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Gianni Rodari: la grammatica rivoluzionaria della fantasia (per ragazzi e adulti)

Ecco alcuni libri dello scrittore e su di lui per il centenario della sua nascita. Portò ai bambini temi come la pace e l’ingiustizia e conosceva la forza della parola

Gianni Rodari: la grammatica rivoluzionaria della fantasia (per ragazzi e adulti)
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3 Aprile 2020 - 10.35


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Il 23 ottobre 1920 nasceva a Omegna, in Piemonte, Gianni Rodari (morirà il 14 aprile 1980 a Roma). Molte le iniziative per ripensare allo scrittore e pedagogo. Tra le tante, l’associazione Damatrà con la Regione Friuli Venezia Giulia e una trentina di biblioteche chiama i bambini in casa per il Covid19 e legge le storie dello scrittore; Sergio Govi invece legge le sue “Favole al telefono” sul sito tuttoscuola.it. Radio3, da sabato 4 aprile alle 18, con “Le parole della fantasia” trasmette in 13 puntate sue “registrazioni originali e fino ad ora inedite conservate negli Archivi del Centro documentazione e ricerca educativa dell’Istituzione scuole e nidi d’Infanzia del Comune di Reggio Emilia”. Ma anche molto altro è in arrivo.

di Antonio Salvati

Numerosi eventi e pubblicazioni sono in programma per il centenario della nascita di Gianni Rodari. Molte iniziative per ricordare il grande narratore, lo scrittore di tutti i bambini, non più solo dei figli di operai e proletari cui all’inizio della sua carriera si rivolse in particolar modo. Attraverso l’aspetto ludico e fantastico, l’uso che egli fa della parola, di «tutti gli usi della parola», Rodari ha avvicinato in maniera efficace diverse generazioni di bambini ai temi della pace, della guerra, della libertà, dell’ingiustizia sociale.

Per Rodari la lingua occupa un posto di primo piano. Ed è fondamentale saper usare le parole. Esse hanno il potere di liberare, di riscattare socialmente gli individui e, soprattutto, di favorire la formazione dell’individuo intero, sprigionando, inoltre, la fantasia e la creatività. Di quest’ultime Rodari era convinto che avessero un ruolo determinante sul piano dell’educazione e della formazione, come spiegò nel saggio, uscito nel lontano 1973, Grammatica della fantasia (Einaudi Ragazzi 2013, pp. 208, € 13) dove già nel titolo mise sullo stesso piano (in maniera quasi ossimorica) due parole “grammatica” e “fantasia”. La prima rinvia a un insieme preciso e rigido di regole, la seconda è comunemente intesa come completa libertà, come totale trasgressione di ogni norma, come assoluta mancanza di realismo. In altri termini, il testo rodariano vuol evidenziare le leggi, le norme, in base alle quali stimolare la fantasia e farsi utile strumento per quanti credono «nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione».

Anche Don Milani, alla fine degli anni Cinquanta del Novecento, comprese il grave problema che riguardava la grande massa di ragazzi che restavano privi del diritto al possesso pieno della lingua. Nel suo libro Esperienze pastorali (Libreria Editrice Fiorentina 1957 pp. 477, € 17), attraverso alcuni esempi concreti, mise in evidenza la completa dissociazione tra parola detta e parola scritta. La scrittura rimaneva una sorta di scienza astratta ed irraggiungibile senza possibilità di applicazioni pratiche e per i ragazzi, completata la quinta elementare, la lettura di un libro era una chimera. A partire dalla propria esperienza, il priore di Barbiana denunciò e accusò dieci anni dopo, nel 1967, con la pubblicazione di Lettera a una professoressa (Libreria Editrice Fiorentina, pp. 166, € 10), il mondo della scuola. Negare il pieno possesso della parola significava negare la possibilità della formazione di una mente critica e di un cittadino consapevole dei propri diritti e dei propri doveri.

Fantasia e realtà sono il binomio che caratterizza il Rodari scrittore per ragazzi. Con essi anche l’aspetto ludico insieme ai contenuti morali e politici sullo sfondo. Quest’ultimi spesso emergono dalle metafore o dalla scelta allegorica: devono essere il più delle volte interpretati, perché Rodari non ce li consegna confezionati. Anche il nonsense di alcuni suoi racconti non sembra essere solo un modo per evocare lo spirito del gioco e suscitare riso, ma l’unico strumento per poter dare senso ed orientamento all’esistenza sia individuale, sia intersoggettiva: la concezione di uomo nasce dall’uso della ragione in una prospettiva fantastica attraverso l’esercizio e l’uso della parola.

