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Da migrante a italo-afghano: Enaiat racconta a Geda la sua nuova vita

Dieci anni dopo “Nel mare non ci sono coccodrilli” lo scrittore prosegue la narrazione delle esperienze dell’amico in “Storia di un figlio. Andata e ritorno”

Da migrante a italo-afghano: Enaiat racconta a Geda la sua nuova vita
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13 Agosto 2020 - 19.08


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Nel 2010 uscì un libro alquanto singolare e che è stato apprezzato molto dai lettori:
Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari. Lo scrisse Fabio Geda raccogliendo il racconto di Enaiat da quando era nato in Afghanistan fino al viaggio per emigrare in Europa e all’arrivo in Italia, a Torino. Era un libro su una crescita di un bambino poi ragazzo e delle sue esperienze, spesso molto dure, di migrante. Sono passati dieci anni da quel 2010 e sempre per Baldini+Castoldi Geda ha licenziato, insieme a Enaiat, Storia di un figlio. Andata e ritorno (192 pagine, 16 euro) che riprende la storia l’ha dove la concludeva l’ultima pagina del libro precedente, la telefonata alla madre nel paese d’origine del giovane uomo approdato in Italia.
Il nuovo racconto parte da quell’approdo dunque e Geda ed Enaiat affrontano qui molti temi che riguardano chi emigra e in fondo ognuno di noi, perché affronta i rapporti umani e familiari più intimi, gli affetti, le amicizie. Storia di un figlio narra il legame a migliaia di chilometri di distanza con la madre, il ritorno nella terra d’origine, il ritorno, ancora, in Italia, la sofferenza per la lontananza, la nostalgia, il bisogno di guardare e andare oltre. L’idea di un seguito, ha spiegato Geda che ha conosciuto Enaiat in quanto educatore, è stata di Enaiat medesimo e, tra i propositi, i due hanno voluto affrontare passaggi, soprattutto sulla famiglia, che il primo libro aveva evitato per rispetto della vicenda e dei sentimenti del protagonista. Che nel frattempo, raggiunti i trent’anni, si è laureato.

A Marco Marino su tp24.it lo scrittore ha detto tra l’altro “che in questo libro c’è un’andata verso quella che una volta era casa sua e un ritorno a quella che è oggi la sua casa” così come la narrazione affronta un “sentimento che accomuna Enaiatollah a tantissimi migranti: sentirsi scissi tra due case, tra due mondi, tra due culture. Non scisso nel senso che ciò che emerge è la frattura, la separazione, la distanza. Scisso nel senso che ciò che emerge è la ricchezza e la profondità. Mi spiego: Enaiatollah dice di essere italo-afgano. Non sarà mai italiano, non sarà mai più soltanto afgano. È germinato, è sorto un nuovo essere umano”. Lo stesso accade in ogni essere umano, ravvisa Geda, “che deve essere rispettato nella sua unicità” mentre “molto spesso, nella polemica politica e nella discussione spicciola da bar, non si fa, andando a tagliare tutto con l’accetta”.

“Questo libro è nato in Italia, ma potrebbe fare il giro del mondo come il precedente e sarebbe un grande successo continuare a portare in giro questa storia a tanti ragazzi, ogni anno. Perché, come conclude Akbari, ‘si può solo imparare dalla cultura’ “, ha scritto nella sua recensione al volume Eugenio Giannetta sull’Avvenire del 16 luglio, definendo questo libro come “unico”.

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