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San Valentino: tutto ebbe inizio con le orge del Lupercale

La festa degli innamorati dalla mitologia licenziosa romana a quella romantica letteraria anglo-sassone per finire con un “Bacio” italiano

San Valentino: tutto ebbe inizio con le orge del Lupercale
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12 Febbraio 2021 - 12.33


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di Marcello Cecconi

Lo avreste mai pensato che per raccontare la festa degli innamorati, San Valentino, avremmo scomodato Romolo e Remo? Provate a dirlo alle coppiette d’innamorati che si regalano scatole di cioccolatini e che festeggeranno a lume di candela: vi diranno che siete i soliti saputelli e che non avete il gusto della vita. Invece è proprio così. 
Tutto ebbe inizio, come si dice quando si narrano antiche leggende, nella grotta che  si trova alle pendici del Palatino vicino al Circo Massimo, il Lupercale, allora circondato da un boschetto con delle fonti con il fico, proprio lì dove si pensa che Faustulo abbia trovato  i due gemelli con la fatidica lupa.

Da allora i romani si recavano il 15 febbraio di ogni anno in quel luogo per festeggiare il miracoloso allattamento con un rito pagano dedicato a Luperco, divinità rurale della mitologia romana invocata a protezione della fertilità. Il rito era naturalmente un po’ osé con un’iniziazione di giovani accompagnata da pratiche orgiastiche. Una sorta di voto per questo dio pagano che, qualche secolo dopo, l’imperatore Augusto limitò e, infine, nell’era cristiana cancellato.

Ci pensò Papa Gelasio a rinnovarlo, nel 494. Anticipò il giorno dei festeggiamenti al 14 febbraio e lo dedicò all’amore romantico, fatto di sentimenti e di reciproco affetto, dedicandolo a San Valentino, vescovo di Terni, imprigionato dall’Imperatore Aureliano e poi decapitato a Roma il 14 febbraio 273. Inevitabile la successiva santificazione.

Su questo Santo cominciarono, ben presto, a fiorire edificanti storie. Si narra come sia stato capace di ispirare amore a due giovani facendo volare intorno a loro numerose coppie di piccioni che si scambiavano dolci gesti d’affetto: dalla rappresentazione di questo evento sembra sia nata la popolare espressione piccioncini. Arcinota è l’altra storia dei due giovani fidanzati trovati dal Santo a litigare: regalò loro una rosa e li invitò a far pace. Inevitabile il finale: un matrimonio con la benedizione del Vescovo.

Si moltiplicarono così i pellegrinaggi dal vescovo di Terni, il 14 di ogni mese, il giorno dedicato alle benedizioni. Solo più tardi la data fu fissata definitivamente al 14 febbraio, giorno e mese nel quale Valentino fu ucciso. Il giorno dell’amore nasce così. E guarda caso nasce seguendo, come facevano gli antichi, i cicli della natura: il risveglio primaverile che assume connotazioni romantiche.

Ci penserà poi la letteratura a sistemare e incorniciare leggende e tradizioni facendo diventare San Valentino santo patrono dell’amore. Geoffrey Chaucer, quello dei Racconti di Canterbury, dava una bella mano, quando nel poema Il Parlamento degli Uccelli associava Cupido a san Valentino che diveniva il tramite ultraterreno della dimensione dell‘amor cortese. Più tardi sarà un suo più famoso connazionale, Shakespeare, a piazzare nel bel mezzo della scena amletica della pazzia di Ofelia, il canto vaneggiante della ragazza: “Domani è San Valentino e, appena sul far del giorno, io che son fanciulla busserò alla tua finestra, voglio essere la tua Valentina”.

La festa degli innamorati, nella sua forma attuale, proviene sicuramente dai paesi di cultura anglosassone e, come spesso accade, è stata esportata per imitazione. Lì è iniziata la caratteristica peculiare dello scambio di valentine, i bigliettini d’amore a forma di cuore ispirati da temi romantici, oppure a forma di colomba, o ancora con l’immagine di Cupido con arco e frecce, e così via. A partire dall’Ottocento, la produzione e commercializzazione di biglietti dedicati a questa ricorrenza sono cresciuti immensamente tanto che è stato stimato, dalla Greeting Card Association, che per ogni ricorrenza ne vengono spediti circa un miliardo, un numero inferiore solo al Natale.

Luisa Spagnoli fu la prima, da noi, a sfruttarne l’idea commerciale. L’intraprendente signora umbra nel 1907, assieme al socio in affari Francesco Buitoni e Leone Ascoli, aprì una piccola azienda dolciaria, la Perugina, che si specializzò nel cioccolato fondente a cui dette il proprio nome “Luisa”. Il famoso Bacio arrivò solo nel 1922 e intrigante, e quindi fondamentale per la nascita del cioccolatino, fu l’inizio della storia d’amore clandestina tra la signora Luisa e Giovanni Buitoni, figlio del socio Francesco e più giovane dell’imprenditrice di ben quattordici anni.

Luisa si accorse che il cioccolato e la granella di nocciole non usate in azienda, a fine giornata, venivano buttati e inventò un cioccolatino impastando la granella di nocciole con l’inserimento di una nocciola intera e ricoprendolo con una colata del suo già famoso cioccolato in una forma simile alla nocca di una mano. Le venne in mente di chiamarlo “cazzotto” ma non fu difficile capire che non sarebbe stato adatto ad un mercato importante, d’altronde, chi sarebbe mai entrato in un negozio per chiedere “una scatola di cazzotti?” Si pensò in grande invece e la grafica dell’incarto fu affidata al futurista Federico Seneca e il Bacio prese una nuova veste con un incarto color argento e le scritte blu. La vera novità fu però l’immissione, in ogni cioccolatino, di cartigli in pergamena con frasi dolci e citazioni di poeti famosi. La confezione invece, raffigurava due amanti che si baciano similmente a quelli del dipinto di Hayez. Divenne e resta tutt’oggi un’icona non solo italiana della Festa degli Innamorati.

Nell’orientale Giappone la tradizione prevede che siano le ragazze a regalare una scatola di cioccolatini ai ragazzi, anche se non sono necessariamente i loro fidanzati: vanno bene pure amici e colleghi di lavoro. Ecco, se per questo San Valentino non vi accadesse perché siete single, uomini o donne non importa, o non avete amici e amiche o nemmeno colleghi di lavoro, nessuno vi impedirà di festeggiare lo stesso con una dolcissima scatola di cioccolatini.

 

 

 

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