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I giudici: “Sì, nei musei passa lo straniero (europeo)”

Il Consiglio di Stato: Assmann può dirigere Palazzo Ducale a Mantova perché non si possono escludere i cittadini europei dalle selezioni pubbliche. Salvi gli altri sei direttori non italiani

I giudici: “Sì, nei musei passa lo straniero (europeo)”
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25 Giugno 2018 - 23.54


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I musei pubblici possono avere direttori stranieri, cittadini dell’Unione europea, perché sono appunto cittadini della Ue e “la normativa europea (non consente di escludere un cittadino dell’Unione europea da una selezione pubblica”. Lo ha stabilito con una sentenza depositata lunedì 25 giugno, dopo una riunione plenaria, il Consiglio di Stato. I giudici si sono pronunciati sul caso di Peter Assmann direttore del museo di Palazzo Ducale a Mantova. La soprintendente a Parma Giovanna Paolozzi Maiorca Strozzi aveva fatto ricorso, il Tar le aveva dato ragione, il Consiglio di Stato invece dà ragione all’ex ministro Dario Franceschini. A ruota, tirano un sospiro di sollievo gli altri direttori alla Pinacoteca di Brera a Milano, agli Uffizi e alla Galleria dell’Accademia a Firenze, alla Galleria nazionale delle Marche a Urbino, al sito archeologico di Paestum, al Museo di Capodimonte a Napoli.

Riepiloghiamo. Avete presente o ricordate la battaglia sulle nomine di sette direttori stranieri alla guida di altrettanti musei statali italiani? Le nomine, avvenute dopo concorso e una selezione prima di dieci e poi di tre nomi, furono molto contestate perché, per chi le criticava, anche su basi legislative, nell’agosto 2014 l’allora ministro Franceschini non poteva nominare non italiani alla guida di posti di responsabilità dello Stato. Era una delle fondamenta della riforma del ministero dell’ex titolare della cultura, ferrarese del Pd, che conferiva una radicale autonomia a 20 musei e siti archeologici (diventati poi 30). Molte sono state le critiche che oggi potremmo dire “sovraniste” ovvero che, non essendo italiani, quei cittadini non potevano dirigere musei pubblici del nostro paese.
Oltre alle polemiche seguirono ricorsi. Una parte contestava il modo con cui erano stati svolti i colloqui, un’altra la nazionalità. La contestazione aveva un fondamento legislativo: un decreto numero 174 del 1994 vietava incarichi da dirigenti a cittadini non italiani in istituzioni pubbliche, anche se della Ue. Il Consiglio di Stato è chiaro: il divieto “non può essere applicato dal giudice nazionale” perché è “in contrasto con il diritto dell’Unione europea”. E l’Ue “non consente di escludere un cittadino dell’Unione da una selezione pubblica, a meno che non si tratti di una posizione caratterizzata dall’esercizio esclusivo o prevalente di poteri autoritativi, come magistrati, militari, forze di polizia”.

Franceschini incamera una vittoria e su Twitter si consola della batosta presa dal Pd: “Dopo anni di ricorsi e sentenze si chiude definitivamente la vicenda dei direttori stranieri nei musei con il via libera di oggi del Consiglio di Stato. Grazie a tutti i direttori italiani e stranieri che ora potranno continuare il loro lavoro straordinario”. Si rallegra il direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, Sylvain Bellenger, francese: “Napoli non mi ha mai fatto sentire straniero”.
A margine va annotato che, se cadeva Assmann, l’impalcatura della riforma perdeva una colonna portante. Chissà se l’attuale ministro Alberto Bonisoli avrebbe gradito una simile gatta da pelare. Tuttavia forse il discorso, oggi, prende un’altra piega imprevista: se i giudici sentenziavano il no ai direttori stranieri, al di fuori di chi legittimamente critica le singole nomine dando un giudizio sull’operato delle persone nominate, molti nella scena politica e dintorni avrebbero letto la sentenza come una dichiarazione di “sovranità”. In altri termini, avrebbero esteso la sentenza a territori che pure non c’entrano niente perché il clima, in Italia, oggi è questo: è “sovranista”, come usa dire. Un’interpretazione errata e fuorviante, irrilevante per la legge, ma psicologicamente rilevante nella psicologia di tanti. Proprio per questo non sarebbe una sorpresa se il vero premier dietro le quinte, il ministro dell’Interno Salvini, intervenisse anche in questa materia cercando di “schiacciare” mediaticamente il titolare in carica Bonisoli. Tanto il leghista interviene su materie di competenza di qualsiasi ministero, non ha dimostrato certo remore a invadere il campo dei colleghi.

Direttori stranieri nei musei statali? Stop dal Consiglio di Stato

 

 

 

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