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Saluto romano? Un falso storico inventato da Mussolini: chiamatelo saluto fascista e basta

Il regime fascista mise in giro la menzogna secondo la quale il saluto con la mano a paletta era quello degli antico romani per appropriarsi dei fasti dell'impero. Ma è un falso storico.

Saluto romano? Un falso storico inventato da Mussolini: chiamatelo saluto fascista e basta
Saluti fascisti
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

5 Febbraio 2024 - 14.23 Globalist.it


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“L’esperienza e la storia insegnano che uomini e governi non hanno mai imparato nulla dalla storia, né mai agito in base ai principi da essa edotti”. La riflessione appartiene a Hegel, e trova puntuale, tragico riscontro. L’ultimo esempio è la vicenda dei cosiddetti saluti romani al raduno neofascista ad Acca Laurentia, che sta scuotendo le coscienze dei pochi avvertiti di una situazione ormai intollerabile, vista la costanza con cui si ripete. È notizia di queste ore che gli inquirenti stanno indagando sui filmati delle telecamere: c’erano un migliaio di militanti di estrema destra e frange del tifo ultrà, e si sta valutando il reato di apologia di fascismo.

L’ennesimo, deprecabile episodio fornisce lo spunto per riflettere su una delle centinaia di bufale e idiozie che continuano a circolare sul fascismo, ad oltre un secolo dalla sua nascita. Per un accurato elenco si rimanda, tra gli altri, al libro dello storico Francesco Filippi, Mussolini ha fatto anche cose buone (Bollati Boringhieri, pp. 131, €12), un agile libello che smentisce, fatti alla mano, le falsità storiche che si sono tramandate su quella dittatura, dure a morire nell’immaginario collettivo di una nazione che predilige le frottole alla realtà.

Qui vogliamo sbugiardare una delle tante “leggende”, secondo la quale il saluto fascista sia la riproposizione del saluto romano, cioè del modo di salutare invalso tra gli antichi romani, al cui impero il fascismo si richiamava, operazione che presupponeva una patente falsificazione, lampante caso di uso pubblico della storia, com’è tipico di ogni regime.

Il saluto fascista è un gesto in cui il braccio destro viene completamente esteso in avanti, alzato di circa 135 gradi rispetto all’asse verticale del corpo, con il palmo della mano rivolto verso il basso e le dita unite. Ebbene, le fonti storiche di cui disponiamo non riportano alcun riferimento a questo gesto come saluto diffuso nell’antica Roma. In realtà, il gesto di alzare il braccio destro nella cultura romana – come anche in altre culture dell’antichità – aveva un significato diverso dalla versione moderna che conosciamo. Ad esempio, nella letteratura latina il gesto di alzare il braccio destro era spesso associato alla divinità Giove, solitamente raffigurata con un fulmine in mano. La posa poteva anche essere usata per indicare un giuramento o una promessa, o per impartire un comando.

Nell’arte romana, il gesto di alzare il braccio destro (non stenderlo) è spesso rappresentato nelle raffigurazioni di soldati, che in tal modo salutavano il proprio comandante; o anche era un segnale per lanciare un attacco contro il nemico.

Il saluto fascista fu introdotto per la prima volta dal movimento fascista italiano nel 1923. Il leader del movimento, Benito Mussolini, lo scelse come gesto simbolico per rappresentare la forza e l’unità del fascismo, coniando così un’odiosa forma di saluto che presupponeva l’abbandono di una cordiale stretta di mano, considerata troppo “borghese” e poco militaresca: un ridicolo modo per militarizzare l’anima degli italiani, ingreggiarli anche nelle forme civiche del saluto,  dell’espressione della cortesia e dell’amicizia. 

Basterebbe questa considerazione a qualificare gli imbecilli che ancora si ostinano a stendere la mano come tante marionette, costretti nell’espressione dei loro sentimenti al diktat di un folle fucilato e morto appeso all’ingiù dopo aver condotto alla distruzione e alla dannazione un Paese intero.

Ad ogni modo, è storicamente accertato che i romani non salutavano così, e probabilmente si sarebbero sganasciati dalle risa davanti a una tale pagliaccesca forma di saluto.

Il punto però è un altro: in Italia quel saluto è considerato un simbolo del fascismo, cioè di quel movimento politico che fece della guerra, della violenza, dell’odio, della sopraffazione, del razzismo, della discriminazione la sua ragion d’essere. È stato dichiarato reato nel 1952 e oggi è – o dovrebbe essere, poiché non accade pressoché mai – punito con la reclusione da uno a sei anni. E invece quel gesto osceno e ridicolo continua tranquillamente, apertamente e provocatoriamente ad essere eseguito e tollerato, con il corollario dei benpensanti: vabbè, sono pochi grulli a farlo, cosa vuoi che sia. E qui torna in ballo la riflessione di Hegel: perché fu proprio con questo atteggiamento lassista, indulgente e indifferente che il fascismo prese piede e insanguinò l’Italia per oltre un ventennio. Ed è così che ancora continua a tormentarci, pur essendo stato decretato morto dalla storia e dall’esperienza.

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