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Al sud la didattica a distanza favorisce gli abbandoni: il 34% non ha strutture digitali in casa

I dati dello studio di Save the Children e Ipsos parlano chiaro: un terzo delle famiglie meridionali è priva degli elementari strumenti informatici. I ragazzi e gli adolescenti sono gli invisibili di questa crisi

Al sud la didattica a distanza favorisce gli abbandoni: il 34% non ha strutture digitali in casa
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1 Maggio 2021 - 11.31


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di Manuela Ballo

 

Ho seguito gran parte delle lezioni online, con una connessione che andava e veniva e spesso s’interrompeva nei momenti più importanti delle lezioni. La dura legge della DAD (Didattica a distanza) e del distanziamento da pandemia che ti rimbalzano dalle aule affollate di un’università storica, come quella senese, nelle quattro mura di casa tua, magari molto accoglienti. Ho seguito, così, con discontinuità le lezioni, essendo costretta, il più delle volte, a entrare e uscire dall’aula virtuale. Altre volte mi sono persa a inseguire i link delle stanze digitali o i formati che di volta in volta erano scelti. Comunque, ero lontana dalle biblioteche e dai confronti con i colleghi studenti e con i docenti. Se questo è capitato a me, che sono una studentessa universitaria già abituata a tali percorsi e con una discreta formazione digitale, cosa può essere accaduto ai molti dei miei compaesani e alle migliaia di giovani studenti siciliani e meridionali che abbiano dovuto subire questo nuovo modo d’insegnamento che poi è stato un nuovo modo di vivere? Me lo chiedo anche perché mi sembra che in questa crisi troppo a lungo i bambini e gli adolescenti sono rimasti come invisibili. Ignorati dai media e dal dibattito pubblico.

 

Il quadro che ci offre la ricerca di Ipsos Save the Children è terrificante. Secondo i dati della Svimez (Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno) nel sud vive il 34% dei ragazzi in famiglie totalmente prive di qualsiasi dispositivo informatico, per di più in queste stesse famiglie, i membri hanno titoli di studio molto bassi, per Svimez quindi “Il rischio è che un terzo dei ragazzi italiani venga escluso dal percorso formativo a distanza, con conseguenze rilevanti. Il rischio è, infatti, quello che le lunghe assenze dalla scuola si trasformino in definitivo abbandono e che tante ragazze e ragazzi in questa grave crisi economica – finiscano per ingrossare le fila del lavoro sfruttato”.

 

La pandemia ha solo fatto emergere in maniera clamorosa l’esistenza di antiche questioni mai risolte, come quella del mancato sviluppo del mezzogiorno d’Italia. In un libro recente (Divario di cittadinanza, Un viaggio nella nuova questione meridionale, Rubettino, 2020, 13 euro) Luca Bianchi e Antonio Fraschilla, hanno mostrato, in maniera inequivocabile, come la cittadinanza al Sud sia limitata e connessa alla mancata garanzia di livelli essenziali di prestazioni nei servizi, dalla sanità alla scuola.

 

Già nel gennaio di quest’anno una ricerca di Save the Children aveva preoccupato il Paese riportando cifre ed esperienze catastrofiche, il 28% degli studenti dichiarava, infatti, a quella data che almeno un loro compagno di classe dal lockdown della primavera alla ripresa dei corsi scolastici avrebbe smesso di frequentare le lezioni e sempre secondo quella ricerca i molti adolescenti intervistati, dichiaravano che tra le cause principali che provocava l’assenza degli studenti della didattica a distanza, vi era proprio la difficoltà a connettersi tramite computer con la scuola e la fatica a concentrarsi nel seguire l’insegnamento da dietro lo schermo.

 

La ricerca che fu condotta allora da Ipsos riguardava un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni, facendo cogliere alcune tendenze clamorose come quella delle assenze prolungate che sono, di fatto, una delle anticamere della dispersione. Quella ricerca stimava che circa 34.000 studenti delle scuole secondarie di secondo grado avrebbero potuto aggiungersi a fine anno ai dispersi della scuola. La metà degli studenti intervistati considerava l’anno appena trascorso, di fatto, un anno perso. La situazione non è andata di certo migliorando dopo la seconda ondata di pandemia. Le ultime ricerche rielaborate da Save the Children sulla base dei dati del Ministero dell’Istruzione confermano e anzi peggiorano il quadro della ricerca di cui ho parlato fino ad ora: A Roma, per la scuola secondaria di secondo grado, erano previsti in totale 145 giorni di scuola, di cui in totale ne sono stati svolti 97,4 e un’analoga situazione accade, ma in misura maggiore, nelle scuole di Bari con 40,5 giorni di scuola contro i 144 previsti; e in quelle di Reggio Calabria e Palermo: rispettivamente 45 contro i 134 e per Palermo 73 contro i 144 giorni in teoria previsti. Per quanto riguarda le scuole medie, la situazione migliora e i dati riguardanti le presenze salgono: Roma 134 giorni di cui previsti 145, Bari 58 rispetto a 144, Reggio Calabria e Palermo rispettivamente 83 rispetto ai 134 e 122,4 su 144 giorni nelle scuole palermitane.

 

Questa era la situazione degli adolescenti e degli studenti delle scuole medie, ma gli effetti di questa didattica sono stati deleteri soprattutto per i giovanissimi. Anche l’associazione nazionale degli psicologi infantili è intervenuta più volte in questi ultimi tempi per denunciare i macro effetti che il lockdown e, di conseguenza, la didattica a distanza hanno provocato sui giovanissimi. Alcuni dati ripresi come sopra dallo stesso osservatorio rivelano che per la scuola primaria a Roma dei 145 giorni previsti se ne sono svolti 134 a Bari invece di 144 soltanto 58,6 mentre a Reggio Calabria di 134 giorni previsti 103 e a Palermo 144 giorni rispetto a 135 svolti effettivamente. La stessa situazione accade per le scuole dell’infanzia, dove a Roma si hanno 134 giorni contro i 145 previsti, a Bari 66, 4 rispetto ai 144, a Reggio Calabria 123 di 134 mentre a Palermo di 144 giorni previsti se ne sono svolti in totale 139.  

 

La scuola e l’università sono i luoghi dove si apprende; dove si costruiscono relazioni con gli altri giovani  al di fuori della famiglia; è il luogo dove nascono le amicizie e dove il sapere diventa cultura e trasmissione di esperienze. E’ il luogo dove si affrontano le prime sfide, le difficoltà, le vittorie su se stessi. Perciò la scuola e l’università devono essere impegni prioritari nell’agenda della politica.

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