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Democrazia partecipata, Adriano Olivetti la immaginò già nel 1945

Al Festival della mente a Sarzana il tema è la “comunità”. In questo testo per globalist.it, ecco cosa dirà lo storico della cultura Alberto Saibene sul progetto dell’imprenditore e politico a Ivrea

Democrazia partecipata, Adriano Olivetti la immaginò già nel 1945
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27 Agosto 2018 - 13.50


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Da venerdì 31 agosto al 2 settembre Sarzana (La Spezia) accoglie i partecipanti al quindicesimo Festival della mente, rassegna multidisciplinare sulle idee e la creatività che negli anni si è guadagnata un seguito diffuso e una notevole reputazione di incontri stimolanti. Il tema quest’anno è la comunità di cui discutono 60 relatori in tre giornate e 39 appuntamenti tra conferenze, workshop e spettacoli.
Domenica 2 settembre alle 9,30 al cinema Moderno si parla di uno degli esperimenti di comunità di idee, ideali, civile, di lavoro, di fabbrica e di cultura più significativi d’Europa, la comunità immaginata da Adriano Olivetti prima come movimento e poi come realizzazione di un ideale a Ivrea. Si domandano “cos’era la comunità secondo Adriano Olivetti” (1901-1960) il nipote Beniamino de’ Liguori Carino, editore e direttore editoriale di Edizioni di Comunità, il saggista e narratore Giuseppe Lupo e lo storico della cultura Alberto Saibene del quale pubblichiamo il testo scritto per globalist.it in vista dell’appuntamento di Sarzana. Nell’incontro sull’imprenditore, politico e intellettuale verrà proiettato il documentario “Città dell’uomo” di Andrea De Sica.
Il Festival della Mente è diretto da Benedetta Marietti, è promosso dalla Fondazione Carispezia e dal Comune di Sarzana, ha una sezione per bambini e ragazzi.

Info sul sito www.festivaldellamente.it

La Comunità concreta di Adriano Olivetti di Alberto Saibene
Adriano Olivetti credeva nei simboli, nella loro forza di sintesi, nella capacità di proiettare le attività quotidiane verso una sfera ultraterrena. Così, quando nel 1942 si trattò di trovare un simbolo per le Edizioni Ivrea, quelle che dopo la guerra divennero le Edizioni di Comunità, scelse una campana. Attorno alla campana c’era da chiamare a raccolta un patrimonio di idee per chi voleva cominciare a costruire un mondo nuovo. Poi la campana divenne il simbolo attorno al quale la comunità si riuniva.
Per Adriano Olivetti la comunità è però qualcosa di concreto, di misurabile. Secondo una sua definizione è quella parte di territorio che si può attraversare a piedi in un giorno. Una ventina di chilometri, forse. Allora non lo scrisse, ma quello che aveva in mente era il Canavese, quella regione del Piemonte attraversata dalla Dora
Baltea dove comincia la Valle D’Aosta e dove Camillo Olivetti, padre di Adriano, fondò nel 1908 la “prima fabbrica italiana di macchine per scrivere”. La comunità nacque attorno alla fabbrica in modo naturale. Il processo di allargamento delle attività manifatturiere, la nuova fabbrica di vetro negli anni Trenta, i servizi sociali, l’asilo di fabbrica, il sistema di trasporti che collegava lvrea con le valli dei dintorni da dove arrivavano gli operai-contadini della Olivetti, la scuola tecnica superiore aziendale. Tutto questo contribuì nella prassi a creare una comunità, una comunità concreta. Solo le vicissitudini di Adriano Olivetti durante la Seconda guerra mondiale, soprattutto l’espatrio in Svizzera nel febbraio 1944, gli lasciarono il tempo di pensare a quello che aveva realizzato fin lì e a riprendere quel guazzabuglio di pensieri che aveva appuntato negli anni precedenti.
Per una democrazia partecipata (ed era il 1945)
La sua idea, certo visionaria, ma spiegata fino nei dettagli, fu quella di creare una nuova forma di Stato attorno al concetto di comunità. Quello che scaturì fu il libro “L’ordine politico delle Comunità” che uscì nel 1945 con il sottotitolo “Le garanzie di libertà in uno stato socialista”, a cui seguì una seconda edizione nel 1946 sottotitolata “le garanzie di libertà secondo le leggi dello Spirito”. La nuova edizione uscì in coincidenza con l’apertura dei lavori della Costituente, essendo prima di tutto il libro un progetto di riforma costituzionale dello Stato italiano in senso federalista. Pur constatando la fine del socialismo, l’ispirazione del volume è marxista (la società divisa in classi), ma la preoccupazione massima dell’autore è creare una forma di democrazia partecipata in cui le circoscrizioni elettorali uninominali coincidano con quelle amministrative. Una forma di governo diretta del territorio che esprime i propri rappresentanti a un livello superiore.
Non è qui il caso di entrare nel dettaglio di un libro che allora venne letto da pochissimi, essendo così in controtendenza rispetto a un’epoca in cui rinascevano i partiti di massa e il decentramento amministrativo era soltanto evocato da pochissimi. Ridurre la distanza tra i cittadini e i propri rappresentanti, diminuendo o annullando la mediazione dei partiti, fu un problema che rimase e rimane sul piatto.
Uno stato sociale in miniatura a Ivrea
Adriano Olivetti si stufò ben presto di Roma e tornò a Ivrea dove si costruì da solo una comunità modello attorno alla fabbrica di Ivrea e al territorio del Canavese. La costruì nella pratica quotidiana, organizzando uno stato sociale in miniatura.
Chiamò a collaborare con lui alcuni giovani intellettuali (Fortini, Pampaloni, Ottieri, Volponi e molti altri) a cui chiese di adoperarsi, secondo vocazione, nelle attività della Olivetti. Pur prevedendo un impegno nelle attività culturali (la casa editrice, le riviste), non era questo quello che ad Adriano interessava soprattutto. Voleva che uomini di cultura si calassero nella realtà del lavoro e mettessero in funzione le proprie capacità critiche e creative. Qualcuno di loro aderì al Movimento Comunità, fondato da Adriano Olivetti nel 1948, che fu a lungo un pensatoio, prima che maturassero le condizioni politiche che consentissero al Movimento di presentarsi prima a livello locale, poi nazionale.
Idee allora troppo in anticipo sui tempi
Se a Ivrea e nel Canavese il Movimento ebbe un gran successo ed elesse i propri rappresentanti, nel resto d’Italia, nonostante esistesse qualche centro comunitario, andò malissimo. Non poteva che andare così. Le idee di Adriano Olivetti erano troppo in anticipo rispetto ai tempi e restano a disposizione di chi vorrà raccoglierne gli spunti, a partire dalla lettura dei suoi scritti e dalla conoscenza delle sue realizzazioni. Pensiero e azione infatti non vanno mai disgiunti quando si ritorna alla luminosa figura di Adriano Olivetti e alle sue idee di comunità.

L’Ivrea di Olivetti 54esimo sito italiano dell’Unesco

 

 

 

 

 

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