Il sapiente gioco rodariano con la lingua produce, soprattutto se associato alla rima, suggestioni fantastiche; la potenzialità semantica delle parole gli consente di giocare con il “doppio senso”, per creare associazioni strane, relazioni insolite, che danno vita a storie più o meno sensate, a situazioni umoristiche: «Quei poveretti avevano la testa fatta così, che se tirava il vento andava fino a Forlì. Per tenerla sul collo mettevano nel cappello chi un sasso, chi un mattone, chi un mortaio col pestello. Con tutto ciò, però, succedeva ogni pochino che una testa scappava via come un palloncino» (Il libro degli errori, Einaudi Ragazzi 2011, pp. 198, € 12,50).
Secondo Rodari, ai bambini piace molto il nonsense. La dissacrazione dei luoghi comuni, gli stravolgimenti del linguaggio altro non sono che l’invito reiterato a liberarci dagli schemi, dai pregiudizi, dal conformismo per guardare più lontano; in un momento storico in cui i punti di riferimento morali e civili sembrano smarriti i libri di Rodari continuano a indicarci, anche al di là della felice invenzione e del piacere della lettura, le strade della tolleranza, della pace sulle quali converrà impegnarsi se vogliamo ancora scommettere sul futuro delle nuove generazioni.

Il ricordo di Rodari, delle sue filastrocche rinvia al problema sempre attuale perché leggere ai bambini. «La lettura è importante per lo sviluppo equilibrato del bambino – afferma Angela Dal Gobbo, autrice di Quando i grandi leggono ai bambini (Donzelli 2019, pp. 322, € 32) – perciò bisogna iniziare presto. Le neuro­scienze ci dicono che la lettura pre­coce favorisce lo sviluppo delle capacità cognitive e la qualità del linguaggio dei bambini, permette di raccogliere e interpretare le in­formazioni, attiva la capacità di comprensione dei nessi e delle strutture del discorso, regala la pos­sibilità di incontrare parole nuove, difficili, ricercate e sonore, insieme a forme e colori, di sperimentare lo spazio e il tempo. E, ancora, offre strategie per decodificare le strut­ture narrative». La lettura è anche altro, spiega la Dal Gobbo, soprattutto altro: «apre mondi e permette di affacciarsi nella mente di altri esseri umani, di viaggiare in territori sconosciuti. E non solo. Nel rapporto uno a uno del genitore con il bambino il libro crea un momento privilegiato e unico di condivisione della relazione».

Non bisogna intendere la lettura soltanto come un’operazione educativa ed edificante. I libri non sono medicine che aiutano a diventare bravi a scuola. Occorre partire dal piacere di trovare nei libri le risposte profonde ai bisogni del cuore, pensarli come strumenti lieti, capaci di rendere più ricca e intensa la vita. Il libro di Angela Dal Gobbo sottolinea come tramite le narrazioni im­pariamo a capire, «a verificare, a vedere, anche ciò che non abbiamo mai visto, mondi astratti incredibili che tuttavia possiamo immaginare». Le storie ci insegnano che cosa è l’esistenza e come ci si rap­porta alle cose del mondo. Ma non solo. Nei libri c’è un messaggio anche per gli adulti. È importante leggere e rileggere certe storie come i bambini ci chiedono di fare: «perché lì c’è qualcosa di cui hanno bi­sogno proprio in quel momento, anche se a noi appare inspiegabile. Nella lettura condivisa si crea un momento magico, una rela­zione stretta grazie alle storie che convogliano una serie di si­gnificati profondi. Ci si può divertire ma intanto si può parlare di tutto, anche delle cose più in­quietanti senza timori. Le storie servono anche a questo, a tirar fuori delle parti di noi e del bambino, quelle voci che altri­menti non potrebbero avere voce. Perché le parole mancano ai bambini, che ancora le stanno imparando, ma anche agli adulti che spesso non sanno come usarle».

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