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L'ultimo di Le Carré: lo spionaggio come metafora della realtà

Abbiamo letto (in inglese, ma sta per essere tradotto anche da noi) il nuovo libro dell'autore inglese: si intitola "A Legacy of Spies" e chiude il cerchio inaugurato da "La spia che venne dal freddo"

L'ultimo di Le Carré:  lo spionaggio come metafora della realtà
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30 Settembre 2017 - 10.52


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di Enzo Verrengia

 

Con A Legacy of Spies John Le Carré chiude il suo cerchio romanzesco intorno al capolavoro che lo lanciò negli ormai remoti anni ’60, La spia che venne dal freddo. Solo un grande autore può permettersi una simile impresa. Questa infatti comporta uno spiegamento di personaggi, circostanze e analisi che realizzano il backstage dell’epica missione di Alec Leamas, l’agente segreto nei cui panni si calò un superbo Richard Burton per il film che ne trasse Martin Ritt.
L’azione comincia oggi, ma è subito proiettata all’indietro, negli anni della Guerra Fredda. Peter Guillam, funzionario del servizio segreto britannico in pensione, viene convocato d’urgenza a Londra, presso la nuova e monumentale sede del MI6 a Vauxhall Cross. Nelle viscere dell’immensa piramide di vetroacciaio resa popolare dagli ultimi film di 007, l’ex spia è aggredita con una raffica di domande da Bunny e Laura, due quadri di medio livello. Quindi gli notificano l’incredibile: Alec Leamas ed Elizabeth Gold, i due protagonisti de La spia che venne dal freddo, hanno dei figli, rispettivamente Christoph e Karen. Costoro vogliono nientemento che intentare causa all’apparato d’intelligence inglese imputandogli le morti dei genitori. Alec ed Elizabeth effettivamente furono uccisi ai piedi del muro di Berlino nel finale di quel libro. Per evitare lo scandalo di un processo e di un’inchiesta parlamentare, ai vertici del MI6 si è deciso di scaricare ogni colpa su Peter Guillam.
Lui adotta la tecnica della smentita plausibile. Ma le vicissitudini del tempo perduto lo incalzano nella memoria e nei sentimenti. Era stato Guillam a spingere Elizabeth fra le braccia di Leamas, piantando i semi della loro condanna finale. Inoltre, c’è di mezzo un’altra donna, nome in codice Tulipano. Doris Gamp, moglie di un aguzzino della Stasi, la polizia segreta della Germania comunista, aveva deciso di fuggire in occidente e Leamas se n’era fatto carico. A Londra non approvavano l’esfiltrazione e sul terreno di gioco i rischi aumentavano. Con l’intervento da jolly di Peter Guillam però Tulipano aveva raggiunto il regno di Sua Maestà… Dove comunque c’era in serbo dell’altro per lei.
Tutto questo scorre nei fascicoli segreti di un archivio dimenticato. Lo custodisce il vero artefice di ogni cosa, l’imperscrutabile George Smiley, di cui non si conosce l’attuale domicilio. È morto? Altrimenti avrebbe ormai un’età da centenario.
John Le Carré sviscera tutto quanto aveva sottaciuto in La spia che venne dal freddo mediante i pensieri, le menzogne e le ammissioni di Peter Guillam, la voce che racconta A Legacy of Spies. Insieme alla quale, sono riportate trascrizioni di nastri, documenti e rapporti sulla vitale Operazione Windfall, innesco di tanto umano concentrato di amore, odio, tradimento, redenzione e discesa agli inferi senza ritorno.
Alla galleria di personaggi ricorrenti nella saga di Le Carré mancava proprio Peter Guillam, fin qui tenuto ai margini, o del tutto in panchina, prima che George Smiley lo chiamasse in campo a ricoprire i varchi lasciati aperti dagli altri.
A Legacy of Spies è una lettura indispensabile per decifrare compiutamente il complesso disegno narrativo di uno scrittore che ha elevato lo spionaggio a misura tortuosa della realtà.

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