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Pif: «Mussolini cose buone? Un dittatore di merda come ogni dittatore»

Il regista e autore parla di chi fa saluti fascisti, di cristianesimo, di accoglienza, del Papa, del pane calpestato. Era al Festival del giornalismo a Perugia per il suo romanzo "Dio perdona a tutti"

Pif: «Mussolini cose buone? Un dittatore di merda come ogni dittatore»
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8 Aprile 2019 - 12.44


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«Se una volta uno faceva il saluto romano era un’eccezione, adesso accade quasi ogni giorno e sta diventando la normalità. Mi preoccupa parecchissimo. Anche perché è chi ci governa che ha la responsabilità delle nostre vite. Ma non mi rassegno». Chi si preoccupa è Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif: ha partecipato alla serata conclusiva del Festival internazionale del giornalismo a Perugia in qualità di scrittore per il suo romanzo uscito nel 2018 che Dio perdona a tutti (Feltrinelli, pp. 186, € 16,00).
Palermitano del 1972, in quelle pagine l’autore racconta di un trentacinquenne agente immobiliare, Arturo, golosissimo di dolci, senza salde convinzioni etiche e tanto meno religiose che, per placare le ire della fidanzata ipercattolica Flora e figlia del titolare della migliore pasticceria di Palermo, decide per sfida di applicare con rigore il cristianesimo «secondo gli insegnamenti dei cinque evangelisti!” Ed evidenziai le prime tre settimane. Solo dopo mi ricordai che gli evangelisti erano quattro». Sennonché la sfida trasformerà Arturo che vorrà seguire i principi di accoglienza, uguaglianza, solidarietà verso gli altri e si troverà di fronte a ipocrisie, sotterfugi, doppia morale. Il tutto raccontato con lo stile di Pif: con ironia, autoironia, senza salire in cattedra, immergendosi nelle contraddizioni.
Partendo dal romanzo, l’incontro nella Sala dei Notari a Palazzo dei Priori ha avuto come titolo “L’amore e la religione ai tempi del populismo”. A fianco di Pif, che rifiuta l’immagine di un Mussolini che avrebbe anche fatto belle cose, sedeva il vicedirettore dell’Espresso Lirio Abbate.

In una società che si professa profondamente cattolica, cosa incontra Arturo? Qual è il punto centrale?

La mia teoria è che abbiamo una religione, una fede, all’acqua di rose, facile. Abiamo colto il lato comodo dell’essere cristiani e i fatti politici degli ultimi tempi ne sono un’ulteriore conferma.

In che senso?

Nel senso che, al di là di come la si pensi, possiamo domandarci con sempre più fondamento quanto siamo cristiani in quello che facciamo pubblicamente. Se il Papa parla del Dio dell’accoglienza un politico cristiano non dovrebbe avere esitazione. Puoi dire di non pensarla come il Papa ma è un problema per il tuo essere cristiano. Oltre tutto il Papa avrà un rapporto più diretto con Dio, no?

Francesco viene criticato proprio per il suo spirito di accoglienza.

Bergoglio è diventato Papa per volontà di Dio. Non dovrebbe esserci contestazione: se sei un cristiano vuol dire che Dio ha sbagliato? Non la metterei su questo piano. Bergoglio sta semplicemente sta chiedendo di mettere in pratica una religione, un cristianesimo reale. Non lo ha prescritto il medico. Sono l’ultima persona a poterlo dire, ma sono diventato agnostico proprio per essere coerente con me stesso.

Alcuni sacerdoti sono stati contestati perché aiutano i poveri.

Il povero che ha motivi per essere incazzato e vive in condizioni difficili se la prende con chi è più povero di lui, non con chi governa. È una tecnica politica che in passato ha avuto successo e poi è finita in tragedia.

Lei non si dichiara cristiano?

