Paolo Pagani: «Vi porto a casa di Darwin e Marx, rivoluzionari» | Culture
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Paolo Pagani: «Vi porto a casa di Darwin e Marx, rivoluzionari»

Un libro divertente e profondo: con “I luoghi del pensiero” l’autore esplora le stanze di Cartesio, Heidegger, Arendt e altre menti. «Il Salone di Torino ha sbagliato a invitare i fascisti»

Paolo Pagani: «Vi porto a casa di Darwin e Marx, rivoluzionari»
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23 Maggio 2019 - 16.10


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Rock Reynolds

I libri che raccontano la vita e illustrano le teorie di alcuni dei più grandi pensatori europei non mancano certo. Più raro è, invece, imbattersi in uno scritto che manifesti la passione, se non addirittura l’ammirazione, dell’autore per tali menti straordinarie attraverso un’analisi dei luoghi in cui hanno partorito le loro idee più imperiture e, talvolta, spiegandocene pure le idiosincrasie, insomma quelle piccole ossessioni e manie e quei difettucci che ce li rendono più simpatici, meno alieni.
I luoghi del pensiero (Neri Pozza, pagg 366, euro 13,50) di Paolo Pagani è, sotto svariati punti di vista, una lettura preziosa. Giornalista professionista, con studi di filosofia alle spalle, Pagani paga un tributo al suo amore per la conoscenza a trecentosessanta gradi, calandosi nella realtà di posti spesso favoleggiati ma mai realmente frequentati da quei lettori che, peraltro, hanno consumato le pagine dei loro pensatori di riferimento. Scandito da capitoli inerenti un personaggio o una coppia di personaggi, I luoghi del pensiero rappresenta al tempo stesso un omaggio alla straordinaria accelerazione impressa al pensiero occidentale dalle figure prese a riferimento; una chiave di ingresso nella loro incredibile opera; un’intrigante guida turistica che può coniugare la sete di conoscenza con la voglia di visitare ambienti intriganti sul piano artistico, storico e, perché no, pure naturalistico.
Chi sono i protagonisti? Alcune delle menti più rivoluzionarie nella storia dell’Occidente moderno: Cartesio, Spinoza, Gottfried Wilhelm Leibniz, Isaac Newton, Charles Darwin, Karl Marx, Ludwig Wittgenstein, John Maynard Keynes, Martin Heidegger, Hannah Arendt, Thomas Mann.

Volete sapere cosa accomuna Marx e Darwin, uniti nello stesso capitolo malgrado un’apparente inconciliabilità, quanto meno sul piano socioeconomico? Vi piacerebbe fare due passi insieme a Heidegger su un sentiero nel folto della Foresta Nera? Vi intriga l’idea di capire come mai Spinoza per sbarcare il lunario, ma, soprattutto, per spurgare la mente dalle scorie delle sue profonde elucubrazioni filosofiche, molasse lenti, intrigando lo stesso Wittgenstein che, a sua volta, avrebbe voluto disporre di un’attività accessoria per “riposarsi dal pensiero”? Una risposta a queste e ad altre curiosità – come il fatto che la tomba di Newton si trovi nell’abbazia di Westminster a Londra, accanto a quella di Darwin e di Stephen Hawking – la individuerete tra le pagine profonde e al tempo stesso divertenti di questo libro. La copertina stessa, che ritrae proprio Martin Heidegger a spasso in un bosco, la dice lunga.

Spesso, infatti, sono le tracce fisiche del pensiero a darci il polso di una teoria. Pagani ci spiega anche come, con ogni probabilità, Newton la fatidica mela non l’abbia mai vista cadere, ma è intrigante scoprire che Spinoza, che scelse l’Olanda proprio come Cartesio (“un nuovo inizio in tutti i campi”, come lo definì Hegel), fosse d’indole sedentaria e non uscisse sostanzialmente mai di casa, un po’ come Immanuel Kant. Forse, semplicemente, perché non ne aveva bisogno, ricevendo nella sua umile dimora le visite di alcuni dei maggiori intellettuali europei del periodo, scavando un solco definitivo nella storia culturale del continente. Non a caso, Albert Einstein dichiarò: “Io credo nel Dio di Spinoza che si rivela nell’ordinaria armonia di ciò che esiste, non in un Dio che si preoccupa del destino e delle azioni degli esseri umani”.
Paolo Pagani ha risposto a qualche mia domanda, anticipando quelle che il lettore senz’altro si farà dopo aver consumato questo suo gustoso saggio, che appassiona come un romanzo.

