti e studiosi.

 

 

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