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L’ultima Enciclica del Papa? Boccia populismi, liberismi e la politica-marketing

Il pontefice contesta la cultura dello “scarto” che lascia morire i più vecchi per il Covid. E giudica “inaccettabile” essere xenofobi, tanto più per i cristiani

L’ultima Enciclica del Papa? Boccia populismi, liberismi e la politica-marketing
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15 Ottobre 2020 - 15.30


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di Antonio Salvati

L’ultima Lettera Enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, seppur «scritta a partire dalle mie convinzioni cristiane, che mi animano e mi nutrono», ha l’ambizione di realizzare una riflessione che si «apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà». In altri termini, la visione del Papa non è esclusivamente teologica, ma decisamente attenta alla dimensione politica e culturale. Non a caso, la Lettera si apre con la descrizione dettagliata quanto sintetica di un mondo diviso «nel quale le distanze tra di noi aumentano e la marcia dura e lenta verso un mondo unito e più giusto sta subendo una nuova e drastica battuta d’arresto».

Vi sono contenute alcune indicazioni preziose non solo per chi ricopre incarichi politici ed istituzionali, ma anche per coloro che hanno a cuore i destini democratici dei propri paesi. Il nostro mondo – avverte il Papa – sembra non aver imparato nulla dalle tragedie del Novecento, perdendo il senso della storia. Viviamo sempre più in un mondo caotico dove prevale l’individuo sulla dimensione comunitaria dell’esistenza. In questo contesto drammatico, parole come democrazia, libertà, giustizia, unità perdono sempre più il loro significato, e risultano depauperate la coscienza storica, il pensiero critico, la lotta per la giustizia e le vie dell’integrazione. Drastico è il giudizio di Bergoglio sulla politica odierna: «La politica così non è più una sana discussione su progetti a lungo termine per lo sviluppo di tutti e del bene comune, bensì solo ricette effimere di marketing che trovano nella distruzione dell’altro la risorsa più efficace. In questo gioco meschino delle squalificazioni, il dibattito viene manipolato per mantenerlo allo stato di controversia e contrapposizione». Non meno duro il giudizio verso i populismi e i liberalismi (le «visioni liberali individualistiche» rigettano i termini “popolo” e “prossimo”, perché intendono la società come somma degli interessi dei singoli) che non riescono a nascondere un disprezzo per i deboli o li strumentalizzano per il consenso o gli interessi dei potenti.

Da dove ripartire? Papa Francesco esplicita che la «migliore politica» è quella «al servizio del vero bene comune». Inoltre, una considerazione per niente scontata: «ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte. È il cammino. Il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno. Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel passato e fermarsi, e goderlo come se tale situazione ci facesse ignorare che molti nostri fratelli soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti». Un invito decisamente esplicito, soprattutto per coloro che militano in formazione politiche progressiste che hanno tirato i remi in barca e al massimo puntano a difendere l’esistente.

Papa Francesco ritorna prepotentemente sulla cultura dello scarto. La politica ridotta a marketing favorisce lo scarto globale e della cultura del quale è frutto. La difesa delle persone non è più una priorità e parti dell’umanità sembrano sacrificabili: poveri, disabili, bambini, anziani. Su quest’ultimi ha sostenuto con forza: «La mancanza di figli… insieme all’abbandono degli anziani a una dolorosa solitudine, afferma implicitamente che tutto finisce con noi, che contano solo i nostri interessi individuali… Abbiamo visto quello che è successo agli anziani in alcuni luoghi del mondo a causa del coronavirus. Non dovevano morire così. Ma in realtà qualcosa di simile era già accaduto a causa delle ondate di calore e in altre circostanze: crudelmente scartati. Non ci rendiamo conto che isolare gli anziani e abbandonarli a carico di altri senza un adeguato e premuroso accompagnamento della famiglia, mutila e impoverisce la famiglia stessa. Inoltre, finisce per privare i giovani del necessario contatto con le loro radici…». Un papa mai ha parlato così degli anziani.

Bergoglio si è più volte pronunciato sul tema delle migrazioni, fattore determinante per il futuro del mondo e sul quale si registra la perdita di quel senso di responsabilità fraterna su cui si basa ogni società civile. Sottolinea che una mentalità xenofoba dimentica che i migranti devono essere protagonisti del loro stesso salvataggio. E con forza afferma: «È inaccettabile che i cristiani condividano questa mentalità e questi atteggiamenti, facendo a volte prevalere certe preferenze politiche piuttosto che profonde convinzioni della propria fede: l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione, e la legge suprema dell’amore fraterno».

La ricchezza nel mondo continua ad aumentare, ma con l’iniquità. La finanza ha come slogan l’«aprirsi al mondo» e il «globalismo» impone «un modello culturale unico» in cui i potenti approfittano di conflitti, indifferenze e scarsa autostima dei (paesi) poveri. Ancora una volta Francesco pone l’accento sull’ossessione di ridurre il costo del lavoro, senza tener conto delle gravi conseguenze che questo provoca. Si sofferma anche sulla piaga miserabile del razzismo.
Nella sua veste “rivoluzionaria” Papa Francesco ribadisce la funzione sociale della proprietà privata, che è «diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni», anche se spesso rischia di anteporsi ai diritti «prioritari e originari, privandoli di rilevanza pratica».

Infine, alcune utili indicazioni per la comunicazione politica. Ma non solo. Sperimentiamo tutti da anni la diminuzione delle distanze, ma si sviluppano atteggiamenti di chiusura e di intolleranza, che alimentano lo «spettacolo» messo in scena dai movimenti di odio. Non possiamo relegare la relazione alla connessione digitale, anche perché così si ostacola il confronto tra le differenze che vanno vissute, sperimentate. Il Papa spiega che «una persona e un popolo sono fecondi solo se sanno integrare creativamente dentro di sé l’apertura agli altri». Per questo la connessione digitale – che può dare sfogo alle aggressività, anche tra fanatismi cristiani – non basta: la comunicazione necessita «di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore».

Da qui la necessità del dialogo che «presuppone l’incontro con la realtà», senza silenziare voci sgradite. Il dialogo non è un «febbrile scambio di opinioni nelle reti sociali» o «monologhi che procedono paralleli». L’Enciclica Fratelli tutti lo definisce «capacità abituale di riconoscere all’altro il diritto di essere sé stesso e di essere diverso», anche per le culture che hanno una differente concezione di futuro e di progresso. Non si tratta di realizzare un relativismo apparentemente tollerante. Tutt’altro. È necessario cercare «la verità che risponde alla nostra realtà più profonda», smascherando le manipolazioni e soprattutto riconoscere nel dialogo «ciò che dev’essere sempre affermato e rispettato, e che va oltre il consenso occasionale»: la dignità umana. Tutti «possiamo cercare insieme la verità nel dialogo, nella conversazione pacata o nella discussione appassionata», consapevoli che nell’umanità ci sono «semi di bene» come i «tanti compagni e compagne di viaggio che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita» nella pandemia.

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