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In Germania cade una delle ultime leggi naziste: quella sull’aborto

A quasi 90 anni dall’entrata in vigore, il governo tedesco vuole depenalizzare l’informazione sull’aborto, vietata ai medici dall'articolo 219 del codice penale

In Germania cade una delle ultime leggi naziste: quella sull’aborto
Una manifestazione femminista in Germania
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11 Febbraio 2022 - 18.30


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di Chiara Guzzarri

La Germania si sta muovendo per abolire finalmente il divieto ai medici di dare informazioni riguardo all’interruzione di gravidanza. Il progetto di legge è stato presentato dal ministro della Giustizia Marco Buschmann, stabilendo che ‘’i medici devono essere in grado di sostenere le donne in questa difficile situazione senza timore di essere perseguiti penalmente’’.

Fin dagli anni Settanta si sono susseguite manifestazioni,  raccolta di firme e proteste dei movimenti femministi e ora, finalmente, il nuovo governo tedesco ha deciso di depenalizzare l’informazione sulle pratiche abortive. La responsabilità penale è prevista da un articolo del Codice penale che risale all’epoca nazista: dal 1933, ai medici tedeschi è vietato fornire qualunque informazione sui metodi utilizzati per abortire. La normativa, introdotta dal partito nazista nell’ambito di una campagna demografica per la protezione della ‘razza ariana’, è ancora oggi usata come scudo da medici, cliniche e associazioni pro-life.

Chi si oppone al diritto di aborto utilizza regolarmente di questo articolo, il 219, per intimidire e colpire medici e cliniche e i tribunali ne hanno dato un’interpretazione rigorosa. La disinformazione in atto è grave, e a spiegarlo è proprio il ministro Buschmann, su Il Post: “Molte donne cercano consigli e informazioni anche online, ma non può essere che i professionisti che sono particolarmente qualificati per fornire informazioni sull’esecuzione di tali procedure non siano autorizzati a farlo”.

Appare sempre più incomprensibile come una simile situazione possa esistere in un paese sviluppato come la Germania. A smuovere le acque e sollevare mediaticamente la questione è stata la vicenda della ginecologa Kristina Hänel.  Nel 2017 è stata denunciata da un gruppo antiabortista, e per questo, condannata dal tribunale di Gieβen, in Assia: aveva semplicemente pubblicato sul proprio sito un documento in pdf in cui dava indicazioni sull’aborto farmacologico e chirurgico.

La dottoressa Hänel era stata dichiarata colpevole di pubblicizzare, a loro detta,  l’aborto e il tribunale aveva precisato che l’articolo  ancora in vigore aveva l’obiettivo di impedire la normalizzazione di tale pratica. La ginecologa aveva poi fatto ricorso alla sentenza e con i movimenti femministi aveva avviato una campagna di protesta che era stata presentata al parlamento.

Nel febbraio del 2019  è quindi raggiunto un “compromesso” e il Bundestag riformula l’articolo 219 nella sua attuale versione: i medici possono comunicare che l’aborto fa parte dei servizi offerti, ma non dare pubblicamente informazioni sul metodo di queste stesse pratiche. Ma questo provvedimento non è sufficiente, così che nel novembre 2021, in vista dei negoziati per la formazione della maggioranza di governo, i gruppi femministi hanno presentato una petizione a tutti i partiti democratici per cancellare dal codice penale il comma 219. Il dibattito pubblico ha trovato terreno fertile nelle istituzioni che in questi giorni ha inserito la modifica della legge nel contratto di coalizione, affermando che “l’opzione di interrompere una gravidanza a costo zero fa parte di un sistema sanitario affidabile”.

Il progetto consente ai medici di essere, finalmente, in grado di sostenere le donne in un momento delicato e in una scelta difficile, senza timore di essere perseguitati penalmente unicamente perché hanno fatto il loro lavoro, vale a dire dare informazioni ad un paziente. La presa in considerazione dell’aborto è un momento difficile da affrontare per la donna, ci si sente spesso giudicate e con la spada di Damocle sulla testa. Riuscire a compiere una scelta simile avendo ricevuto tutte le informazioni necessarie in merito, da personale specializzato che non teme una denuncia da un momento all’altro, è un diritto ma anche un dovere che lo Stato dovrebbe garantire ovunque e a prescindere.

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