“S’i fosse medico mi toccherei”: Agostinelli riscrive Angiolieri e Leopardi per il 2020 | Culture
Top

“S’i fosse medico mi toccherei”: Agostinelli riscrive Angiolieri e Leopardi per il 2020

Con “L’ospite perfetta” l'autore fa un’insolita parodia di pietre miliari della poesia italiana: qui trovate la versione ispirata a “S’i fosse foco”, il commento di Daniele Luti e il sonetto originale

“S’i fosse medico mi toccherei”: Agostinelli riscrive Angiolieri e Leopardi per il 2020
Preroll

redazione Modifica articolo

28 Settembre 2020 - 10.22


ATF

di Daniele Luti

S’i fosse virus invaderei lo mondo
S’i fosse medico mi toccherei
S’i fosse ‘n quarantena impazzirei
S’i fosse Johnson manderei ‘n profondo.

S’i fosse Trump mi farei un po’ tondo
Ché l’americani non intorterei,
S’i fosse ‘l gran cinese sì te lo direi:
T’ho messo sotto con lo capo a fondo.

S’i fosse morte andarei da Erdogan
S’i fosse vita a Upolu da Lui
A fare omaggio alla Sua Immensità.

S’i fosse Ale, com’i’ sono e fui
Berrei il gin tonic di gran qualità
E i brutti libri lassarei altrui.

Questo è il primo sonetto riadattato con forza da Alessandro Agostinelli, autore di questo cimento letterario, cioè un suo libro di sonetti italiani, intitolato “L’ospite perfetta” (Samuele Editore, pp. 58, euro 12), tutto in tema Covid-19. Ripreso dal famosissimo sonetto di Cecco Angiolieri è il più politico tra quelli scelti da Agostinelli, dove si fa riferimento alle varie sciocchezze dichiarate dai potenti della Terra a primavera scorsa, ai tempi del cosiddetto lockdown, quando si poteva soltanto arguire la virulenza di questo coronavirus.

La parodia è un genere letterario. Moltissimi sono gli scrittori e i poeti che l’hanno praticata, dai goliardi delle università medievali a Tassoni, Cervantes, Swift, Chateaubriand, Proust, per arrivare a Eco, per citarne solo alcuni.
Irriverenza, scoronamento dell’eroe – per dirla con Bachtin – gioco dialettico con gli autori utilizzati, esibizione di acrobatismo culturale con provocatoria mostra di sé nel padroneggiare generi, metriche, schemi raffinati di criptica fattura. Ma anche erosione, liberazione da più o meno detestate dittature culturali tanto per scendere dalle spalle dei giganti del passato. E la voglia di provare, su spartiti solenni, la modificazione meccanica, nel rispetto della misura del verso e delle diverse “attrezzature” retoriche, per ottenere il riso, lo sberleffo, lo sghignazzo, la contaminazione blasfema.
Niente di tutto questo ho trovato nel prezioso libro di Alessandro Agostinelli, scrittore e poeta appartato, ma di rara profondità. Egli prende un autore, una pietra miliare della poesia e, nel rispetto della sua musicalità, della sua integrità scritturale, tenta di farla cantare di nuovo, in un mondo completamente cambiato per geometria storica e fluidità sociale. Quindi, un gioco dialettico, un fraseggio a due uscite: il poeta che serve da modello e il lettore contemporaneo.

Della parodia tradizionale, insomma, mancano la semplificazione, la sostituzione delle parole con altre che non hanno la medesima preziosità concettuale, che implicano una leggerezza a volte cialtrona o forzata, comunque dimentica del valore anche formale del testo di riferimento, tesa a usare il modello solo per la divulgazione e la sua riconoscibilità fra cultori della memoria ginnasiale.
Agostinelli non scrive “alla maniera di”, ma cerca un rapporto con la tradizione ed entra con la sua modernità nello scrigno di autori che sente vicini. E in loro compagnia, dialogando con loro, modella, riplasma, corregge, adatta, trovando parole nuove per musiche antiche per cantare i drammi del suo, e del nostro mondo. Egli sa, come scrive il professor Alberto Casadei, nella sua intelligente e colta prefazione, che “l’arte autentica conduce all’attenzione, attraverso lo stile veicola nuclei di senso”. Così Agostinelli, utilizzando Angiolieri, Cavalcanti, Petrarca, Ariosto, Foscolo, Leopardi, Gozzano come spiriti guida, come compagnie eccellenti, sa che il suo canto si farà più sicuro e che il labirinto contemporaneo, il viaggio nell’inferno dei nostri tempi, potrà portare “ a riveder le stelle”.

*** *** *** *** ***

Di seguito la versione di “S’i’ fosse foco” da Cecco Angiolieri, Rime, Biblioteca Universale Rizzoli, 1975, n. LXXXVI, p. 98, a cura di Gigi Cavalli.

S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempesterei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo;

s’i’ fosse papa, sare’ allor giocondo,
ché tutti cristïani imbrigherei;
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei?
A tutti mozzarei lo capo a tondo.

S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:
similemente farìa da mi’ madre,

S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
e vecchie e laide lasserei altrui.

Native

Articoli correlati