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Generali russi, ovvero berretti che camminano

Un osservatore straniero, però molto straniero, che venisse da un altro pianeta, potrebbe trarre la conclusione che fra le dittature, la crudeltà, la violenza e i grossi cappelli militari c’è un legame

Generali russi, ovvero berretti che camminano
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Maurizio Bettini Modifica articolo

16 Marzo 2022 - 18.06


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Non so se fate mai caso ai cappelli, ai berretti, ai copricapi in genere. Si possono fare scoperte interessanti, soprattutto in campo militare. Per averne un esempio basta osservare l’ampiezza, e l’altezza, dei berretti che indossano i generali russi. Sono enormi, l’alzata sopra la visiera è talmente sproporzionata che davvero potrebbe far diventare Renato Rascel un corrazziere, come avveniva nella celebre macchietta. Per non parlare della larghissima padella, inclinata verso l’altro, che sovrasta l’alzata al di sopra della visiera.

Ufficiali e generali russi sono in pratica dei berretti che camminano. La cosa curiosa è che anche gli ufficiali bielorussi, appartenenti a un paese (e a un esercito) peraltro così vicino alla Russia, indossano berretti ugualmente sproporzionati. Quel gentiluomo di Lucascenko, quando è in divisa, non sfigurerebbe affatto accanto al temuto generale Gerasimov. Sempre in tema di berretti militari, sarà un caso che anche gli ufficiali nord-coreani ne indossino di altrettanto giganteschi? Quando riprendono Kim-jon-un, il dittatore nord coreano, assieme al suo stato maggiore, paiono una famiglia di funghi autunnali spuntati in mezzo a un prato.

Un osservatore straniero, però molto straniero, tipo un essere che venisse da un altro pianeta, potrebbe trarre la conclusione che fra le dittature, la crudeltà, la violenza e i grossi cappelli militari c’è un legame, che gli uni presuppongono le altre. E forse non sarebbe neppure troppo sbagliato

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