Sono un ex cristiano, non sono sicuro che Dio esista e cerco di essere coerente, non giuro sul vangelo e mi dico agnostico. Ma non è un libro sulla fede, non è un testo di Ratzinger: è un romanzo fieramente leggero che cerca di fare dei ragionamenti.

Con il sorriso si ragiona meglio?

Magari attiri persone .. Lo stesso Arturo si converte alla leggera ma abbastanza da mettere in crisi la sua vita.

Il tema dell’accoglienza e degli immigrati oggi è dirimente.

Ho iniziato a scrivere due anni prima della pubblicazione e ho beccato un argomento di molta attualità oggi.

Un artista fiuta l’aria in anticipo?

Non lo so. È il momento politico che entra anche nel privato. Non fermo il mio interesse e l’incazzatura solo a parte della giornata. Anche quando sono da solo penso al periodo che stiamo vivendo. E non mi rassegno alle notizie sui saluti romani.

Il partito fascista in teoria dovrebbe essere fuori legge.

Per la legge Scelba se tu fai il saluto romano perché vuoi ricostituire il partito fascista è illegale se no puoi dire liberamente. Ma i partigiani sono morti anche perché esistesse Casa Pound. Giorgia Meloni ha candidato un nipotino di Mussolini e ha fatto un video davanti al Palazzo dell’Eur a Roma dove questo signore afferma che Mussolini ha fatto anche tante belle cose. Allora paragoniamo le leggi razziali alla bonifica delle paludi? Viviamo in un paese democratico e dobbiamo partire dal fatto che Mussolini, come tutti i dittatori di qualunque colore, era un dittatore di merda.

Teme un ritorno del fascismo?

Non credo che tornerà quel fascismo del ventennio ma stiamo parlando di un fascismo del 2019: rischiamo una tipologia nuova di fascismo. Allora con il mio essere agnostico mi verrebbe voglia di ribattezzarmi di nuovo, paradossalmente.

A Torre Maura a Roma alcuni hanno calpestato il pane, che è anche un simbolo fondamentale del cristianesimo.

Quell’immagine va oltre, si sta perdendo qualunque buon senso. Soprattutto aggiunge tristezza a tristezza. Il fatto tremendo è che chi ha calpestato il pane si professa un uomo dai valori saldi di patria e famiglia. Sono le stesse persone che pretendono il crocifisso nelle scuole: è un cristianesimo facile. La fede è molto più difficile, è amare il prossimo come te stesso, che è un casino, non è semplice. San Francesco non mi mette in crisi quando parla coi lupi o gli uccellini ma quando fa qualcosa che potrei fare anch’io come spogliarmi di quello che ho. San Francesco andava con i lebbrosi considerati allora come gli immigrati di oggi. Quella è la grandezza. E tornando al pane: per un cristiano è infatti un simbolo oltre che un ingrediente vitale, il gesto del calpestarlo dimostra una situazione drammatica.

Il protagonista del romanzo, Arturo, fa l’agente immobiliare ma poi prende posizione.

Lui prende posizione più per conquistare la fidanzata, per provocarla. Poi ci prende gusto, allarga la provocazione agli amici, al lavoro. L’agente immobiliare è un lavoro che un po’ stona con il cristianesimo: chi vende non ti dice tutti i difetti delle case che sono sempre le migliori e hanno spese di condominio sempre bassissime. Vale per chi lavora nel commercio, è un gioco di sfumature, chi compra sa che un po’ è così, mentre Arturo decide di dire la verità, di rompere l’abitudine, di non addolcire la pillola.

Arturo era anche il personaggio centrale del film “La mafia uccide solo d’estate”: è un alter ego?

Nel tempo lo è diventato. In realtà era un gioco: mi sono affezionato alla sua figura. Qui il personaggio parte da peccatore come tutti quanti e poi con gli avvenimenti capisce. Mi piace che parta da ignorante, sbagliato, superficiale, e che acquisti coscienza lungo il libro o lungo il film.

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