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Danilo Dolci, il Ghandi di Sicilia che abbiamo dimenticato

Nel centenario della nascita di Danilo Dolci, il libro di Giuseppe Maurizio Piscopo riporta alla luce la sua figura di sociologo e attivista che ha lottato per i diritti dei più deboli in Sicilia con il metodo della non violenza.

Danilo Dolci, il Ghandi di Sicilia che abbiamo dimenticato
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23 Agosto 2024 - 17.16


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Danilo Dolci, nato nel 1924 a Sesana, in Slovenia, è stato un sociologo, educatore e attivista simbolo della lotta non violenta per i diritti civili in Sicilia, tanto da essere spesso definito il Gandhi siciliano. Ha dedicato la sua vita alla battaglia contro la mafia, alla difesa dei diritti dei lavoratori e alla promozione di un cambiamento sociale basato sull’educazione e la giustizia.

Nonostante l’importanza del suo impegno, la sua figura sembra essere stata trascurata e quasi nascosta dalle narrazioni ufficiali. Proprio questo vuoto è alla base del libro di Giuseppe Maurizio Piscopo, Ci hanno nascosto Danilo Dolci, edito da Navarra (115 PP); un volume che ci invita a scoprire la complessità e l’attualità dell’eredità lasciata dal sociologo.

Il libro di Piscopo è uno scrigno ricco di testimonianze e contributi visivi. Egli denuncia l’assenza di Dolci dai libri di testo scolastici e solleva interrogativi su come la storia possa marginalizzare figure chiave come quest’uomo. Come sottolineato dall’autore, Dolci non era solo un sociologo, ma anche un poeta, un educatore e un uomo che ha sfidato il potere mafioso e le istituzioni in un’epoca in cui il cambiamento sembrava impossibile.

Arrivato in Sicilia nel 1952, Dolci assistette alla morte per denutrizione di un bambino in una delle aree più povere dell’isola, un evento che segnò l’inizio della sua lotta contro la miseria e, da quel momento, le sue azioni di protesta pacifica, tra cui digiuni e scioperi alla rovescia, divennero il cuore della sua strategia per dare voce agli ultimi.

Le battaglie di Dolci, come la lotta per l’acqua e la costruzione di una diga nell’Alto Belice, sono rimaste nella memoria collettiva della Sicilia, come la sua Radio dei poveri cristi, una stazione radiofonica improvvisata che trasmise per 27 ore nel 1970 prima di essere chiusa dalla polizia; un atto di ribellione contro il silenzio imposto dalla legge.

Attraverso quella trasmissione, Dolci denunciò il potere mafioso e l’inerzia delle istituzioni di fronte al dramma della ricostruzione del Belice, devastato dal terremoto del 1968.

Il libro, pubblicato nel centenario della nascita di Dolci, rievoca la sua storia e invita a una riflessione critica su quanto siano attuali ancor oggi le sue battaglie. Piscopo, insegnante, giornalista e musicista, raccoglie nel volume anche le voci di chi conobbe Dolci e le immagini storiche del suo lavoro, accompagnando il tutto con un brano musicale eseguito da lui stesso.

L’autore afferma che è essenziale riportare Dolci tra i giovani, far conoscere alle nuove generazioni quello che ha fatto per la Sicilia e per l’Italia. La sua eredità, infatti, non riguarda solo il passato, ma si collega alle sfide di oggi, come la lotta per l’ambiente e contro le disuguaglianze.

La storia di Dolci inizia con un gesto di compassione, ma si sviluppa in un impegno ininterrotto per la dignità umana. Le sue idee di giustizia, pace e partecipazione dal basso sono ancora presenti e contemporanee, ma richiedono di essere riscoperte, rilanciate e valorizzate. Grazie al suo lavoro Piscopo riporta questa memoria in primo piano, affinché non venga più “nascosta”.

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