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Damilano: “Da noi l’avversario si annienta, non si dialoga"

Il direttore dell’Espresso ha appena pubblicato un saggio su Aldo Moro e la politica negli anni ’70 e oggi

Damilano: “Da noi l’avversario si annienta, non si dialoga"
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8 Maggio 2018 - 15.30


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L’omicidio di Aldo Moro sequestrato dalle Brigate Rosse resta uno dei misteri insoluti della storia italiana. Nel senso che non ne sappiamo tutte le ragioni. Nel gran fiorire di pubblicazioni il direttore dell’Espresso Marco Damilano ha appena pubblicato “Un atomo di verità. Aldo Moro e la fine della politica in Italia”  (Feltrinelli) prendendo spunto da una lettera del politico democristiano al deputato dello stesso partito Riccardo Misasi: “Datemi un milione di voti e toglietemi un atomo di verità e io sarò perdente” .

Il giornalista (che molti di voi avranno conosciuto come ospite fisso a “Gazebo” e con il suo “spiegone” sulla complicata politica) presenta il volume mercoledì 9 maggio alle 18 alla Sala delle Colonne nella Galleria d’arte moderna e contemporanea di Roma (ingresso libero) con Ernesto Galli della Loggia.

Damilano, storico di formazione, ha studiato la personalità del presidente Dc e ha scavato nell’Italia. In un’intervista all’Huffigston Post (del gruppo La Repubblica-l’Espresso) ha definito un paese “senza memoria, o dalla memoria lacerata. Questo vale anche per Aldo Moro, di cui ricordiamo a malapena la tragica fine ma non sappiamo più dire chi è stato. Io volevo liberare la memoria di Moro dalla seconda prigionia in cui è stato isolato, dopo quella delle Brigate rosse 40 anni fa”. E sugli anni 70 ha dichiarato: “Sono rimasto quasi sconvolto dalla pulsione di morte che attraversa la politica negli anni ’70, a destra e a sinistra. A un certo punto sembra che tutti vogliano eliminare Moro. Dopo la violenza terroristica è finita, ma non questa pulsione di annientamento dell’avversario. Siamo tra l’eterno abbraccio trasformistico e lo scontro finale, la possibilità di un dialogo restando diversi non è contemplata”.

Sempre all’Huffington in una risposta paragona Craxi a Moro: “Uno interpreta un’idea fragile del potere, l’altro vuole il potere forte, uno è graduale, l’altro decisionista. Moro è stato ucciso dopo un processo farsa dalle Br, Craxi è stato condannato dai tribunali della Repubblica. Ma Tangentopoli è la coda della fine della politica cominciata in via Fani. E i due fanno parte di una memoria spezzata, di una vicenda nazionale che non si riesce a ricomporre”.

 

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