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Le voci di chi visse l'orrore di antisemitismo, deportazione e Lager

Una mostra al Palazzo delle esposizioni di Roma di studenti e Studio Azzurro per ricordare Auschwitz e la macchina dello sterminio

Le voci di chi visse l'orrore di antisemitismo, deportazione e Lager
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26 Gennaio 2019 - 13.02


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Ricordiamolo: il 27 gennaio 1945 furono abbattuti di Auschwitz e fu l’inizio della conoscenza di una pianificazione finora mai praticata dal genere umano per sterminare l’intero popolo ebraico, Sinti e Rom, omosessuali, oltre a eliminare Testimoni di Geova, deportati militari e politici. Il Giorno della memoria è stato istituito dal Parlamento italiano nel 2000 su proposta dell’allora deputato del Pds Furio Colombo.

Numeri tatuati, voci e il viaggio dei deportati al Pala Expo
Sempre a Roma, mentre la Casa della Memoria e della Storia (in Trastevere) fino al 1° febbraio 2019 dedica la settimana alla Memoria con mostre, spettacoli, letture, testimonianze (clicca qui per gli appuntamenti), al Palazzo delle Esposizioni da oggi 26 gennaio fino al 31 marzo il collettivo di video e installazioni Studio Azzurro presenta “Testimoni dei Testimoni. Ricordare e raccontare Auschwitz”, una messa in scena scaturita da un’idea degli studenti che hanno partecipato al Viaggi della memoria nel lager e dal Comune di Roma che ha messo in atto la loro proposta.
Con ingresso gratuito per domenica 27, nel Giorno della memoria, “gruppi di persone, famiglie di origine ebraica – ancora unite – ci guardano da un mosaico di fotografie all’ingresso della mostra”. Ma una sezione cerca di rievocare l’esperienza fisica: siamo tutti invitati a entrare in “uno spazio ristretto che rievoca il vagone delle deportazioni. Le porte si chiudono. Nell’oscurità le voci di Mussolini e di Hitler, l’inneggiare esaltato delle folle, il ritmo incalzante del treno. Le porte del vagone si riaprono, altri volti ci osservano, quelli di coloro che avevano già varcato le soglie dei campi di sterminio. Una proiezione mostra la struttura del campo di Auschwitz, dove furono deportati non solo ebrei, ma anche prigionieri politici, oppositori, sinti, rom, omosessuali”.
Sulle pareti i volti dei deportati. Si sentono “le voci e le storie dei sopravvissuti, di coloro che si sono presi carico di raccontare, testimoni che sono tornati ad Auschwitz per affidare la loro memoria a nuovi testimoni”.
Una parte della mostra è sulla “macchina di sterminio” e sulla pianificazione degli esperimenti scientifici, sulla “babele linguistica, la Lagersprache, la lingua che serviva a sopravvivere in un luogo dove non capirsi e non capire poteva significare essere fucilati all’istante”, una terza parte cerca di ricostruire chi erano dei prigionieri identificati da numeri anonimi.

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