Parlando dell’ebreo Wittgenstein, lo descrive come un uomo tristissimo. Quanto c’è di vero nella teoria secondo cui Hitler avrebbe sviluppato la ben nota ossessione per gli ebrei anche per odio nei confronti del benestante Wittgenstein che frequentava la sua stessa scuola?
È la tesi di Kimberley Cornish in The Jew of Linz. Wittgenstein, Hitler and Their Secret Battle for the Mind, libro che cito nella mia bibliografia finale. Ludwig non era propriamente classificabile come ebreo, essendolo in “minima percentuale”, per parte di qualche nonno. Credo sia una fascinosa suggestione credere che Hitler sia stato condizionato dalla frequentazione scolastica di Wittgenstein a Linz, non dimostrabile storicamente. L’originalità, la libertà interiore, la genialità e la misantropia di Ludwig ne fanno comunque il capro espiatorio perfetto per qualunque visione totalitaria del mondo.
Talvolta accosta personaggi improbabili, come Marx e Darwin. Cos’avevano in comune?
Non credo sia improponibile l’accostamento tra l’uomo dell’Evoluzione e quello della Rivoluzione. Darwin ha rivoluzionato il pensiero delle origini, dunque è stato un vero rivoluzionario. Vedi l’orazione funebre di Engels: l’uno ha fatto nelle scienze sociali quello che l’altro ha concluso nelle scienze naturali. Hanno anche condiviso la geografia, la Londra del loro tempo. Ed entrambi hanno “ucciso Dio”, cancellando qualunque spiegazione trascendente della natura dell’uomo.
Lei traccia un interessante parallelo tra il Rinascimento fiorentino, l’Amsterdam del XVII secolo e la Vienna di fine Ottocento. Cosa unisce idealmente tre periodi e tre città?
Sono tre luoghi del genio. Non era mai successo prima (ecco, magari nell’Atene del V secolo a.C. e, forse, in seguito a Parigi negli anni Trenta o nella Silicon Valley di oggi) che si radunassero tante eccellenze nello stesso luogo e nello stesso momento storico. Tutto qua. E non mi pare poco.
Come si è sentito nella casa-museo di Spinoza, di fronte alla sua ricca biblioteca?
È stato emozionante. Scoprire le letture di un fondatore della modernità è meravigliosamente unico. Come unico fu lui, nella sua vita filosofica in cui la biografia si fonde perfettamente con un pensiero di libertà e tolleranza.
La Foresta Nera, un luogo dalle suggestioni nibelunghe. Eppure ne parla a proposito di due personaggi come Heidegger, tacciato di apologia del nazismo, e Anna Arendt, vittima del regime. Sembra quasi una provocazione…
È storico: la Foresta Nera ha partorito il capolavoro di Heidegger. E Heidegger strinse una scandalosa relazione con una studentessa ebrea. Che non andò mai nella baita col suo uomo. Ma quel luogo sprigiona un fascino speciale, propizia la memoria dell’incontro tra due menti gigantesche. Non intendevo provocare, ma stigmatizzare la potenza evocativa di un luogo.
Da uomo di pensiero, che ha scritto un libro sul pensiero, che riflessioni ha fatto dopo l’apertura polemica del Salone di Libro di Torino e la decisione di ospitare lo stand di una casa editrice dai propositi apertamente antitetici rispetto ai valori della nostra Costituzione?
Credo sia stato un errore invitare i fascisti, non accorgersi prima, in fase di selezione, chi fossero quegli sgraditi ospiti. Credo anche sia stato un errore mettere in piedi un cancan mediatico tale da farli passare per vittime del sistema. Per giunta, dando loro una immeritata notorietà.
In certi paesi, soprattutto in Francia, Inghilterra e Germania, le eccellenze intellettuali della storia hanno avuto un trattamento di favore e hanno finito per essere una fonte di ricchezza economica, attraverso musei, festival e quant’altro. Secondo lei, si sta muovendo qualcosa anche da noi?
Non so se qualcosa si stia muovendo o possa muoversi da noi. Sono convinto che le idee migliori siano venute dai paesi che cita: il Nord Europa, più libero da storici condizionamenti teologico-religiosi, ha avuto un ruolo fondamentale nel liberarci dai dogmi.

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