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Salgado per l’Amazzonia: «Così vengono decimate le tribù indios»

Il fotografo brasiliano presenta alle giornate del “Cortile di San Francesco” il suo progetto sul “polmone verde” del pianeta con monsignor Ravasi

Salgado per l’Amazzonia: «Così vengono decimate le tribù indios»
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9 Settembre 2019 - 16.03


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Brasiliano, economista di formazione passato a tempo pieno alla fotografia, Sebastião Salgado ha raccontato per anni e anni guerre, carneficine, povertà, migranti alla fame. Umanamente esausto di fronte a tanta sofferenza ha scelto di raccontare le meraviglie della natura dall’Antartide ai deserti e alle foreste alle isole più sperdute popolate soltanto da volatili. Non per un senso di resa, piuttosto per farci se non altro amare il pianeta in cui viviamo e farci comprendere cosa distruggiamo.

Autore di immagini in bianco e nero di una chiarezza e uno splendore in grado di togliere il respiro, Salgado domenica 22 settembre alle 20.30 sarà ad Assisi, alla basilica di San Francesco, per l’incontro conclusivo del “Cortile di San Francesco” organizzato dai frati del Sacro Convento e intitolato quest’anno “In-Contro. Comunità, popoli, nazioni”. Nella città francescana, nella Piazza Superiore San Francesco il fotografo dialogherà con il cardinal Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e proietterà in anteprima sulla facciata della Basilica Superiore le immagini del suo progetto fotografico “Amazzonia” (in caso di pioggia la video proiezione sarà all’interno della chiesa).

Salgado è un umanista, in fondo: ha uno sguardo e un approccio che sa guardare alla complessità, alle sfaccettature, va in profondità della natura e della natura umana, come vanno in profondità i suoi scatti di popolazioni nell’Amazzonia viste da vicino, a contatto diretto per giorni e giorni. Aiuterà a comprendere la sua impostazione leggere un passo da un suo capolavoro documentato in Italia con mostre e con il volume In cammino, progetto su migrazioni e inurbamento ideato e concepito graficamente dalla moglie Lelia Wanick Salgado, con cui condivide costantemente il lavoro, e pubblicato da Leonardo Arte / Contrasto nel 2000.

Scrive Salgado: «Dopo che l’America centrale era stata devastata, nel 1998, dall’uragano Mitch, ho visitato un villaggio dell’Honduras distrutto da valanghe e inondazioni. Ho chiesto agli abitanti se quello fosse stato il più grave uragano che avessero mai visto. Alcuni, più anziani, ne ricordavano uno simile, avvenuto negli anni Trenta. Quello però, dissero, aveva provocato danni molto minori, perché a quel tempo le colline circostanti erano coperte di alberi che trattenevano l’acqua. Dunque, è stata la mano dell’uomo a trasformare, nel 1998, un fenomeno naturale in una tragedia».

Impressiona leggere questo passaggio, anche perché potremmo applicarlo pure alle ricorrenti e puntuali devastazioni e morti causate da acqua e fango in Italia, disastri provocati in realtà dall’incuria, dall’abusivismo edilizio, dal permissivismo sul costruire case laddove è pericoloso perché il terreno appartiene a fiumi o torrenti o non è più protetto da coltivazioni o alberi. E impressiona, o forse amareggia, leggere ancora il passo successivo, proprio sull’Amazzonia di cui ora i media parlano, nel 2019, perché va a fuoco mentre il presidente Bolsonaro e i suoi sostenitori ballano allegramente sulla cenere.

Dice ancora il fotografo: «Analogamente, la colpa della decimazione incessante delle tribù indios del Brasile viene abitualmente attribuita alla miriade di minatori che, senza un padrone, cercano l’oro, ma la verità è più complessa. Molti di questi minatori sono contadini poveri, senza terre da coltivare, in un paese dove esistono vasti appezzamenti privati improduttivi. Quindi in Brasile – come in molti paesi dell’America latina – sono la concentrazione della proprietà terriera e l’agricoltura meccanizzata a provocare l’esodo dalle campagne. Il sistema distorto di proprietà fondiaria è sostenuto a sua volta da strutture economiche e politiche che perpetuano lo status quo. In una reazione a catena dove una causa alimenta e genera un determinato effetto – chiude il passaggio Salgado – tutti i problemi sono interconnessi e nessuno può essere risolto separatamente».

L’incontro con Salgado e monsignor Ravasi chiude un calendario di una quarantina di appuntamenti, dal 19 al 22 settembre, “In-Contro. Comunità, popoli, nazioni”, dove intervengono 72 relatori della religione, dell’arte, della cultura, del giornalismo, dell’economia, dell’ambiente. Apre le giornate una conferenza del direttore dell’Earth Institute alla Columbia University, Jeffrey Sachs, sul futuro dell’economia internazionale, tra gli appuntamenti Giancarlo Giannini reciterà passi del Cantico delle Creature, dell’Eneide e di poesie di Giacomo Leopardi.

La didascalia completa della foto (che pubblichiamo con parte dell’annuncio perché non si può adattare al nostro formato) è la seguente: Amazzonia, Brasile, 2009. Arcipelago di Anavilhanas, composto da circa 350 isole boscose lungo il Rio Negro, è il più grande arcipelago dell’entroterra al mondo @ Sebastião Salgado / Amazonas Images / Contrasto

Il sito del Cortile di San Francesco

 

 

 

 

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