Moriva improvvisamente a Roma, trent’anni fa a 68 anni, il 27 ottobre, Ugo Tognazzi, indimenticato interprete del cinema italiano del dopoguerra. Tutta l’Italia lo ricorda.
Le manifestazioni in onore del poliedrico artista cremonese si sono succedute a sottolineare come il tempo abbia reso ancora più viva l’attenzione nei suoi confronti. Se a Roma, la sua città d’adozione, i figli avevano giocato d’anticipo quest’estate, dedicandogli tre serate sotto le stelle, chiamate “Ugo pari 30”, dense di incontri e proiezioni dei suoi film cult, questo non ha potuto svolgersi ieri nella sua città natale, Cremona. Il Comune aveva preparato un programma di commemorazione che, oltre alla proiezione di un film, prevedeva una specie di percorso culinario, costruito sulle famose ricette dell’attore, nei ristoranti della zona, ma si è visto costretto ad annullare tutto in seguito alle nuove restrizione pandemiche.
Quotidiani, riviste, rete e televisioni in campo per questo evento, con la Rai che ha proposto un doppio appuntamento sui canali culturali, Rai Storia e Rai5, un documentario di Giulio Calcinari ”Ugo Tognazzi: l’uomo, l’attore, la televisione” e la proiezione del film “Il commissario Pepe”, introdotto da paolo Mieli. Anche Mediaset e Sky con i loro canali dedicati al cinema hanno proposta una maratona di proiezioni per l’intera giornata.
Scanzonato interprete di un umorismo amaro e un po’ tragico, caro a Pirandello, Ugo Tognazzi ha accompagnato molte generazioni di italiani nelle evoluzioni di costume e cinematografiche per quasi tutto il mezzo secolo finale del vecchio millennio.
Tornato nella sua Cremona a quattordici anni, dopo aver seguito il padre assicuratore per tutta la penisola, inizia presto a lavorare in un salumificio locale che Tognazzi poi ‘ringrazierà’ pubblicizzandolo in un indimenticato “Carosello” del 1962. Ha sempre amato intrattenere, lo faceva nel salumificio, lo fece durante la guerra con i commilitoni in caserma e, al ritorno, ebbe la fortuna di essere notato e scelto, a una serata del dilettante, dalla Compagnia di varietà di Wanda Osiris. Qui si costruì la prima parte della carriera come intrattenitore fra soubrette e soubrettine, un mondo che non disdegnava.
Sceso a Roma debutta nel cinema con Walter Chiari ne “I cadetti di Guascogna” di Mario Mattoli ma il vero successo arriverà dal varietà televisivo “Un due tre”, dal 1954 al 1959, in coppia con Raimondo Vianello: “Ugo si faceva raccontare da Vianello e dagli sceneggiatori i servizi dei tg e lui, la sera prima di andare in diretta a Un due tre, li parodiava, e queste sue parodie di artigiani e ciclisti nascevano da episodi veri che lui, sul sentito dire, trasfigurava. Insomma non aveva la tv in casa, però la sua cucina era quella dei ristoranti di lusso”. Così il figlio Ricky racconta, in un’intervista, il modo con cui il babbo Ugo aveva nel preparare le scenette che in coppia con Raimondo Vianello presentava in tv. Accadeva nei primi sabato sera degli italiani davanti alla televisione, lo scatolone marrone che i fortunati possessori, con generosità un po’ narcisistica, mettevano a disposizione anche dei condomini.
Era la televisione degli esordi, seriosa e clericale che non aveva ancora beneficiato della saggezza “conservativa” di Ettore Bernabei ed è curioso come Vianello e Tognazzi saranno anche i primi a subire la censura, difatti verranno licenziati in tronco per aver ripreso e parodiato un fatto a tutti noto: l’allora Presidente della Repubblica Gronchi cadde dalla sedia sulla quale si stava sedendo al teatro alla Scala durante la visita di Stato del presidente francese De Gaulle. Nel corso di una puntata, Vianello toglie la sedia a Tognazzi che cadendo allarga le braccia e dice “tutti possono cadere”. Il licenziamento è immediato, la trasmissione cancellata e cacciato il direttore del centro di produzione televisiva.
Questo, uno dei tanti modi di rendere omaggio a Ugo Tognazzi, uno degli ‘amici nostri’.