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Gli italiani vedono tanta televisione: lo svela il Censis nel Rapporto sulle "diete mediatiche"

Il rilevamento annuale del consumo dei media conferma il ruolo della tv, sempre più vista in molteplici modi. Internet domina davvero. Calano i giornali, stabili la radio e social. Boom di YouTube e bene anche i libri.

Gli italiani vedono tanta televisione: lo svela il Censis nel Rapporto sulle "diete mediatiche"
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14 Marzo 2024 - 17.59


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di Manuela Ballo

Chi lo fa usando il vecchio e amato schermo; chi lo fa muovendosi e spostandosi per strada con il telefonino; chi usa il computer: di fatto tutti, in Italia, guardano la televisione. Lo dice il Censis, nell’annuale rapporto sulla rilevazione dei consumi mediatici. E se quindi un vecchio adagio sosteneva che “siamo quel che mangiamo”, mediaticamente parlando possiamo sostenere di esser anche ciò consumiamo. Cioè, esseri televisivi.

Lo scopriamo analizzando quale sia stata la dieta mediatica seguita dagli italiani nel corso dell’anno appena passato. La Radio registra un lieve calo complessivo (appena l’1 per cento) e in generale tiene, soprattutto grazie ai processi di ibridazione del sistema dei media. I radioascoltatori sono il 78,9% degli italiani con un calo di chi la ascolta da casa con l’apparecchio tradizionale e l’incremento dell’auto- radio che ritorna ai livelli
pre-pandemici. Dunque, è stata l’auto e l’aumento dei servizi streaming ad aver permesso alla “vecchia” radio di restare tra i principali alimenti di questa dieta.

Da sempre la radio si ascolta anche “in cammino”. Il fatto nuovo è che ormai lo si fa sempre più anche con la televisione che, in questo momento, è la regina indiscussa dei media: il suo uso rimane stabile dal 2022 al 2023: si va dal 95,1 % del 2022 al 95,9.
Rimane stabile la tv tradizionale (+0,9% rispetto al 2022) mentre diminuisce, leggermente, la visione di quella satellitare. Forse è un calo naturale dopo la grande sbornia per i programmi delle piattaforme internazionali. A garantirle il primato è la visione attraverso internet (web e smart Tv) un tipo di consumo che tocca oltre la metà della popolazione arrivando all’emblematico dato di oltre il 56 per cento delle utenze. Più di un terzo degli italiani, per la precisione il 33,6 usa la tv in “mobile”. Sarebbe interessante verificare questi dati generali comparandoli con alcuni eventi particolari, tipo Sanremo, per vedere quanto in questa nuova forma di seguire il mezzo abbia un peso rilevante  la presenza di un pubblico giovane.

E la stampa? Non c’è da stupirsi della decrescita che colpisce, dal lontano 2007, la lettura dei quotidiani tradizionali, cioè di carta: da quella data nella quale il 67 per cento degli italiani leggeva il giornale siamo passati al 22 per cento nel 2023 La media del calo oscilla oltre il 3 per cento all’anno cioè al meno 45 per cento negli ultimi 15 anni. Cala, anche se un po’ di meno, la lettura dei settimanali e dei mensili.

Una parte dei lettori, come sappiamo, è stata recuperata attraverso la lettura dei quotidiani on-line. Anche questo processo si è momentaneamente interrotto dal momento che anche gli utenti dei quotidiani online, ora, diminuiscono: sono il 30,5% degli italiani (-2,5% in un anno), mentre sono stabili i cittadini che utilizzano i siti webd’informazione(il 58,1% ). Inoltre c’è da considerare che dal 2011 erano aumentati di oltre 1l, 20 per cento. 

Nel consumo dei singoli media, o dei media incrociati, influisce l’uso massiccio che gli italiani fanno di Internet. Ormai lo usano l’89,9% degli italiani, con smartphone, in questo caso, che fa da padrone(l’88,2%).
I social mantengono un alto tasso di utenze a parte alcune eccezioni.  Facebook ha subito una lieve decrescita (5,5 percento) nel consumo generale. È in particolare diminuito tra i giovani.  Un calo maggiore l’ha subito Twitter, passato dal 20,1% al 17,2%. Un fenomeno, l’abbandono dei social più tradizionali, che è in atto da tempo e che perciò non stupisce molto. È semmai più curioso notare come i giovani non amino più le creazioni più recenti, alcune congeniate proprio per loro: Snapchat passa dal 23,3 all’11,4 per cento mentre Telegram scende dal 37,2% al 26,3%.

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