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Che “idiota”, il Bobo di Staino: è idealista, di sinistra, perfino buono

Mario Gamba, studioso di filosofia, analizza il personaggio alla luce di Dostoevskij nel brano che pubblichiamo e tratto dal volume a tre mani “Quell’idiota di Bobo”

Che “idiota”, il Bobo di Staino: è idealista, di sinistra, perfino buono
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8 Luglio 2020 - 09.45


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Bobo, il personaggio di Sergio Staino, è un “idiota”, quindi lo è anche il suo autore-disegnatore e lo è chi come si arrovella di continuo sulle ingiustizie, sulle contraddizioni della sinistra, e si incaponisce a battagliare perché il mondo diventi un posto migliore per tutti. Ora a leggere “idiota” magari qualcuno si offende, ma non prendetela male: “idiota” «nel senso di Dostoevskij, ossia un uomo con un’etica, vittima di una idiozia che si presenta come bontà, compassione per i più fragili e, al contempo, sberleffo nei confronti dello “spirito del tempo” e di tutti i potenti. Una “idiozia” che è incapacità di adeguarsi a quest’epoca, che è, nonostante tutto, il sogno di un mondo e di un futuro migliore». Riprendiamo pari pari la citazione, perché è efficace, dalla scheda editoriale che introduce al libro a tre mani di Staino medesimo, Mario Gamba e Marco Feo “Quell’idiota di Bobo. In difesa del buonismo nella vita, nella satira e nella politica” (La nave di Teseo, pp. 175, 18 euro, con disegni).
Trattasi di un volume alquanto singolare: Staino è il disegnatore – pensatore critico della sinistra ottantenne da un mese, è presidente onorario dell’Uaar, l’associazione degli atei e non credenti italiani che pubblica vignette sull’Avvenire dell’era Bergoglio, ha fatto esordire Bobo sulla rivista Linus nel 1979, ha diretto l’Unità dal 2016 al 2017 dove, in un’era politica precedente, aveva diretto l’irresistibile inserto satirico “Tango”; Marco Feo è illustratore e docente di storia dell’arte; Mario Gamba insegna storia e filosofia a Borgomanero (Novara) e ha pubblicato saggi divulgativi sulla nostra epoca. Per gentile concessione di Staino e dell’editore, pubblichiamo un brano dal saggio di Gamba (senza le note).

Mario Gamba: Prima questione

In una serie di interviste rilasciate in tempi recenti, e in particolare in quella concessa a Mauretta Capuano, Sergio Staino, il papà di Bobo, ha affermato che per ricostruire la vita politica (e in particolare il variegato mondo della sinistra politica, in cui Staino si è sempre riconosciuto) bisogna insistere sugli ideali e sulla bontà degli individui, perché “con la cattiveria non si costruisce nulla”. E ancora: “Bisogna levare il partito dalle mani degli affaristi e darlo a persone belle, idealiste e buone.”
Di più! Ad Andrea Coccia, parlando della crisi e delle fratture in seno alla sinistra politica italiana, Staino viene a dire che – complice il berlusconismo che “ha infilato [nella politica] i soldi, le donne, le macchine” – la sinistra ha perso “ogni connotato di eroismo”: mentre una volta i leader politici vivevano in modo spartano, con pochi soldi, da veri e propri missionari laici, ma godevano di ampio rispetto sociale presso il popolo, oggi “conta solo se hai successo. Ma successo economico, non morale. […] Oggi invece il rispetto sociale è andato alla merda”.

Pare chiaro, chiarissimo, a chi legge anche solo queste poche righe che il punto di vista di Staino è ancora quello di chi vuole andare alla ricerca di “acquasanta”, di persone che mirino al “successo morale”, e siano “idealiste e buone”, per curare i mali della sulfurea politica-mefistofele. Anticrociano senza forse nemmeno immaginarlo, il papà di Bobo, vuole combattere anche con i suoi fumetti e le sue strisce l’imputridire immorale (e non semplicemente amorale) della vita associata. E lo si capisce bene – a nostro avviso – se solo si presta attenzione ad alcune vicende fumettistico-familiari di Bobo.
Una su tutte, a mo’ di esempio.
Si pensi al Bobo di Un forno a microonde: qui Bobo e la moglie Bibi si presentano inizialmente entusiasti per l’acquisto (al prezzo di solo “un milione e due” di lire) di un forno a microonde: un marchingegno tecnologico capace di liberarli dalla schiavitù dei lavori di cucina, ma in realtà simbolo e strumento di una nuova schiavitù, quella del denaro, dell’iperconsumo, dell’inutile: il frullatore, i due bagni, i due televisori, i computer ecc. a cui il fumetto fa riferimento. Ma l’entusiasmo di Bobo è destinato a spegnersi in modo brusco davanti alle urla strazianti di Michele, il figlio piccoletto, che quasi soffoca per la vergogna e la rabbia dinanzi all’acquisto dei genitori: il bambino, innocenza non ancora del tutto corrotta dalla trappola consumistica in cui sono caduti Bobo e Bibi, protesta in nome della solidarietà nei confronti del suo amichetto Thomas, un compagno di scuola nero e povero che non ha nemmeno i soldi per comprare uno zainetto.
Davanti alla reazione di Michele, Bobo vien colto a sua volta dalla vergogna e dal dubbio (come spesso accade, nelle strisce di Staino), e poi confessa alla moglie la “nuda verità”: quella secondo cui “siamo nella merda”. Un’unica e sola consolazione resta ai due genitori, a Bobo e Bibi, alla fine del fumetto: la concreta possibilità che Michele, da grande, vista la sua sensibilità, possa diventare missionario in qualche paese del Terzo o del Quarto mondo, pronto a soccorrere e aiutare il prossimo: “Penso che diventerebbe missionario.”

