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Cesare Cremonini da '50 special' al concerto di San Siro

Il cantautore emiliano si racconta. Dalla mamma che gli ruppe la chitarra sulla schiena alle emozioni davanti ai 56mila dello stadio

Cesare Cremonini da '50 special' al concerto di San Siro
Cesare Cremonini, qui con Lucio Dalla
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20 Dicembre 2023 - 14.40


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di Lavinia Tellan

Questa è una delle esercitazioni svolte dalle studentesse e dagli studenti che stanno frequentando il laboratorio di giornalismo, tenuto dal Professore Maurizio Boldrini. Sono da considerarsi, per l’appunto, come esercitazioni e non come veri articoli.

Siamo a Bologna, di fronte allo studio di registrazione frequentato da Cesare Cremonini e i suoi musicisti. È puntuale. A mezzogiorno arriva sorridente sedendosi, accanto a me, al tavolo del bar sotto allo studio dove mi aveva dato appuntamento.”

Cesare Cremonini, a che età e, soprattutto, come nasce la sua passione per la scrittura?

Più o meno quando avevo 14 anni. Quando ero in vacanza con i miei genitori, avevo 15 anni, scrissi la mia prima canzone: Vorrei.

Dove vi trovavate?

Eravamo in vacanza a Maratea. Scrissi questo pezzo nel terrazzino dell’appartamento che ci ospitava. Questo terrazzino si affacciava sul centro di Fiumicello, sotto un’arcata di fiori bellissimi. Dedicai questa canzone alla mia fidanzata dell’epoca, Simona.

Poi nel 1999 si creano i Lùnapop. Quali sono stati i successi maggiori del gruppo?

La storia dei Lùnapop è stata una storia molto breve. Ci siamo uniti nel 1999 e nel 2002 ci siamo sciolti, quindi solo 3 anni di storia. In questi 3 anni abbiamo fatto uscire un unico album Squérez, dal quale proviene uno dei pezzi che ancora oggi è molto amato, ossia 50 Special.

Come nacque 50 Special?

Si deve subito dire che 50 Special divenne disco di platino, quindi il successo che noi abbiamo avuto come gruppo è stato grande. Questo pezzo lo scrissi perché mia mamma era esasperata dal fatto che io continuassi a pensare alle canzoni, quando mancavano due mesi alla maturità. Tanto arrabbiata che mi ruppe la chitarra sulla schiena. Allora andai a pianoforte e la canzone mi uscì dalle dita. La feci sentire subito ad Erica, la mia musa del liceo, il giorno dopo a scuola, con il Walkman e le cuffiette. Lei mi disse che la canzone era bella e poi andò via.

E quando uscì 50 Special cosa fece?

Il giorno in cui uscì presi la mia Vespa e andai in cerca del singolo in un negozio di dischi al centro borgo, fuori Bologna. Quel viaggio me lo ricordo come una delle esperienze più forti della mia vita. Andavo piano piano per godermi l’emozione, e ridevo, ridevo, ridevo che sembravo matto. Per me andava già bene così, ma poi 50 Special arrivò prima in classifica, a settembre, dopo una lunga e divertentissima estate in continua ascesa”.

Le ha cambiato un po’ la vita quel brano?

Non ricordo moltissimo come fosse la mia vita prima che quella canzone di 3 minuti e 30 me la cambiasse. Mi basta però, come oggi, girare per i colli in una giornata serena, e in un attimo sono ancora 18 enne che rido mentre corro verso i miei sogni.

Ma se il successo c’era, cosa o chi provocò la fine dei Lùnapop?

La fine fu causata soprattutto dai manager. Per dei ragazzi tra i 17 ed i 18 anni c’erano delle regole impossibili da rispettare, come “genitori e fidanzate fuori dalle scatole”.

Chiusa una porta si apre un portone: diciamo che anche la carriera da solista non è andata e non sta andando male. Qual è il suo segreto?

Bisogna non mollare mai con la musica, nemmeno per un attimo, per riuscirci. Lasciarlo accadere sempre.

Cosa si prova durante o dopo un concerto? Cosa le trasmette il contatto con il suo pubblico?

Posso citare il primo concerto a San Siro 2018. La cosa più forte che io abbia mai provato non è stato l’ingresso. La sensazione visiva di 56.000 persone che ti accolgono come un re. Posso dire certo che è stato incredibile vivere in prima persona ciò che avevo sempre immaginato. E non me lo dimenticherò mai. Stessa emozione quando sono tornato l’anno scorso. Mi sento nato per questo. All’inizio, la primissima volta, è come tuffarsi al centro dell’oceano. Cominci a nuotare veloce, pensando a come raggiungere la riva. Ma poi, dopo qualche canzone, capisci che le voci del pubblico sono onde anomale e buone, che ti portano in un cielo più che lontano, e inizi a cavalcarle come solo tu sai fare. No, la cosa che mi ha impressionato di più è stato altro: un minuto prima di cominciare, l’essermi trovato di fronte a me stesso, completamente solo, come davanti a uno specchio, a guardarmi con onestà. Costretto a fare i conti, per 60 lunghi secondi, con ciò che sono nel bene e nel male. Senza più scuse. E questa, è stata la cosa più forte. Ecco come ci si sente, prima di un’impresa emotiva e fisica che sfiora il limite. Cosa si prova, un minuto prima di un concerto a San Siro”.

Lei ha sofferto di schizofrenia, ce ne vuole parlare?

Era come se avessi un essere deforme che si aggirava nel mio subconscio.

Ma come è nata?

Venivo da due anni di ossessione feroce per la musica. Ero sempre chiuso in studio. Smisi di tagliarmi barba e capelli. Avevo smesso qualsiasi attività fisica, arrivai ad essere più di 100 chili.

Ma come l’ha sconfitta?

Il mio psichiatra mi chiese cosa mi faceva stare meglio e io risposi: camminare e non lavorare. Ho sostenuto una cura farmacologica leggera ed ho iniziato a camminare. E mi sono ribellato all’eccesso di attenzione per tutto quel che proviamo, all’idea impossibile di poter esprimere ogni cosa, di comunicare questa slavina di emozioni da cui siamo colpiti.

Se dovesse pensare ad un suo collega che le è stato parecchio vicino, chi citerebbe?

Jovanotti mi è sempre stato accanto. Negli anni è stato sempre un faro per la musica italiana e anche lui ha aperto una via, anzi più d’una. Ha sempre avuto grande intuito e il suo fiuto è riconosciuto universalmente. Ci sono degli artisti in Italia che quando si prendono un periodo di pausa ne sento la mancanza: Lorenzo è uno di questi.

E della trap che va di moda in questi anni e che coinvolge molto i giovani che ne pensa?

Dal punto di vista artistico ci sono i più bravi e i meno bravi, certo è che si tratta di un fenomeno internazionale. L’unica cosa che è giusto far notare è che nel mondo della trap e nel mondo del rap, metaforicamente parlando, plagiare è lecito. Mentre io sono ancora convinto che l’intreccio magico che si crea tra parole e melodia in una canzone porti con sé una magia che difficilmente può essere pari ad altre forme di scrittura musicale. Rap e trap sanno coinvolgere tantissimo i giovani e gli artisti si coinvolgono tra di loro. Si odiano o si amano, ma interagiscono. Noi della musica leggera invece siamo tutti grandi isole, piuttosto protette, che raramente si danno una mano.

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