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"Six personnages" che tornano in teatro

Al Teatro della Pergola di Firenze è andato in scena, in questo fine settimana, Pirandello di Demarcy-Mota. Più leggero, ma di grande effetto.

"Six personnages" che tornano in teatro
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24 Aprile 2022 - 17.06


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di Marialaura Baldino

Due settimane fa abbiamo riportato la notizia che in Italia il teatro aveva superato il cinema. Oggi ne abbiamo conferma. Grazie alla pluriennale collaborazione di due istituzioni teatrali come il Teatro della Pergola di Firenze e il Theatre de la Ville di Parigi è stato messo in scena, in questi giorni, il “Six personnages en quete d’auteur” – trasposizione francese del dramma pirandelliano. Una riprova che l’arte teatrale è uno strumento di riflessione potente attraverso il quale leggere il nostro tempo, la società e il mondo che ci circonda.

Il registra francese che ha firmato l’opera, Emmanuel Demarcy-Mota ha certamente creato un lavoro d’effetto; attraverso giochi di palcoscenico, controscene comiche che includono attrezzisti e tecnici di scena, mischiando la realtà con la drammaturgia ha dato forma ad un prodotto teatrale di alta qualità. Un teatro nel teatro, grazie anche al grande contributo dei magistrali interpreti, mantenendo ma riscrivendo anche l’opera originale che lo scorso anno ha celebrato il suo centenario.

I “Sei personaggi in cerca d’autore” alla francese vengono interpretati in modo che si faccia solo un leggero accenno ai temi originali dell’opera come lo straniamento della coscienza, dell’identità, della difficoltà di comunicare dai quali emergeva poi il dramma pensato da Pirandello, il quale poneva alla platea interrogativi stranianti, certamente riflessivi.

Sì perché l’originale concepita dal drammaturgo siculo era ambientata poco tempo dopo la Grande Guerra, al tempo in cui il mondo tentava di rimettersi in piedi, facendo leva sulla forza individuale e collettiva delle persone. Qui invece Demarcy-Mota, parlando dei giovani, dei Millennial ai quali dedica la sua “Carta 18/XXI”, ha dichiarato che mettendo insieme le menti di artisti, filosofi, scienziati, si è messo al lavoro per trovare un nuovo modo di comunicare il teatro e la sua cultura, in favore di quel senso di unione europea dal quale possa così scaturire un forte legame sociale.

Il regista francese ha quindi sicuramente messo in atto un cospicuo lavoro di adattamento – basti pensare alla scena finale. Nella versione originale, l’epilogo vede la figliastra come ultima a lasciare la scena, con una risata che aveva sapore aspro, stridulo, deflagrante e a tratti inquietante, quasi come a voler sottolineare quelle contraddizioni e quella mancata intesa tra personaggi e attori. Nella riscrittura francese troviamo invece a chiudere la scena sempre la figliastra, la quale però termina l’atto con una fragorosa risata, quasi divertita dall’assurdità della situazione protratta. Un gioco di ombre, una lettura che fa emergere il lavoro degli attori nel dare una propria forma e una propria interpretazione ai personaggi letterari di quest’opera storica dalla forza comunicativa disarmante.

È l’arte di fare teatro e il suo eterno fascino e Demarcy-Mota lo utilizza in tutta la sua forza scenica, di movimento e contrasto, che attira ma non stanca.

Molto applaudita l’idea di dare inizio allo spettacolo con la comparizione in scena, al buoi, dei sei personaggi stretti l’uno all’altro, truccati e illuminato come se apparissero realmente in bianco e nero, quasi come a ricreare un frame immobile, fotografico, in contrasto con il movimento che li attornia. A dare anche grande prestigio al lavoro un gruppo impeccabile di professionisti, a partire da Sandra Faure nei panni della figliastra, piena di vitalità e peculiarità sceniche, continuando con Valérie Dashwood, Hugues Quester nei panni del padre e Gerald Maillet a dare vita al regista. Parte della compagnia sono anche Alain Libolt, Sara Karbasnikoff, Philippe Denarle, Gaelle Guillou, Charles-Roger Bour, Stefhane Krahenbuhl, Céline Carrère, Chloé Chazé, con anche la giovane Julia Demarcy e gli esperti macchinisti Pascal Vuillemot e Jauris Casanova. I costumi sono invece curati da Corinne Baudelot e scene e luci da Yves Collet.

La conquista del pubblico è stata assicurata. L’opera, rivisitata, ma sempre attuale non solo scompone le scene e i meccanismi di scena, ma indaga e fa riflettere sulla forza di un teatro che sta tornando alla ribalta.

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