Storia esemplare, dicevamo. Una storia (e non certo una “storiella”!) dalla morale chiara (ma niente affatto “semplice”): sfuggire alla “merda” equivale a recuperare quella solidarietà, quel senso comunitario del vivere che la nostra società fatta di cose superfl ue (e priva del senso del sacro, dell’eroismo, del dispendio) ridicolizza.
Traspare qui, sia pur giocata con dolce ironia e senza alcuna pedanteria didascalica, l’equazione che ci pare essere tipica di Staino: l’idea della politica come “missione” e vocazione, come Beruf (la “vocazione” di cui ci ha parlato tanto tempo fa Max Weber), come “etica della responsabilità”, come un sentirsi responsabili nei confronti degli altri; della politica come ricerca della felicità condivisa, come slancio ideale (l’“eroismo” di cui ha detto Staino nell’intervista rilasciata a Coccia). O, in altri termini, la visione morale della politica: connubio difficile dal sapore utopico, poiché – come ben sa Bobo/Staino – gli slanci ideali possono non condurre a risultati concreti, possono rivelarsi incapaci di cambiare le cose del mondo, ma ciononostante rendono dignitosa la vita degli uomini.

Anche per questo Bobo, con tutti i suoi dubbi e le sue buone intenzioni, non può essere accostato a Homer Simpson, un altro celebre omino di carta. Come giustamente ha sottolineato Luca Raffaelli, Homer è un neghittoso poltrone che si ritrova a essere vittima becera, incosciente, ignorante (e ignorata) del sistema sociale nel quale vive; Bobo no, Bobo fallisce spesso ma non si arrende. Bobo “è un idealista, coraggioso, fragile intellettuale […]. Bobo, al contrario di Homer, un’umanità nuova la vuole, la pretende”. Anche se poi Bobo, proprio come Homer, spesso finisce “nella merda”. Bobo è un idiota? Certamente sì, se però al termine idiota attribuiamo il significato che Dostoevskij gli dava: quello di un uomo “positivamente bello”, dalla ingenua bontà, capace – come il celebre principe Myškin – di compassione verso il prossimo anche se continuamente schiaffeggiato dalla realtà. In tal senso, Bobo ci pare essere il Myškin della nostra epoca, l’epoca dunque del disinganno e del disincantamento del mondo.

“Andare alla merda”, “essere nella merda” et similia sono espressioni cachettiche che suggeriscono con forza la situazione di disincanto e delusione e amarezza di molti che – come Staino – hanno partecipato in gioventù degli ideali sessantottini di giustizia sociale (intesi spesso alla maniera marxistaleninista, quella maniera che Staino ha chiaramente abbandonato, vista la insopportabile giustificazione
della violenza politica che ne è derivata). Espressioni così “popolane” e icastiche vengono spesso recuperate oggi da vari intellettuali di fama per dire la stessa situazione di squallore morale nella quale ci si ritrova a vivere: è il tema dello “smerdamento dell’Ideale”, che lo psicoanalista Massimo Recalcati imputa all’iperedonismo insito nel “discorso del capitalista”. E la risposta moralmente corretta che Staino/Bobo ci pare voglia dare a tale situazione è quella racchiusa nello strillo d’orrore di Michele, lo stesso acuto urlo che Stéphane Hessel ha condensato nel suo famoso Indignatevi!: una indignazione non violenta contro “la vertigine del ‘sempre di più’”.
E infine – bisogna aggiungere – nelle strisce di Staino a indignarsi sono spesso i giovani (a volte i bambini), i Michele, più che gli adulti (i Bobo dubbiosi o i Molotov rintronati dalla ideologia). Che i fumetti di Staino vogliano scegliere come interlocutori privilegiati i giovani ancor più che gli adulti smarriti e delusi?!

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